martedì 30 maggio 2023

Scelta di poesie di Silvia De Angelis

Immagine dal web

 

COMPARSE ENIGMATICHE


Giocano utopie  di fiati ammansiti

nel moto effervescente di ragione

stondato da sintonie in contrasto.

Ingombranti macigni di piombo

accumulati nella stiva del pensiero

accentuano l'elusione d’ingaggi surreali.

Si mescolano a comparse d'amore che vanno e vengono

per poi dileguarsi nel nulla.


E’ in quel nulla che si perde il palmo della mano

inclinato di volta in volta in docili carezze

complici di profondi tessuti raddolciti da sguardi emotivi

rapiti da un silenzio sovrastante le stagioni 

capace oscurare il tempo del sole...


@Silvia De Angelis


.


VICINISSIMA


Quasi lacero

papavero

creatura asettica

friabilissima

d’un volo sgualcito

su argute dita di vento.

Assenza totale d’impeto

nell’enorme franchigia

dovuta alla natura.

Solitudine in spicchi di sole

nel vuoto che non è confine

ma il piegarsi 

a una ragione inamovibile

disarticolata

alla pochezza inflitta…

vicinissima alla mia cattedrale

ove non rivolgo prece….


@Silvia De Angelis 


.

https://quandolamentesisveste.wordpress.com/


.


BELVEDERE DEL MATTINO


Ambiguità d’un dire giornaliero


erede d’un girone dantesco


esprime ombre di confine


su un vero dissociato dall’essenza.


Scaglie ingannatrici


e sfondi surreali


dilatano a forza l’entità d’immaginoso


scivolato su un’insensata deriva.


Si fa forte un’arte provocatoria e insistente


dedita a pregiudizi e finzioni


che irrompono nella loggia più intima


scomponendone  l’originaria l’identità


sul belvedere del mattino.


@Silvia De Angelis 


.


PERFETTA MECCANICA


racchiusa nel perimetro


d’un estro personale


mosso da eventi inaspettati


a cui assoggettare il pensiero.


Si scivolerà


senza rumore


sulla linea del tempo


ignorandone gli oscuri echi.


Resi lucenti da un’accentuata suggestione


annulleranno briciole d’ombra di luna


sospinte dal soffio d’una presenza interiore


vacante nell’immenso infinito


@Silvia De Angelis



.

https://deangelisilvia.blogspot.com/


.


LA DESTINAZIONE


Nelle pulsazioni d’aria metallica


spulcio il tuo dire silenzioso


inteso come una sberla alla vita che accade.


Affilo gli occhi in caduta libera


sul tuo ego riciclato


da una quasi ibernazione voluta.


Gazzelle si muovono velocemente


fuori del muto dogma


senza raggiungere la traversa


che ti attraversa..


proseguono imperterrite la corsa


mutando destinazione….


@Silvia De Angelis


.


SIGNIFICANTE AFFINITA'


Insistente

si posa

nel mio segreto

il tuo affascinante vociare

racchiudendo

"inaccessibile memorandum"


Dischiuso

sfiora

magica

indissolta affinità

come seducente amante

che nel vuoto

accarezza

avita simbiosi con te...


...spezzata da un ambiguo tuffo

in un lago di cenere 


@Silvia De Angelis



https://deangelissilvia.blogspot.com/


.



Biografia di Silvia De Angelis


Amante di versi dell’immaginoso nasce a Roma Silvia De Angelis, sempre invogliata dal contatto con la gente per il suo carattere estroverso e comunicativo.


E’ affascinata dallo scrivere liriche e dopo un inizio poetico rivolto a elaborati dai toni “scarniti”, cresce notevolmente, modificando lo stile e delineandone il fascino, con scritti più congrui e completati da una struttura più armoniosa.


Gioisce al contatto con la natura, in tutte le sue manifestazioni, dedicandole svariati elaborati poetici,  in particolare, un volume, completamente riservato agli animali “CONOSCIAMOLI MEGLIO”.


Ne pubblica poi un secondo, intinto in variegate sensazioni dell’anima “CORALLI DI PAROLE INTAGLIATE COL FIATO” in cui si sofferma volutamente su tratti d’inconscio.


Ancora un terzo libro, stavolta in vernacolo, dedicato alla tradizione della sua città nativa, Roma, dal titolo “’N’ANTICCHIA DE’ ROMA MIA”.


Infine altri due libri di poesie variegate “INGANNI TRAVESTITI D’INCANTO” e “SCREZI NEL VENTO”.


Pubblica i suoi elaborati su siti virtuali, partecipando alla loro vita ed apprezzando notevolmente le opere di altri autori.

.


Notizie tratte da:

https://alessandria.today/2019/04/26/la-scrittrice-e-poetessa-silvia-de-angelis-e-una-nuova-autrice-di-alessandria-today/

Penso dunque sono


sono pensiero: ché pensare 

non è soggetto al soma

non un organo altro è la mente 


lei è ariosa

bramosa di voli

in quella sequenza di figure

quando la nuvola scherza col vento


(2021)

lunedì 29 maggio 2023

domenica 28 maggio 2023

Scelta di poesie di Angela Greco AnGre

 

Van Gogh - Stelle cadenti


Cinque poesie di Angela Greco da “PERSONALE EDEN”, La Vita Felice – 2015


c’è una strada che collega due attimi dai nostri nomi
materia inattesa che si dissipa ad un sorriso
distratto e malizioso questo battito di ciglia
differenza tra quotidiano e desiderio da attraversare
tra il bianco e il nero sfumati fino all’opera d’arte
ti guardo muovere il microcosmo senza regole sul tavolo
nasceranno nuovi silenzi e ritratti fermi tra le stelle
e dalla finestra tolgo limite allo sguardo profanando il cielo
sei tu stesso a crearmi figura fuori come fossi pelle
mentre sulla discesa ripida tra le ali catturo un bacio lento
e come faccio a dire della goccia che scivola alla tua voce
della capriola dello stomaco quando aspetto la luce e te?
ho dita tremanti che segnano un profilo nelle ore
[d’impazienza
e sembra rallentare il creato se non arrivi a segnarne il passo
ascolto sul petto sciorinando stupore al sole della tua schiena
e richiamo meraviglia oltre e più che le tue mani creatrici
ho un sospetto di sentimento che s’accorda al tuo nome
e vocali e voragini aperte nell’attesa di averti addosso
in questo momento sfuggito al caos di astri avanzati
trapiantati in tessuti sanguinanti affinché fioriscano aurore

*

raccontami la periferia delle tue mani
quando incontrano nude il nodo dell’universo
e risvegliano il senso d’essere donna e tua
segna a dito ogni confine e oltrepassalo
col tuo sapore poi sconfiggimi senza altra parola
che non siano nome e sorriso tuoi e ferma il corpo
contro me / seno di latte dalle vie colme d’azzurro
ti lascio scorrere caldo in questa terra bianca
come la prima stagione buona
in fioritura anticipata ad un respiro
nudi piegammo la schiena voltandola d’incanto
e tolsi fiato all’erba serrandola tra dita voraci
fino a diventare noi stessi il paradiso perduto
e questa volta fu il creato a chiedere di entrare
in noi
dalle tue natiche ai miei fianchi larghi d’attesa
bastò una voce e fummo ancora e nuovi

*

riprendimi esattamente da questo punto
quello in cui coloravamo il ritrovarci stretti
precisi nello sbottonare voglia e labbra:
tra le tue dita il mio dettaglio nascosto alza la voce
e fughiamo chiaroscuri di silenzi ormai altrove da qui
ché sappiamo adesso dove posare l’istinto incrollabile
ad afferrare e restituire duplicate ipotesi di paradiso:
ritrovami ancora umida meraviglia
che ho atteso leccando una ad una piaghe d’assenza
mancanza oggi risolta dalla conoscenza delle tue rughe
varchi di tempo narrato ai miei occhi e sapienza
di sapermi nell’intimo di un ancoradadire:
siamo distanti solo un bacio non di più
e questa attesa è solo il nostro abbraccio più lungo

*

nella cicatrice del giorno segno il tuo petto a passi di danza
sottile ci lega un’impazienza d’arrivare a sfiorare quella spina
che senza pudore preme a segnare di straordinario quest’ora
nel solonostro che ci invita ritroviamo carezze sospese
nella mezz’aria che sempre manca al saperci insieme
e confondendo baci a poche lettere riconosco il tuo sapore
d’immenso e d’albero fronde al vento dove riparare il battito:
sciolgo inattesa lode e tu raccogli trasparente silenzio
dalle labbra che nella tua direzione invocano mezzogiorno
e ad ombra zero penetra nell’ancora – ancora – da dire:
sosteniamo fieri lontananza fino al ritrovarci
ché nemmeno una sfumatura ci allontana dall’iride
custode preziosa di tutti gli argomenti possibili
sei tu il mio preferito
scrivendomi dentro percorsi d’azzurri insperati
oggi finalmente ha smesso di piovere
allacciando pensieri e gambe in questo letto

*

m’hai accarezzata a filo di voce o scrittura è uguale
hai acceso il brivido che si riconosce alla schiusa
nel frantumare istintivo il velo che ostacola vita
penetrando raggio incisivo di risurrezione
nel cavo d’un luogo troppo buio per vedere mattino:
caldo mi hai così avvinta fino alla resa in stelle
a trapuntare amplessi in universi ricreati
fragili per il troppo peso dell’ordinario sognare
ma necessari a chiamarci per nome o per mano:
il dettaglio della tua schiena mi stordisce
curva ad Oriente giorno in rinascita
ed io ultimo astro ne colgo il richiamo
nel sottoventre insperato dove nidificano silenzi
pas de deux le tue vertebre in arcuato canto
sospirano che t’avvolga di me oltre ragione





-------

Summer evening. La luce penetra la notte intorno.
Siamo notte e luce.
Animali ringhianti a guardia dell’umanità.
Il chiarore sulla veranda rivela un desiderio insoluto;
nell’attesa liquidi ci interessiamo delle prossime stelle,
impegnate a illudere romantici. Un fruscio dall’interno
scioglie incertezze. Ululiamo posati alla ringhiera. Accade.
.
Lo stiletto conficcato ossida il mattino. Al terzo intercostale
si risolve il dubbio e possiamo continuare. Lo strappo
rivela un volto sorridente sotto il primo velo di carta.
Si sovrappongono rappresentazioni e tempi e Mimmo lo sa.
Fuggiamo a Casablanca, a piedi, finché siamo in tempo.
Prenderò il porto d’armi soltanto per puntarti addosso
le canne del mio sovrapposto, oggi, che non sei più lo stesso.

da All’oscuro dei voyeur (YCP, 2019; prefazione di Franco Pappalardo La Rosa)


§

Nell’oscurità della propria insonnia
il turno, la chiusura dei conti, il ritorno;
in un silenzio asfissiante
si assottiglia il coraggio
e feroce svanisce l’illusione di riuscirci.
.
Qui non importa essere figlio di dio.
Il cielo è così distante da confondere idee
e la sera è uno stato permanente.
.
Il rumore della sopravvivenza
fuori da questo perimetro
ha qualcosa di conosciuto che
non si può più ignorare.

da Ancora Barabba (plaquette; YCP, 2018)


§

Il sole pendola a un’ora ferma sulla grave
a sud di primavera anticipata; una sequenza
di rotti vetri colorati e legni e un ciondolo
appeso alla cipria del cielo, sul collo di un
pomeriggio casuale. Claire vede il verde
di occhi echeggiare alla parete carsica;
meraviglie nascoste dietro fessure di silenzio
e gatti in bilico tra troppe vite. Un falco sorvola
il luogo del prossimo nido incurante della sera
incipiente e dei suoi colori. Giochiamo a dare un senso
alle parole, che ci fraintendono prima della buonanotte.
.
Si sfuoca in lontananza la visione e per oggi siamo
fermi in questo cerchio, affacciati a un balcone.
(inedito)
.

.

Angela Greco è nata il primo maggio del ‘76 a Massafra (TA). Ha pubblicato: in prosa, Ritratto di ragazza allo specchio (racconti, Lupo Editore, 2008); in poesia: A sensi congiunti (Edizioni Smasher, 2012; 2017); Arabeschi incisi dal sole (Terra d’ulivi, 2013); Personale Eden (La Vita Felice, 2015); Attraversandomi (Limina Mentis, 2015, con ciclo fotografico realizzato con Giorgio Chiantini e nota introduttiva di Nunzio Tria); Anamòrfosi (Progetto Cultura, Roma, 2017, prefazione di Giorgio Linguaglossa). Presente anche in diverse antologie e su diversi siti e blog è ideatrice e curatrice del collettivo di poesia, arte e dintorni Il sasso nello stagno di AnGre (http://ilsassonellostagno.wordpress.com/). Commenti e note critiche sono reperibili all’indirizzo https://angelagreco76.wordpress.com/



Il cuore senza voce


(di bimba sepolta da macerie)


sei parte

di un cielo d'occhi


il cuore senza

voce – bambola murata


a sognare librarsi d'ali


26.5.23

sabato 27 maggio 2023

La più straordinaria avventura

Paracelso scrisse: "Il Cielo è l'Uomo e l'Uomo il Cielo e tutti gli uomini sono un Cielo e tutti i Cieli non sono che un Uomo".

La più straordinaria avventura è quella dello spirito; l'incontro col Sé, con l'indicibile, nel momento in cui, scaduti i giorni terreni (il tempo osceno), egli consegnerà alla terra la sua veste di carne corruttibile. Per lui così intimamente naturale e congenito (e che ha gestito quale strumento concessogli per una vita in prestito), ora il "suo" corpo non è che una "cosa" da abbandonare. La vita fisica (la vita "offesa", come qualcuno l'ha definita, o la morte-vita, come dicono in molti letterati e poeti), non è che una parentesi, un lampo. Un destino ben più alto che non l'umano transeunte, col suo carico di sofferenze, desideri ed esperienze lo attende, nel riunificarsi al cosmo con la sua controparte dalla quale egli si staccò nel momento in cui scelse di incarnarsi in un grembo, scendendo sulla Terra. Creatura di Cielo, ha vissuto una breve parentesi fuori dal cielo come creatura di terra (trovandosi lacerato dai due poli tra un intrinseco sentirsi appartenente all'infinito e un vivere una realtà contingente, tra ombra e luce, corpi e cose caduche); per poi tornare alle origini angelo tra gli angeli.

Cosa c'è di più straordinario e meraviglioso? Mistero indicibile, l'uomo, "piccolo sgorbio disegnato fra certe grandezze a noi ignote" (Sinjavskij), ma destinato a grandi cose nei disegni di Dio - questo frammento dell'Universo eppure infinito, compreso nella Mente infinita del Tutto.

"La vera alchimia interiore", afferma Silvia Pedri nel suo articolo Indicatori del destino, "comprende anche la sfera del nostro io spirituale"; e aggiunge: "L'opera alchemica di esternazione del proprio destino ha il contenuto della forza angelica del corpo mentale, la modalità e l'azione di quella del corpo astrale e il luogo di esecuzione indicato dall'angelo del corpo fisico".


© Felice Serino


venerdì 26 maggio 2023

Gli ultimi giorni


essere di pietra - per sopprimere

quell' urlo chiuso nelle ossa


"lasciare 

che i morti seppelliscano i morti"


no non ci sarà più tempo

per piangere: 


già vedi come funereo lenzuolo 

penzolare il male dall'alto ramo


(2021)

giovedì 25 maggio 2023

Poesie di Giovanni Perri

 



Uno che passa ride, ed apre il cielo;

santo e demone col cuore intrecciato  

a una sua tutta piovosa malinconia.

Sapergli il nome e la ferita, farlo cadere

nell'ago di aprile come un sogno.

Ecco con quale leggerezza il vento 

spiega un suo lucore alla notte, 

come gli riempie l'occhio la perla lunare.

Inganno adulto è questo non sapere

da quale feritoia cadrà la mezzaluce del giorno 

e dove infine apriremo al dolore la voce.


.




Avevo preso tutta l'acqua del fiume.

Il bicchiere era sul comodino 

insieme ai libri al termometro a una 

piccola macchia di sole wengè.

Come un dio avevo esclamato 

nella lingua sonnolenta dell'acqua 

e ogni mio giorno era finito dentro 

quel fondo dal quale bevevo

come da una delle 7 opere.

Ma dentro, soldati e cavalieri e angeli dalle ali plananti, residui e residui di luce

dentro ancora io era senza orizzonti, senza lamenti di navi greche o fenicie, pensavo un uomo in sè totale, del tutto assente, del tutto chiuso in un suo mondo ulteriore  

mentre dai labbri mi cadeva un albero maestro. ~Erano l'onde  

e le voragini buie 

e gli abissi labirinti a risalire

da tutti i miei mari 

mischiati.

               E invece con che suoni 

                dalla finestra il giorno

                  pieno di geometrie 

                  nell'azzurro ignaro

                          cantava.


.


Viene il pensiero di perderti talvolta

la sera è un posto girato nel sonno 

stare di guardia fiutare come 

dal picco di una brace la tua cena. 

Ma non lo caccio, gli tocco l'osso

del gomito, gli faccio fare il giro della casa

prima che dica è tardi vai a letto

e così vado 

a sedermi nelle sue occhiaie di marmo

nei suoi capelli così pieni di cavalli e canali

e penso che il tempo non passa, solo

ascolta gli spigoli e le buche

tiene girati i polsi sulla fronte.


.


Andiamo per similitudini, e sembra quasi di sentirci

in questa cosa che appena ci somiglia se ne va.

Pellicola del sogno, mia pellicana dolcezza

lasciati incorniciare da uno sguardo

di pietra viva, fatti gettare da Pirra e da Eucalione

nel mio cuore di latte e cemento e aspettami,

io sono il tuo medesimo furto di occhi e di lingua

nell’ora che agguanta e moltiplica ogni anelito andare,

lasciati nominare miscuglio di ferro e mistero

nel mio ottobre di addii smisurati

e piegami e svolgimi e ripetimi

del padre e della madre l'identica luce

che accende parola e rivela.


.


I° maggio


Attorno era la festa dei morti bruciati 

un riapparire dentro le forme del fuoco

ma sempre da un angolo nuovo

e ognuno aveva addosso la sua sagoma

e c'era sempre quel numero mancante, 

col pugno alzato sul fumo, a cantare.


.



Lettera ad una madre


E’ tempo di comprendere

che siamo qui a dividerci il pane:

scendo per dirti

che sono capitato per caso

e non ho ancora un nome:

qui si parla di niente

e la sera si contano i topi

ma in compenso non si vive male,

la gente passeggia e

sorride, una ragazza si sente chiamare.

Saluto te, madre

che mi hai girato le spalle

dicendomi di andare 

in ogni porto 

pregando

ed io per ogni porto 

prego

l’insurrezione e l’amore, 

ma sotto ho questo muro

impregnato di urina 

e mi gira la testa:

sto con questo animale 

e non parlo da giorni,

sento pian piano morire 

anche il lamento del mare.


.


Senza titolo


Impressioni

volano foglie d’oro, è il giorno degli avanzi di febbre, 

qualcuno posa le buste pesanti sull’asfalto, respira e riparte

portando con sé una scia di ricordi.

In alto danzano i lampioni,

sembrano corpi condannati a resistere

più che luce, lividi, persi nel tempo, sopra il primo strato del tempo.

La sera ha questa pelle spessa

un taglio che non sanguina 

una scritta sul vetro appannato, forse

questa è la vita, dico, 

un rumore lontano, qualcosa che sai 

sta nascendo.


.


Melancholia


li morti tra li vivi s’assecondano: 

si toccano le schiene stanno muti 

ne li occhi rimestano paura 

e paura li mangia

per fame, poco a poco: 

ma i morti sono morti di luce, ché luce acceca l’occhi e sfibra

e parola s’accampa 

legittima resa;

e più di tutto pesa 

del cuore allegrezza 

che è misura d’inganno e offesa.


.



Vorrei veder tramontare ad oriente

sul breve canale delle canne addormentarmi

sopra una scia di spari cacciatori

fuggire gli alberi a ritroso 

e la notte incendiaria sentire 

l'annuncio dei cani arancioni

vorrei nascondermi nel fieno di maggio 

nell'ampia volta del cielo che pende

sorridere per un ricordo 

invertir l'ombra mia stessa 

di lividi e dimenticanze 

e d'anni che non ritrovo più.

Ma d’ore numinose è fatta 

l’anima mia riflessa e d’archi e frecce, 

portami il cuore nella luce a planare 

sopra un acquaio di malinconie 

saltami allegramente sulle sponde 

della mia vena d’oro e scrivimi 

col vento ogni ferita 

degli occhi e della lingua 

io ti sono nel canto padre e figlio

e fratello dei cocci lunari

allora fammi terra

fammi profumo di terra e di stalla 

oppure scovami nella campagna ramata, raggiungimi

fin dove tocca l’erba la parola 

e non v’è peso

né formula dei miei destini accumulati.


.



Giovanni Perri (da Bibbia d'asfalto): https://poesiaurbana.altervista.org/author/giovanni-perri/


Il lettore deve sapere, leggendomi (leggendo questa non-biografia dalla quale estrapolo che nasco a Napoli e ci vivo col pregio d’arricchirmene fino a smarrirla) che un po’ della mia poetica (ammesso che sia tale) risponde al desiderio, non del tutto cosciente, d’allargare il mio ipotetico dolore,  la mia svagata gioia di vivere, e tutte le mie infinite miserie, ai piani più alti del sogno e della bellezza. Ogni poesia è un’occasione di sogno e di  bellezza. E la bellezza è un lavoro paziente di scavo. Io sogno di essere  archeologo e  scultore: levigo negli affanni e a volte mi trovo a scoprire che la vita  è un’invenzione  stramba dei poeti  che tutto sanno fare fuorché  vivere.

(...)

Poesia mimetica e riflessiva, umbratile, ritmica, geometrica; poesia lunatica, ingenua, scenica (mi piacerebbe fosse, se fosse veramente,  poesia) la mia.

Dietro il velario

 

che siamo -

 

un fremito - come quello che avvertì

il primo uomo - in questo volteggiare 

d'anime erranti


maschere in una

pantomima - 


dietro il velario

dove s'apre il grido

della bellezza ferita


riconoscersi


(2021)

mercoledì 24 maggio 2023

Nella valigia, su Alidicarta

 https://www.alidicarta.it/testo/215202321495818?utm_source=TestoCondiviso&fbclid=IwAR1dM0t1JLyAtE9i1NpHbpkp9iuxQFaMjNN8y1KGaYm8DAmFTNCBwAew8sM

Poesie di Donatella Pezzino

 

Immagine dal web



Potresti


Potresti attutire il rumore che faccio

cadendo; con le mani invece

rabbocchi quello che non manca

e mi peschi a caso

dal sacco delle foglie. Ho voglia

di liquirizia: ma non ricordo più la strada

che porta alle tue tasche. Sotto la lampadina

a risparmio

si diventa letargici, ragionando d’uva buona

e del mare sotto i treni e delle lenti da lettura

che ti sperdi per casa. Fuori l’ autunno

ostenta certi fiori piccoli

che quando li calpesti fanno un silenzio

odoroso e impotente; ma tanto, mi dici,

verrà la pioggia a lavare via

la terra nera dal mandorlo


.



Linfa d’autunno

.

Foglia sgualcita, trasvolo lungo il fiume


dove l’acqua

ha le tue braccia, e un retrogusto


di lacrime mentre mi accoglie. E’ lo stato larvale

della farfalla che rientra nel bozzolo, e che s’appaga


d’ovattato niente, rinunciando alle ali che ha bruciato

tra il calore del grano maturato al gelo


e il profumo struggente di un giorno che non torna


.




Quando le ali cadono lasciano erba

smossa, e vuoti carichi di braccia


respirate nel punto esatto dove le mandorle

e i crisantemi si sfiorano, e si pensano uguali

tristemente


per aver dentro qualcosa

di bianco, quasi un vellutato

pianto


e non saperlo ricordare.



.



Ho amato


come si amano gli angeli: a metà. Un’ala spezzata

ha fatto da cornice. Forse avevo paura


di rimarginarmi presto – ed era terrore, il mio –


o forse temevo il logorio dei passi

su quel lungo tappeto disteso

fra la follia e l’abbandono.



.



Lentamente


Sola. Sono la piccola solitudine dei fiori

quando non trovano il vento alla giusta latitudine

da potersi dire carezza, olfatto, tintinnio di bicchieri; sono


la pioggia che guarda gli uccelli sotto la gronda

senza potersi fermare. Da questo cielo

continuano a passare

voli

mentre io continuo a cercarti a ritroso

seguendo il calco delle mie ferite.


Estate 1979


.



Quello che so


Non importa

se un fiore che appassisce fra le pagine

lascia un’ombra inodore che non scompare


se siamo tutti

strappi deliranti, nella tela antica

che un male oscuro corroderà in eterno


clandestini a tempo

in questa strana osmosi

fra l’infinito ed un pugno di terra


ti ho perduto,

è quello che so


e tu, caldo rifugio

odoroso di talco e di carezze

sei diventata il gelo di un vento che soffia


tutte le volte

che un angelo piange


2013


.



Non parlatemi


Il mio pianto è una strada che non conduce,

il mio bambino un fiore sparpagliato a terra.

Non parlatemi di angeli oggi,

né di quante volte io debba pregare.

Ho schegge sulla lingua che mozzano le parole

e odori di sangue che piantano radici nel mio orto.

Nell’aria che brucia seccano seni e fontane

ma non ho mai avuto tanto freddo come adesso.


2017


.



Samovar 


Mi spezzo

proprio ora che il vento si ferma:

ed è una morte

gentile, dove trapassano

i sogni, le rose, e le cose

perdute

che vedo solo io; e dove

amore

è un modo come un altro

per chiamare la solitudine


.



Non ti ho comprato le gerbere.


“Abbiamo colori bellissimi,

oggi” diceva la signora dei fiori.


Colori. Bellissimi.


C’era un azzurro

che tremava nelle ossa: inverno

e rimpianto. Giallo il polline

che il vento portava lontano

tra gli aranceti e il mare; dove la vita

ti urla negli occhi. E sotto

l’erba,

petali ancora freschi

che nessuno ricorda: il viola

delle cose non colte.


.


Donatella Pezzino, storica, scrittrice, autrice di testi poetici e recensioni. Si occupa di storia religiosa, storia e letteratura femminile, teologia cattolica, poesia, archeologia, arte cristiana, storia della Sicilia. Sue pubblicazioni e ricerche sono presenti su Academia.edu, oltre che su riviste storiche e letterarie. Collabora con il sito di attualità “Alessandria Today“. Sul blog del collettivo “Bibbia d’Asfalto“, di cui fa parte dal 2013, tiene la rubrica “Caffè letterario” sui poeti italiani dell’800 e del ‘900.


.

https://donatellapezzinosicily.wordpress.com/

https://www.giardinidipoesia.it/

https://stanzadeglispecchi.wordpress.com/


In infinito espanderti


 

martedì 23 maggio 2023

In te l'immenso


quest'allumare d'anima che 

senti come vastità

di rifiorite rive


questo accogliere in te 

l'immenso


oltre l'esilio di carne

franta


(2021)

lunedì 22 maggio 2023

Divagazioni sullo zero e sulla o


il nucleo l'anello l'uroboro

due zeri abbracciati ti danno

il simbolo dell'infinito

puoi notare

la vocale o di rimbaud

gli ovali dell'ottocento

la bocca spalancata nell'urlo di munch

le bolle di sapone

immagina

gli occhielli delle forbici gli oblò

simili allo zero o alla o


22.5.23

domenica 21 maggio 2023

Anime ferite


( è boomerang nell'ordine cosmico

il male e il bene che si fa)


raccoglie il Signore le anime ferite

col mestolo della compassione *


laddove non si smorzano striduli

echi a insanguinare il vento


* rifacendomi a un verso di Gregory Corso


(2021)

sabato 20 maggio 2023

SULL' "EFFETTO PLACEBO" E LO STATO DI "CRISALIDE"


Quando il discepolo è pronto, il Maestro appare.

Buddismo Zen



Non voltarti a guardare il passato: non serve a nulla. Pensa che non appena il tuo presente e il tuo futuro diventeranno gioiosi, anch'esso cambierà significato, come una strada sassosa a chi è giunto attraverso essa ad uno stupendo luogo di villeggiatura. Noi vediamo la bottiglia "mezza piena" o "mezza vuota": ma se la chiameremo nel primo modo, contribuiremo a renderla tale; se la chiameremo "mezza vuota", contribuiremo a svuotarla sempre di più. E' un discorso in realtà semplice ma apparentemente complesso (è complesso perché ci siamo messi in mente un sacco di idee strane e ci crediamo perché "lo dicono gli altri").

Come si può trovare spiegato nel libro Visualizzazione (Edizioni Xenia), ognuno ha due emisferi cerebrali attraverso cui operano la mente e l'anima: il sinistro che è logico-razionale-matematico-cosciente (su di esso è modellato il computer), il destro visivo-musicale-inconscio-immaginativo (è il "cervello dell'artista", che opera durante l'attività creativa, la fantasia, il sogno). Quest'ultimo - sul quale si fonda in realtà la pratica dell'ipnosi e dell'autoipnosi - ha poteri straordinari, nel bene e nel male, nel predisporre corpo e psiche. Una prova? L' "effetto placebo", che consiste nell'efficacia di farmaci in realtà inefficaci per malati convinti dell'efficacia del farmaco e che si "immaginano" (cioè si "vedono nella mente") guariti.

Tale "effetto placebo" e il suo opposto, che chiamiamo "effetto delebo", "funzionano" in realtà in ogni ambito della vita: in altre parole, "immaginarci" negativamente facilita l'autoprovocarci malattie psichiche e somatiche; "immaginarci" positivamente aiuta l'autoguarigione e lo star sempre meglio. Il segreto dei poteri "miracolosi" del "pensiero positivo" è tutto qui. 

E' possibile proprio come per un "listato" di computer riprogrammarci a piacere (vedi Visualizzazione).

Volendo sfiorare il discorso sulla fede, si può dire che chi ha perduto una persona cara può riacquistare "pensiero positivo" se riesce a credere che tale perdita corrisponde a una "nuova nascita in un'altra vita: la persona cara "trapassata" ad altra vita ci è vicina anche se non la vediamo con occhi di carne e, se ciò è avvenuto prematuramente, la "fiducia" (fede) in Dio ci fa capire che tale mistero ha un significato positivo e che un giorno esso ci verrà reso manifesto.

Apriamo qui una parentesi per affermare che un riferimento alla "crisalide" è quanto mai opportuno: per motivi religiosi (stato di "crisalide" è quello del Cristo fra la crocifissione e la Resurrezione; stato di "crisalide" sarà il nostro nel passaggio da questa all'altra vita); per motivi personali ("chi non è morto e rinato almeno una volta nella vita non sa cosa significa veramente vivere", scrive Bassani); per motivi storici (sono convinto che alla soglia del terzo millennio dell'era cristiana l'umanità abbia intrapreso - ancora spesso inconsapevolmente - una svolta epocale preparata da uno stadio di crisalide: "ma non sapete voi che noi siamo vermi / nati a formar l'angelica farfalla?", scrive Dante.


[Notizie raccolte dallo scambio epistolare avuto con l'amico prof. Giordano Genghini negli anni 1994-95.] 


Felice Serino


venerdì 19 maggio 2023

Di là


"di là un qualcosa ci sarà" -

"qualcosa" dici?

non basterebbe lo elevassi all'infinito

o meglio: è un infinito dilatarsi  - immagina


quel che si dice

Assoluto: non vi sono porte da aprire

né privacy né pass da nascondere

non tracce da seguire - impossibile perdersi 


e ancora: è un compenetrarsi

di eterei corpi - dove il 

virtuale/appendice dell'uomo 

è un sogno senza coda


(2021)

giovedì 18 maggio 2023

Sogni

 



ti sei visto ancor giovane

più d'una volta esibirti

in acrobazie per i soli suoi occhi

(lei sull'amaca capelli di grano)

o le volte prendere treni 

in corsa o librarti contro 

il soffitto o disfarsi la

carne fino allo scheletro


-è la sola mente che crea

un oltretempo 


gioco iperbolico

quella volta che nel "luogo accanto"

Ungà ti fece un cenno 

per dirti 

questa poesia la puoi migliorare


(2021)

martedì 16 maggio 2023

E' in te nell'aria su Alidicarta

 https://www.facebook.com/Alidicarta.it/posts/717130970235541

I cieli del jazz

 



capricci di note

facce ondivaghe in acque del sogno

la nausea lungo

i corridoi di latrine

il gemito del sax le gonfie gote

tempo

rallentato avvitato

nel marasma di umori


poi il mattino li raccoglie

spugne

e l'anima della musica che attraversa

muri di separazione


Felice Serino 

.


amicodipenna 


Jazz, inteso come musica ed esperienza di vita. Un linguaggio ricco di immagini sensoriali e contrasti per esprimere un personale rapporto con il jazz.

"Capricci di note" le improvvisazioni musicali che caratterizzano il jazz, come se essi fossero sogni e desideri bizzarri, stravaganti e volubili, dei musicisti. Da qui le "facce ondivaghe in acque del sogno", le espressioni mutevoli e irreali che emergono da una dimensione onirica. Una fuga dalla realtà o un ritorno a una più umana?

È tutto questo in un ambiente che contrasta perché sporco e degradato, dove si avverte la "nausea lungo corridoi di latrine" e il "marasma di umori" che altera il tempo.

Un jazz che pare nascere nella sofferenza e nel disagio, tra un "gemito del sax" e le "gonfie gote" che appaiono grottesche.

Un linguaggio crudo e realistico per mostrare ai più il lato oscuro del jazz.

Poi il mattino vedrà il raccolto rimasto impregnato in ogni cosa, come da "spugne", e quell'"anima della musica che attraversa / muri di separazione". Un linguaggio metafisico e spirituale per esaltare il potere comunicativo e aggregante del jazz.

Si conclude lasciandoci in sospeso, come a suggerire che il jazz non ha confini e continuerà a risuonare oltre le parole.

Lo sentite anche voi?


da alidicarta.it


Memento


bau e miao

la parola gliela leggi negli occhi

ma come tutto il regno animale

essi non si affacciano sulla loro morte

a cogliere

il proprio limite


(forse nel dopo

si è

quel che si fa e si pensa -

e dunque rispettiamo

le creature viventi

inconsapevoli - occhi di stelle)


(2021)

lunedì 15 maggio 2023

Rammendi


un'opera buona o una poesia

rammendano gli strappi del cuore

chiudendo antri di buio


l'abito logorato dagli anni

abbisogna di attenzione e rattoppi


è una rete che più non trattiene

i lucenti guizzi


14.5.23

domenica 14 maggio 2023

In veste d'angelo


l'atto dello scrivere

è stato di trance: esci 

dal soma e ti cali

nell'immaginario


che in veste

d'angelo una lanterna 

ti presta

per i fonemi


(2021)

sabato 13 maggio 2023

Gridando l'aurora

 


Edito da Feltrinelli, nell'aprile del 1980 usciva Nero di Puglia, una dura testimonianza di Antonio Campobasso, nato da una pugliese e da un padre africano mai conosciuto. Più che un'autobiografia essa è una singolare cantata meridionale-africana avente come leit motiv la schiavitù e il dolore, come precisa Alfonso di Nola nella prefazione, dove aggiunge: "Campobasso nulla ha commesso, molto ha pagato"; "il suo urlo è diventato il tam-tam di una negritudine occasionale".  

Antonio nacque a Bari mentre l'Italia partoriva la Repubblica, il 2 giugno 1946.  Campobasso è uno scrittore nuovo, e la sua prosa spesso cede il passo all'andamento impetuoso dei versi. Egli ci racconta la sua vita "con un vigore e un ritmo tali da superare la barriera del fatto privato per diventare segno dell'emarginato". Lasciamo che sia lui stesso a presentarsi: "Ed eccomi ora qui, Antonio Campobasso, devo gridare la mia cronaca e cerco un giudice per un processo che non si farà mai". E ancora: "Non sapevo che un colore e un odore umano diversi ti pesano addosso. Ero nato, così per caso, in un paese mio/non mio, in mezzo alla guerra…".  

A tre anni e mezzo la figura di sua madre svanì ed egli fu sempre privato del suo affetto. Antonio visse insieme alla nonna, a Triggiano, conoscendo povertà e fame. Verso i nove anni già cominciava a essere preso a schiaffi dalla vita quando i coetanei gli facevano pesare la sua diversità coprendolo di farina e di insulti.  

Nel giugno 1955 Antonio passò all'orfanotrofio di Giovinazzo, dove tutto era regolato sotto l'insegna della carità cristiana. Il presidente era un magnate della dc. Dopo quindici giorni Antonio ricevette la prima punizione: digiuno completo per non essersi presentato per la Messa. E da allora, altre punizioni, a catena… Infine passò al reparto dei grandi, e il direttore gli consentì l'iscrizione alla scuola d'arte. La professoressa di disegno fu il suo primo amore, e nel desiderio di possederla, l'immagine femminile si confondeva con quella della madre (la quale intanto viveva in Inghilterra).  

Poi il sogno si spezzò: la donna desiderata si sposava. Seguì un periodo di crisi in cui Antonio a scuola si dimostrò un buono a nulla. Era l'ottobre del '62, sette anni trascorsi in orfanotrofio, quando il direttore decise che per il ragazzo era giunta l'ora di lavorare. Lo mandò presso suo fratello che gestiva una trattoria, asserendo che quella era "una porca fortuna che gli cadeva addosso"…  

La giornata per il ragazzo non aveva respiro, il tempo lo inseguiva tra pulire e lavare e servire. Usciva dalla nuova "prigione" soltanto una volta alla settimana. Alla fine ne ebbe abbastanza di quella schiavitù e fuggì. Fu subito ripescato e picchiato essendo anche accusato ingiustamente di aver rubato mille lire dalla cassa. Antonio gridò in faccia al padrone che non intendeva più servirlo; alla fine questi gli consegnò 500 lire e gli disse di sparire per sempre. Era il marzo del '63.  

Il Nostro iniziò la vita di vagabondo e per sopravvivere cominciò a rubare. Una notte fu pescato da due poliziotti e condotto in questura. Da qui al riformatorio il passo fu breve. Destinazione il Nicola Fiorelli di Bari. Antonio Campobasso fu schedato e incasellato.  

Un giorno per accorrere in difesa di un ragazzo scoperto a fumare, afferrò l'agente e lo scaraventò a terra. Lo ricoprirono di botte e di sangue, e poi su in infermeria, dove lo attendevano non cure ma altre botte. Interrogato, sputò in faccia a un agente che faceva apprezzamenti nei riguardi di sua madre che se l'era intesa con un negro. E giù altre botte con più ottusa ferocia, fino a massacrarlo, usando anche un tubo di gomma tolto al rubinetto dell'ambulatorio. Per una settimana Antonio non riuscì a muoversi dal letto.  

Da Bari, egli passò al riformatorio di Delicato, e poi a Urbino.  Il desiderio di libertà si faceva irresistibile, e un giorno scappò saltando il muro del cortile nell'ora della Messa, ma fu subito ripescato e rinchiuso in cella di isolamento. Ben altre cinque volte scappò da Urbino insieme ad altri compagni, rubando auto per allontanarsi, ma ogni volta lo riacciuffavano, isolandolo e pestandolo. Il riformatorio lo aveva strutturato: gli aveva indurito quella sua scorza di aggressività e ribellione.  In seguito a un'ordinanza verbalizzata nei suoi riguardi, Antonio fu dimesso per "irrecuperabilità sociale". Ottobre '65.  

Alla questura gli presero le impronte digitali. Era un delinquente.  

Vagava di città in città riprendendo la vita del vagabondo, rubava auto usando le chiavette delle scatole di Simmenthal, per correre lungo ignote vie… Il 7 settembre '66 a Napoli, ruba una macchina e si lancia a folle velocità verso Lìcola. I carabinieri lo fermano perché ha i fari alti, e lo portano in caserma. Lo interrogano a forza di schiaffi, gli impongono di confessare furti mai commessi e infine lo consegnano al carcere di Poggioreale. Antonio lo chiama "tomba di vivi". Quanto alle violenze subite, scrive: "questi ceffoni mi pesano addosso da sempre, non li cancello, sono la barriera tra l'essere e il non essere, fra il negro che porta in sé gravi odori di lontane foreste e il mondo distante ed ignoto dei bianchi profumati degli aromi di lievi profumi…". E ancora: "Questi ceffoni mi danno il diritto di rifarmi il selvaggio di antichi abissi, mi chiamano a danzare la danza del fuoco, la danza della morte…".  

A Poggioreale tutto è ritmato, giorno e notte, da pestaggi e da celle d'isolamento. "Le guardie hanno fini gusti sanguigni…", scrive Campobasso.  

Giornate e minuti pesano come secoli. Oltre all'ora d'aria e l'ora della minestra, tutto il resto si immerge in un vuoto sconfinato e allucinante.  

L'11 luglio 1968 a Poggioreale si crepa per l'afa e manca l'acqua. I detenuti sganciano lo scarico della tubatura. Non si riesce più a sopravvivere. Il 12 luglio, dopo una protesta, alcuni detenuti vengono prelevati, pestati e reclusi in isolamento. Gli altri, durante il passeggio, decidono di non tornare nelle celle se prima non siano stati liberati i loro compagni.  Il direttore acconsente a farli risalire, ma il maresciallo dichiara che "nelle condizioni in cui si trovano non possono risalire". I detenuti fingono di rientrare, salgono al padiglione "Salerno", vi si rinchiudono, spaccano tutto, scendono al reparto isolamento e liberano i loro compagni.  

"Questa è la rivolta di Poggioreale che la stampa del potere borghese ha gonfiato e trasformato in un attentato contro la sicurezza dello Stato…Questa rivolta, piccola cronaca legata ad acqua che manca, a cessi che non funzionano…"; così scrive Campobasso riguardo alla rivolta che lo faceva uno dei trenta protagonisti. Accusato di sequestro di persona, violenza, resistenza, devastazione, lo spedirono a Messina dove restò due mesi e mezzo. Da quel momento ebbe inizio un lungo periodo in cui Antonio venne sballottato da un luogo all'altro, lungo lo stivale – itinerario che egli chiama "atlante dei tormenti". Il periodo più lungo fu di cinque mesi, al Manicomio di Aversa.  

Dopodiché egli riprese il suo transito infernale attraverso gli istituti carcerari. Da Benevento a Volterra, a Spoleto, a Porto Azzurro… Ad Alghero per due volte ingoia chiodi; relativa cura di patate bollite… Il 21 giugno '74, Bari gli apre le sbarre.  

La storia di Antonio Campobasso non è ancora conclusa. A Roma lo pescano nuovamente perché deve scontare una condanna aggiuntiva.  

"Ho pagato il mio colore con il mio sangue": questa è la forte affermazione di Campobasso. Ed essa dice tutto.  

Dopo vario girovagare, Antonio per vie traverse finisce in una scuola di recitazione dove ha l'opportunità di affinare la sua naturale vocazione di attore.  

Così termina la sua narrazione: "Non so se domani sarà per me un'aurora o una morte. Attendo gridando l'aurora". Quell' "aurora" da lui tanto invocata dopo tanto buio. 

 

 

© Felice Serino









venerdì 12 maggio 2023

Angelo della volta


benevolo mi eri

novenne o giù di lì 

ché dalla volta mi dettavi parole 

di luce per poesie rimaste nell'aria


indicibili voci erano

d'un oltretempo 

ove si schiude tremulo il fiore 

che porto in me d'eterno


(2021)

giovedì 11 maggio 2023

Ai piedi della notte


un nodo d'inquietudine sospesa

si scioglie ai piedi della notte

sotto una luna ammiccante

l'amore è come l'ansimare del mare

s'abbevera del sangue delle stelle

aduna in sé il sentimento del tempo

vòlto dove è dolce la luce


(2021)

martedì 9 maggio 2023

Il luogo accanto


dovevo immaginarlo

nulla di cambiato

è solo il "luogo" accanto

dove ci si trova trasparenti


come mi sono visto

in sogno una volta nell'altra vita


(2021)

lunedì 8 maggio 2023

Versi per Nina su academia.edu

 https://www.academia.edu/101428086/Versi_per_Nina

L'alterego

 



il soffitto ti si fa cielo 

nel pregare

angeli ti scendono nel sangue


quando ancora ieri 

abbrutito covavi 

rancori verso te stesso e il mondo


amore

era parola vuota: eccoti ora 

specchiato nel tuo doppelganger


che ogni volta

annega

nel lago della sua spocchia


(2021)

sabato 6 maggio 2023

Visione su alidicarta

 https://www.alidicarta.it/testo/4520231173354?fbclid=IwAR14tViqwhlALLrIzkGZXAA4dQf4GwK3ZWQb21Ui_3Zov0emWBfsfflWlCI#.ZFVlB-9bM9I.facebook

Geografia di graffi su academia.edu

 https://www.academia.edu/101274563/Geografia_di_graffi

SOTTO UNA «CATTIVA STELLA»

 




Quanti ebbero occasione di conoscerne la personalità sono concordi nel dire di lui, che fu un essere umano con un “cuore alto come il cielo”, ma il destino sottile come carta. Di solito, quando una persona non rintraccia una propria luce ad oriente, finisce per possederla in una balsamica strada di ponente.

Ma per l’autore di questo “diario” nessuna luce risultò recuperabile: né a oriente né a ponente”.


Così ha inizio l’autobiografia di Pietro Valassina, autore di un pamplet dal titolo Solo i cani hanno un cuore (supplemento al periodico Logos n. 35, nov.-dic. 1988).


Il i° ottobre del 1915 in una clinica di Milano una sconosciuta diede alla luce un bimbo, e poi subito si eclissò. Il piccolo, a cui venne dato il nome di Pietro, venne accolto nel brefotrofio provinciale e sottoposto a cure perché risultava colpito da paralisi infantile. Dall’età di 4 anni iniziò il suo calvario, sballottato tra istituti e famiglie sempre diverse, cosa che gli fece rimpiangere sempre una struttura familiare tradizionale. A 8 anni gli morì il padre adottivo e la prima “madre” si risposò. Fu per lui una ferita che sarebbe rimasta sempre aperta.


Un giorno Pietro si sentì chiamare “bastardo” e fu per lui un marchio impresso a fuoco. A 10 anni era già scappato di casa più d’una volta, Durante una di queste fughe ebbe l’incontro più tenero e ”umano” della sua vita: un cane molto grosso e molto mansueto, con cui fece amicizia. In compagnia di Bill – così lo battezzò il ragazzo – trascorse 18 giorni. Grande fu il suo dispiacere quando dovette separarsene, poiché lo rintracciarono e ricondussero in seno alla famiglia, per essere destinato (fino a successiva fuga) a lavoro durissimo e a maltrattamenti, che sovente giungevano fino alle sevizie gratuite.

Verso i 15 anni fu rinchiuso in un istituto di Arese, dove si trovò subito a disagio per la disciplina ferrea. Era sempre triste, piangeva e il suo chiodo fisso era la mamma.


Il suo animo s’inaspriva sempre di più. Ma finalmente parve che il direttore dimostrasse verso di lui un volto un po’ più umano: s’interessò a far rintracciare la madre di Pietro e gliela fece incontrare. La donna però subito si mostrò fredda e distaccata. Pietro restò all’Istituto fino a 21 anni. Fece il “premilitare”, poi fu accolto in casa della mamma. Ma la sua infelicità non lo abbandonò! In casa risultava di troppo; la madre aveva un amante e per lui era peggio di un’estranea. Un giorno Pietro fu ricoverato d’urgenza per appendicite acuta. Una volta dimesso, tornò a casa, ma nel frattempo la mamma aveva cambiato residenza. Si recò alla nuova abitazione ma si vide respingere con la motivazione che non c’era posto per ospitarlo!

Non trovava pace da nessuna parte.

Fu in seguito rinchiuso presso la Sacra Famiglia, perché risultava “deficiente e bisognoso di cure”. Ma vi restò poco perché si fece cacciare via.


Trascorse un periodo nero: faceva la fame e desiderava morire. Infine, riuscì a trovare lavoro come fattorino; lavorò fino all’età di 25 anni, quando avvenne la chiamata alle armi: il ritardo al servizio militare era dipeso da riforma per bassa statura. Dato lo stato di guerra fu fatto idoneo e assegnato al 3° Genio di Pavia. Dopo sette mesi fu destinato al fronte di Grecia.


Tempo dopo, in seguito a un attacco aereo in cui fece da scudo a dei bambini, veniva rimpatriato con una nave-ospedale. Aveva subito lesioni al cervello.


Si succedevano continui attacchi epilettici; fu ricoverato all’ospedale di Arezzo. Gli riconobbero le infermità per causa di servizio. Richiamato, fu aggregato all’8° Fanteria di Monza. Nel raggiungere il Corpo, fu assalito da un attacco epilettico fortissimo. Si riprese, ma per strada lo sorprese un attacco aereo e proprio davanti all’entrata del rifugio cadde una grossa bomba che procurò danni e feriti. Malgrado ferito, Pietro si caricò in spalla una G. di F. ferita gravemente e si trascinò fino a Porta Venezia, dove trovò militi che li soccorsero. Fu ricoverato in gravi condizioni.


Qualche tempo dopo, essendosi ripetuti gli attacchi epilettici, Pietro fu ricoverato all’ospedale di Baggio. Qui da una ispezione di un generale tedesco fu deciso che i militari guariti dovevano essere trasportati in campi di concentramento. Avvenne che un giuda, suo “compagno”, per un compenso di 70 mila lire, lo fece catturare. Fu caricato su un carro bestiame e avviato al Campo di concentramento di Walsrode. Da qui, fu trasferito al Campo di Sant’Antonin a Bitterfeld (Sassonia), dove fu costretto a lavorare duramente. Non resistendo alle sofferenze, tentò di fuggire, senza riuscirvi; dopo essere stato ferocemente torturato, fu inviato al campo di sterminio di Buchenwald, e dopo una ventina di giorni trasferito a Osendorf, dove rimase per otto mesi, condannato ai lavori forzati; dopo di che (pesava soltanto 38 chili!) tornò a Sant’Antonin.

Pietro fu liberato dagli americani. Rimpatriò nel ’46 e venne ricoverato in pietose condizioni, all’ospedale Bristol di Merano. Fu sottoposto a visita psichiatrica e internato nel Manicomio di Pergine.


Infine fu dimesso. La guerra era finita. Terminata la prigionia, ma i guai continuavano. Pietro si sentiva solo e abbandonato; l’unico amico restava Bill, un bastardo, come lui. Riuscì a trovare lavori saltuari, ma invariabilmente veniva licenziato o per mancanza di lavoro o a causa della sua malattia. Si trovò una complice-amante, e rubava oggetti d’oro che lei riusciva a piazzare bene.


Poi tutto finì, quando lei gli scrisse che s’era fidanzata. Dimesso dal carcere dov’era intanto finito, la trovò che s’era sposata. Dopo essersi ingrassati a sue spese, i due invitarono Pietro a sparire.


Conobbe un’altra donna, Celestina. Godeva allora di una pensione di invalidità di guerra. Ma presto tutto finì con il trasferimento di lei in Francia, e fu meglio così perché aveva un carattere impossibile. Dopo qualche mese, Pietro si legò a un’altra donna, Gaetana Palermo, che pensò di legare al suo assetato affetto con un regolare matrimonio. Non l’avesse mai fatto! Era cattiva, bugiarda, dedita all’alcool; sovente veniva arrestata dalla Squadra del Buon Costume. Dopo cinque mesi dal matrimonio, Pietro un giorno si ammalò e fu lasciato solo in casa. Lei ritornò il giorno dopo, per cui egli non poté trattenersi dallo schiaffeggiarla. Lei, ubriaca, sporse denuncia per maltrattamenti, sfruttamento e altro. Pietro venne arrestato immediatamente.


La moglie si premurava di fargli delle visite, ma al solo scopo di strappargli una delega per la riscossione della pensione. Mentre a lui assicurava aiuto in occasione del processo, fuori complottava con Celestina, ritornata intanto dalla Francia, sua amica di marciapiede, che, anche perché gelosa, approfittò dell’occasione per contribuire alla sua totale rovina.


Il complotto gli valse una condanna di 5 anni, 9 mesi e 5 giorni di reclusione, più sei mesi di Casa di cura, lire 80 mila di spese processuali, interdetto dai Pubblici Uffici per sei anni, decaduto dalla patria potestà, dall’autorità maritale, risarcimento danni alla parte lesa, eccetera. Dopo oltre un anno di detenzione, si aggiunse la sorpresa che la moglie dava alla luce un “figlio”, frutto delle sue scorribande. Pietro presentò denuncia di adulterio e misconoscimento di paternità, ma poco più tardi ritirò le denunce, non volendo per il piccino la sua stessa sorte disastrosa. La moglie cominciò a inviargli una fitta corrispondenza, fatta di strane dimostrazioni di affetto, però non dimenticando di far richiesta in ogni scritto dei libretti delle sue due pensioni di invalidità (quella di guerra e quella di lavoro). Nel contempo anche il padre della moglie entrò in scena per strappargli la delega della riscossione delle pensioni, poiché, asseriva, era lui che provvedeva ai bisogni del bambino. Quest’ultima precisazione veniva però smentita dalla figlia della moglie, che assicurava che le spese erano sostenute dall’Opera Maternità e Infanzia, e diffidava dall’inviare deleghe o denaro.


Pietro si limitò a farsi soffiare 15 mila lire. Da allora non si hanno più notizie di entrambi. Per il fatto che la condanna superava i 5 anni di reclusione, anche le pensioni gli vennero sospese.


Per le tragiche situazioni morali, giuridiche e materiali, le condizioni psichiche di Pietro tendono ad aggravarsi. A causa della semi-infermità mentale fattagli beneficiare nella sentenza di condanna, l’espiazione avviene presso una sezione per minorati psichici, presso il Manicomio Giudiziario.

Dalla cella che occupo qui in Napoli, guardo ora mestamente volare i passeri e i colombi. E invidio la loro libertà. I miei pensieri si accavallano e fra questi penso sovente al mio presente e al mio domani. L’avvenire è buio. Avvilentemente buio. Buio. Buio. Anche qui ho la compagnia delle bestie. E’ quando scendo in cortile. Sono due cagne”.


Conto di farmi ancora vivo per dire se la mia sorte è cambiata; o se essa si è accanita con la consueta ferocia contro di me”.



© Felice Serino






venerdì 5 maggio 2023

Di noi


di noi

mostriamo esigua vita

più l'esteriore che

quella che ferve nel sangue


i viaggi mentali i sogni

mistero ch'è appannaggio

di proprietà esclusiva


-la testa reclina 

il nostro fido ci guarda attento

come cogliesse pensieri


(2021)

giovedì 4 maggio 2023

Ultimo gruppo cover e-book

 


Per un ricambio d'ali


Dedalo e Icaro (1869), opera di Lord Frederic Leighton.



Lui ci culla

sul mare della misericordia 

della sua carezza di madre

noi siamo indegni


manda a noi abbrutiti 

l'angelo per un ricambio d'ali


ma l'impulso icariano 

è brivido 

che corre nelle vene del cielo


(2021)

mercoledì 3 maggio 2023

Cover e-book 4

 


Il mare ha tante voci




il mare ha tante voci

di annegati di gabbiani sirene

ha scatole nere sepolte


il mare è nel cuore di odisseo

itaca è ancora lontana e


vi è chi ha mal di terra e narra

ai nipitini di mostri marini e miti

o realtà chissà dove vissute


forse in un'altra vita

rimaste nella mente grumi di sogni


2.5.23