venerdì 30 dicembre 2022

A voi morti



mi rivolgo a voi

morti usciti dalla morte

voi non più in morte-vita

vivi ben più che i vivi



siete in noi e in nessun luogo

lontanissimi e vicini



lungi da voi ripercorrere

i meandri della memoria

perdervi e ritrovarvi

e ancora perdervi

nei dedali delle passioni

fuggevoli



è l' atavico sangue a dire

"sono" -

è ritorno all'origine: come

nella prima luce

giovedì 29 dicembre 2022

Un ragno tesse

 


uscirai dalla vita con le ossa rotte

dappresso ti sta l'ombra  

di serpe che agita il tuo sonno

gli offri i tuoi passi da sonnambulo e

il sudore di sangue emotivo

dove un ragno tesse di versi una tela 

martedì 27 dicembre 2022

Condono



"condono" dici?

se era massacrato - una maschera 

di sangue

la persona: un solo grande urlo 



guerriglia urbana -

la pelle rischiano

gl' inviati del tg 

tra lacrimogeni e 

manganelli che fendono l' aria



abuso

di potere: come vuoi

chiamarlo

-un nuovo caso Cucchi

come tanti altri cristi in croce




lunedì 26 dicembre 2022

Utopia



presi in un giro mortale

lasciare tra le mani

trascorrere le ombre della sera



utopia 

raccogliere i frammenti di una vita

in un numerabile infinito



(primo verso: parafrasando Ungaretti)

domenica 25 dicembre 2022

Su Il Domenicale di amArgine

https://almerighi.wordpress.com/2022/12/25/gioielli-rubati-228-filipa-moreira-da-cruz-laura-segantini-daniele-barbieri-matt-taggart-cipriano-gentilino-silvia-de-angelis-richard-reeve-felice-serino/?fbclid=IwAR2YAK2FOqLgqKbQaE65XP9SUpUQVaNJ0VjT1C0Io5UxPvxJzmQNAFcgink 

Lungo un fiume d'echi



quel che accade "deve" accadere?

stabilito dall'alto

o da occulta trama?

e il libero arbitrio allora: 

è al 50? al 30?



vestiamo le possibilità

le decisioni sofferte

tra gorghi del sangue



sarà un caso ma

trovarci di qua della strada

invece che di là potrebbe 

ribaltarci la vita!



siamo tenui fiammelle

lungo un fiume d' echi



("caso" o quella definita "sincronicità" junghiana)


sabato 24 dicembre 2022

Critica al libro “In una goccia di luce” di Felice Serino.

 



A cura di Luca Rossi. Febbraio 2009.


Incentrato sulla psicologia dell’ Io, tra interiorità-esteriorità, tra morfologia del corpo (il pre-essere

che si fa uomo, il quale si relaziona successivamente col mondo), il biennio 2007-2008 vede il poeta

dare alla luce queste nuove liriche, riaffermando il suo indagare su ciò che è temporalità e realtà.

Già la prefazione di W. Blake anticipa quello che sarà il corpus poetico che vede la “bellezza

dell’essere” risiedere nel mistero ancestrale del creato. Quell’essere che non porta al suo interno il

mistero stesso, è un individuo che acquista scarso valore. E’ questo che pare voglia affermare

Serino ribadendo le parole di A. Crostelli nella lirica che apre la silloge. Un mistero dentro il quale

si racchiude il bello e il brutto di ciò che è umano e non trascendente, per chi volesse pensare ai

versi del poeta solamente alla luce dei lumi del cristianesimo. Un mistero che è regione spaziotempo

indeterminata, in cui anche i sogni hanno un loro ruolo (vedi: “In sogno ritornano”): “amari i

momenti del vissuto/ che non vorresti mai fossero stati…//si affaccia nel tuo sogno bagnato/ quel

senso di perdizione…”. Riflettori da cui diparte una luce “insostanziale”, che ci permette di vedere

il “non-vissuto” o ciò che non si vorrebbe scrutare perché figlio della paura “…luce verde della

memoria/ scuote la morte”, come afferma in “Insostanziale la luce”. Una luce che diviene il punto

di partenza incentrando il discorso antropologico intrinseco nel vissuto di ognuno: “…sostanza di

luce e silenzio/ sapore dell’origine…”, da “Lacera trasparenza”. Entrare nel mistero vuole dire

entrare nella luce: “…camminare nel mistero a volte/ con passi non tuoi…”, da “Entrare nella luce”.

Mistero come sinonimo di fragilità dell’essere e brevità del tempo, o fortezza di entrambi. Il

concetto viene mirabilmente espresso in quelli che potrebbero ritenersi i versi centrali di tutta

l’opera, riportati in “Se ci pensi”: “capisci quanto provvisoria/ è questa casa di pietra e di sangue/

dove tra i marosi il tempo/ trama il tuo destino di piccolo uomo?…//…mentre ti ripugna/ il disfacelo

lo scandalo/ della morte il salto nel vuoto”. Come non riandare ai versi della Dickinson scritti per la

morte del nipotino Gilbert? Incostante, poco convincente la chiusura della poesia “Mondo”, dove

colui che scrive sembra smentire tutta una filosofia etico-morale appartenente al suo modo di

concepire l’immagine dell’essere che detesta il mondo. Eppure è proprio in “quel” mondo che nasce

l’uomo descritto da Serino, anche se proveniente da bagliori indefiniti. E’ proprio lì che il mistero di

un amore-odio ha valore solo se entrambi coesistono. Non ci potrebbe essere amore se non esistesse

odio. Non ci potrebbe essere odio se non esistesse amore. Binomio indissolubile senza il quale tutto

sarebbe utopia, anarchia del pensiero collettivo, sempre che non si varcassero le porte del

trascendente. Che il suo dichiararsi contro la guerra sia la ragione che sublima il pensiero umano è

cosa scontata, ma non reale nella sua pienezza, perché è in quello stesso uomo che il bene e il male

convivono. Così come in “Sic transit…”. Ma questa è la realtà dell’uomo contemporaneo.

Aggrapparsi all’effimero o costruire il suo dominio sulla roccia. Probabilmente l’abile penna del

poeta vuole portarci a fare un salto di qualità nell’apprendere il suo professare. Un salto di qualità

che è didattica. Perché questo è il fine ultimo della poesia, anche se talvolta difficile da concepire.

Una poesia fine a se stessa, con un costrutto essenzialmente “vuoto”, è infruttuosa. Deve sussistere

una poesia invece in grado di farci volgere lo sguardo alle “coordinate dei sogni -e/ l’insaziato

stupirsi della vita/ da respirare su mari aperti// - che tenga lontano la morte”, da “Nel segreto del

cuore”. La morte, la morte…Altra descrizione di un paesaggio tanto forte quanto quello della vita. Il

passaggio dalle tenebre alla luce può essere violento, ma è in questo che si risveglia la coscienza di

chi vive tra il bene e il male operando attraverso strumenti di discernimento, quelli dettati

dalla poesia, appunto: “e tu di nuovo ostaggio della notte/ l’invito/ l’abbraccio del vuoto// parola

neo-nata/ la chiami nel buio/ l’innervi in parole// la plasmi a scalpelli di luce”, da “L’invito”. La

morfologia della poesia di Serino differisce da ogni altra per il suo concatenare i puri elementi

dell’anatomia umana (sangue, nervi, fonemi, ecc.) con quelli del logos, perché la parola diventi

carne ed entrambi, così terreni, così tangibili, generati da una forza a cui fare ritorno e in cui

rispecchiarsi. Non serve riportare nelle note biografiche la breve descrizione di chi sia il poeta, di

quando sia nato o di ciò che abbia scritto. Le poesie da lui scritte sono un biglietto di

presentazione, il biglietto da visita dell’uomo-poeta. Egli è l’Hermes, colui che nella mitologia

greca è il dio dei confini e dei viaggiatori, di tutti noi insomma, di quella geografia che ci

appartiene, corporea e del pensiero. Dio degli oratori e dei poeti, dei pesi e delle misure. E’

apportatore di sogni, osservatore notturno, interprete. Mercurio, nella mitologia romana. Serino ci

trasporta così dal buio alla luce, dal non-essere alla forma dell’essere. Scruta le ombre per capire

dove sia la fonte di luce che le genera, perché senza luce, non esisterebbe ombra. Ladro e bugiardo

solo apparentemente in certe strofe da lui scritte al fine di riscattarci a valori assoluti a cui il nostro

“uomo di domani” deve rivalutarsi dal passato. Proveniente dalla luce, attraversando le tenebre, si

(ci) indirizza verso il mistero, oltre lo stesso. Mi permetto solo di rubare alcune parole all’amico

prof. D. Pezzini, direttore della cattedra di lingua inglese e letteratura medioevale inglese presso

l’università di Verona, che nel descrivere la figura del poeta gallese Ronald Stuart Thomas, scrisse

in un suo libro per gli studenti universitari: “Thomas ha infatti della poesia una visione che

diremmo severa e impegnata, nella quale egli traduce un percorso di scoperta personale che

passa attraverso la lettura del mondo in cui vive (…) e di indagine ostinata del proprio io alla ricerca

del senso ultimo delle cose.” Questo, a mio modesto avviso, vale anche per F. Serino

venerdì 23 dicembre 2022

Non sei dei loro

 



nel chiuso della stanza o

di pomeriggio nel sole

da un po' ti sorprendono

a parlare coi morti - questi

non tornano e tu non sei

dei loro -ancora-



sono spirito (ma di essi 

poco si sa) -ubiqui

ti leggono il pensiero e a volte

giocano con le nuvole - quando

nelle tue pareidolie

ti pare ravvisarli

giovedì 22 dicembre 2022

Il viaggio


il soma è l'imbarcazione dell'anima

in questo viaggio d'Odisseo


ulissidi lo siamo 

a solcare aperti mari


per approdare sulle rive del mistero 

di noi 


in infinito espandersi

nell'armonia dell'universo


20.12.22

martedì 20 dicembre 2022

In infinito espanderti



(a Gabriele Galloni)



ti vedo con fare garbato

rivolgerti ai morti tu che anzitempo

sei dei loro sei come loro

tu che ne scrivevi chiedendoti

"in che luce cadranno"



tu cuore amante dell' ignoto 

alla sua riva in infinito espanderti



(tra virgolette il titolo di una sua opera - 2018, RP)

lunedì 19 dicembre 2022

Oltre il visibile



anima siamo con un corpo frale



la beltà è fiamma sotto 

la cenere:



di là dal visibile

a dircelo è il cuore

dove discreto l' angelo ci affianca


domenica 18 dicembre 2022

Paesaggi interiori



tu dici

la vita è della morte

vita che indossi

che mastichi e ti mastica



la chiave o il

rovescio -sai- è quella

"vita fedele alla vita" - ad aprirti



paesaggi interiori

ritagliandoti uno spicchio di cielo

sabato 17 dicembre 2022

D’un trasognato dove – 100 poesie di Felice Serino

 




Ass. Salotto Culturale Rosso Venexiano, 2014

Pagine:124

Costo:12€

Recensione di Lorenzo Spurio


Ha memoria il mare

Scatole nere sepolte nel cuore

Dove la storia

Ha sangue e una voce. (37)


D’un trasognato dove – 100 poesie scelte è la nuova densa raccolta poetica di Felice Serino, poeta

nato a Pozzuoli nel1941 che da molti anni vive a Torino.

L’autore mostra di aver compiuto una meticolosa operazione di cernita in questo “canzoniere

dell’esistenza”, tante sono le liriche che ne fanno parte e tante le tematiche che Serino 

trasmette al cauto lettore. Il fatto che esse siano state raggruppate in filoni concettuali 

intermedi da una parte facilita al lettore la corretta comprensione delle stesse e dall’altra 

consente all’opera una struttura ulteriormente compatta e costruita organicamente. È così 

che questi microcosmi-contenitori delle liriche di Serino si concentrano attorno a questioni 

che hanno a cuore il rapporto con l’aldilà, il tema celeste, il senso dell’esistere, la potenzialità 

del sogno, l’inesprimibile pregnanza del tessuto semantico, l’impossibilità di dire 

(l’impermanenza) e si chiude con un nutrito apparato finale di poesie dedicate a personaggi 

più o meno famosi della nostra scena contemporanea dal quale partirò.

In questo apparato di dediche si concentra il fascino nutrito da Serino verso una serie di 

immagini simbolo quali quello della luce e del sogno (nella lirica dedicata Elio Pecora), 

il tema della Bellezza (nella lirica a Papa Giovanni Paolo II), il risorgere(nella lirica 

dedicata a David Maria  Turoldo) e lo specchio come proiezione e frantumazione dell’io 

(nella lirica dedicata a J. Luis Borges). Sono queste solo alcune delle liriche che 

compongono questo apparato finale poiché ve ne sono varie di chiaro interesse civile 

che affrontano disagi e tragedie dell’oggi quali i disastri per mare dei tanti immigrati 

che sperano di giungere in Italia, le precarie condizioni degli incarcerati o gravi casi di 

violenza in cui alcuni giovani hanno  riportato la morte come Iqbal Masih, tessitore di 

tappeti portavoce dei diritti dei bambini lavoratori che venne ucciso nel 1995all’età di 

12 anni e del quale Serino apre la lirica in questo modo: “come un bosco devastato/ 

intristirono la tua infanzia/ di pochi sogni” (107).

Nell’intera opera di Serino si nota una pedissequa attenzione nei confronti di isotopie, 

immagini costruite nelle loro archetipiche forme, che ricorrono, si susseguono, si 

presentano spesso perché necessarie; esse non sono solamente immagini che identificano 

o denotano qualcosa, ma simboli, metafore, mondi interpretativi altri: il sogno, la luce, 

il cielo, il Sole, tanto che permettono di considerare la poetica di Serino come celestiale 

proprio per il suo continuo rovello sull’aldilà, onirica perché fondata sull’elemento del 

sogno del quale si alimenta tanto da non poter dire spesso con certezza quale sia la linea di 

demarcazione tra realtà e finzione. Si penserebbe a questo punto che il tema del tempo 

possa essere altrettanto centrale in questa silloge di poesie dove, pure, si ravvisa un 

profondo animo cristiano, ma in realtà il concetto di tempo è ristrutturato da Serino in

maniera meno pratica, in chiave esistenziale, come costruzione della mente umana che 

però risulta avere poca rilevanza nelle elucubrazioni di una mente particolarmente attiva.

Il sogno, l’onirismo e il surrealismo (citato anche nel momento in cui viene nominato il 

pittore catalano Dalì) sono il nerbo fondamentale della silloge dove il trasognare ne 

identifica l’intero percorso di formazione e conoscenza. Non è un caso che in copertina 

si stagli un albero frondoso e, dietro di esso, uno scenario meravigliosamente pacificante 

di un cielo verde-azzurro tipico di una aurora boreale che fa sognare.

Dal punto di vista stilistico Serino predilige un’asciuttezza di fondo per le sue liriche (molte 

di esse sono molto stringate se teniamo presente il numero dei versi), dove il poeta evita 

l’adozione delle maiuscole anche quando queste dovrebbero essere impiegate ed ogni 

forma di punteggiatura, quasi a voler rendere in forma minimale il pensiero della mente proprio 

come gli è scaturito.

Contemporaneamente il lessico impiegato è fortemente pregno di significati, spesso anche

molteplice nelle definizioni, ed esso ha la caratteristica di mostrarsi evocativo, più che invocativo

(anche se alcune liriche di invocazione sono presenti) o connotativo.

Sprazzi di ricordi salgono a galla (“in sogno sovente ritornano/ amari i momenti del vissuto”, 39)

ma questi non hanno mai la forza di demoralizzare l’uomo o di affaticarne la sua esistenza poiché

c’è sempre quella “comunione col sole” (47) che dà forza, garanzia e calore all’uomo che sempre

ricerca risposte su sé, Dio e il mondo.


Lorenzo Spurio

Jesi, 28-10-2014


http://l.facebook.com/l.php?u=http%3A%2F%2Fblogletteratura.com

venerdì 16 dicembre 2022

L'età spavalda



il volo degli aeroplanini

con su scritte indecenze o

un candido complimento

e la destinataria avvampa

dal primo banco c' è chi lascia

cadere la penna

per guardare le mutandine della prof

poi fuori come scalmanati allo

squillo della campanella

e ahi ci scappa l'occhio pesto

innato senso 

di rivalità tra bulli

per una bocca di rosa

martedì 13 dicembre 2022

La vita scorre



la vita scorre

e quel senso

sempre del fugace

in ogni cosa



ma il mare

il mare è nel cuore di Odisseo

che si interroga

a specchio del cielo



l'uomo

è per la meraviglia 

lunedì 12 dicembre 2022

Pilato

 


oggi Cristo potresti vederlo

su un barcone tra gli emigranti

o al valico di frontiera

portando insieme a loro la croce


come in un sogno atroce

vedrai pilato distogliere lo sguardo

dalle purulente piaghe


ci si dovrà aspettare forse 

discendano gli dei

su un mondo malato?


11.12.22

domenica 11 dicembre 2022

Anelito



(sfogliando Salgari)



quella porta che apri sull'infanzia

ha gli echi del mare e il caldo

rovente di scogliera 

che ricorda

il tuo passo inquieto ribelle

i tumulti del sangue



resiliente

come l' insonnia della vela

per il buonvento

sabato 10 dicembre 2022

Ladro di parole

 


Francesco Marotta

 







Francesco Marotta è nato a Nocera Inferiore (SA) l’11 marzo 1954. Laureato in Filosofia e in Lettere Moderne, insegna Storia e Filosofia e risiede in provincia di Milano. Ha tradotto Bachmann, Bolaño, Bonnefoy, Char, Celan, Jabès, Sachs, Bergeret …

Suoi testi sono apparsi nelle riviste: “Il Segnale”, “Dismisura”, “Anterem”, “Convergenze”.

(...) Francesco Marotta gestisce il blog di letteratura e poesia più ricco e curato della rete, La dimora del tempo sospeso.

.


Fino all’ultima sillaba dei giorni 

(da Hairesis)


scrivere è un destino covato dall’ombra delle ore

la spina amorosa di chi non lascia niente alle sue spalle

perché essere cenere, sostanza di vento

è inciso da sempre a lettere di fuoco

nelle pupille dei segni che trascina – un canzoniere

infimo, un breviario di passi senza orma

tracima sillabe d’innocenza e memoriali di sabbia

dalla brocca silente che disseta il labbro,

quando parole malate d’aria si staccano dalle mani

precipitano nell’impercettibile abisso

di una pagina –

scrivere è un’ora covata dal destino

la spina che costringe il corpo in reticoli d’albe in piena notte

e punge fruga ricuce orli slabbrati lacera la carne

fino a che sanguinano anche i sogni,

fino a che l’immagine fiorisce in echi di sorgente

gli alfabeti rappresi dentro un grido


(sono queste le voci che mancano a una pietra

per sentirsi un arco lanciato verso il cielo,

sono questi gli accenti

che scortano il seme alla sua tomba di luce – al precipizio ardente

dove la morte è presagio di stagioni,

oracolo dei frutti e del ricordo)


***


da Esilio di voce


scrivi strappando chiarori di pronome

dalla voce la luce malata

che s’innerva

al rantolo di un verbo scrivi

con lo stilo di ruggine che inchioda

l’ala nel migrare anche la morte

che sul foglio appare dal margine

di sillabe di neve s’arrende alla caccia

al sacrificio necessario

dell’ultima lettera superstite


*

ci accomuna la conta differita dei morti

la mano adusa a separare codici e correnti

dal gorgo dove si adunano le ore

indicibile chiusa

di apocrifi in sembianti di volti

di giorni in forme declinanti

di parole


*

come questa luce di specchio

quando raccoglierla è già spreco

di fulgidi rosa un chiedere al sonno

gli spazi

intagli per minimi azzurri

l’abuso di crescere che sia privo del prima

mutilata la mano da una lama

d’inchiostro

che trema sul foglio


*



Riferimento:

https://www.carteggiletterari.it/archivio-regionale-della-poesia-meridionale-dal-secondo-900-ad-oggi/mappatura-dei-poeti-campani-dal-secondo-900-ad-oggi/francesco-marotta/

venerdì 9 dicembre 2022

Oltre lʹesilio di Felice Serino letto da Angela Greco AnGre


Autoproduzione che raccoglie liriche del 2020, questa nuova raccolta di Felice Serino è una conferma, come già sottolineato anche nella Prefazione, dei temi e ancor più delle presenze care a questo autore, con uno sguardo alla realtà che fa ben sperare per il lettore. Cʼè vita, cʹè sentimento e cʼè voglia di vivere ogni momento, positivo e negativo, interrogandosi, soffermandosi, riflettendo su ogni dettaglio, ogni incontro, ogni situazione, giungendo con un linguaggio preciso, mai lasciato al caso o al desiderio di mettersi in mostra, dedicato con accuratezza. 

Il trascorrere del tempo avvicina il poeta a temi esistenziali inevitabili; ma Felice Serino è capace di portare al lettore gli argomenti con quella grazia che è propria di chi ha consapevolezza della grande tribolazione e sa bene che la Poesia è onestà e che con essa non si può barare. 

Nello scorrere delle pagine s´incontra il quotidiano, nel quale anche un percorso in autobus diviene occasione per riflettere materialmente sulla poesia, su questa compagna che custodiamo e che ci custodisce e che affiora nei momenti più inattesi per svelarci qualcosa che era sfuggito. E in questo fluire di versi affiorano i maestri, le passioni, le curiosità che hanno alimentato la fucina della scrittura e ai quali lʹAutore non manca mai di tributare componimenti; un personale pantheon reale-sentito nel quale il poeta vaga e raccoglie frutti da donare a profusione, perché “lʼuomo / è per la meraviglia”.


[Angela Greco AnGre]


*


Felice Serino è nato a Pozzuoli nel 1941. Autodidatta. Vive a Torino. Copiosa la sua produzione letteraria (22 volumi di poesia e numerosi e-book); ha ottenuto importanti riconoscimenti e di lui si sono interessati autorevoli critici. E’ stato tradotto in otto lingue. Intensa anche la sua attività redazionale. Gestisce vari blog e siti.


*


Estratti da Oltre l’esilio di Felice Serino 


Nella prima luce

.

ci accorgemmo che non siamo

esistiti che nel pensiero

.

è la mente che crea – essa si

materializza in ciò che vuole

.

nel grembo del cielo fu l’immagine

del primo uomo che

Dio sognò nella prima luce


~


Da un altrove

.

e tu a lumeggiare le mie sere

anima di candore e di sogno

.

si fa conca il cuore

ad accogliere

dei versi dettati da un altrove


~


Il dopo

.

ci aspetta sempre

un dopo: il di là

da venire

.

aria di nuovo aleggia

negli occhi – che ci

sorprenderà – e

.

ancora non sappiamo se

croce o delizia


~


La vita scorre


la vita scorre

e quel senso

sempre del fugace

in ogni cosa


ma il mare

il mare è nel cuore di Odisseo

che si interroga

a specchio del cielo

.

l’uomo

è per la meraviglia


.

https://ilsassonellostagno.wordpress.com/2022/12/09/oltre-lesilio-di-felice-serino-letto-da-angela-greco-angre/

Il ciliegio



(in memoria di A.)


ad ogni morte c'è resurrezione


primavera: davanti casa il ciliegio 

è fiorito - tu aleggi

sopra la tua morte apparente


9.12.22

giovedì 8 dicembre 2022

Alzheimer



la memoria s' è addormentata nell' anima -

la memoria che come un fuoco inestinguibile

ti faceva dire io sono



ora non sai più chi sei

e perdi la strada di casa



giorni e notti attraversano

le tue ossa e

la tua voce si è rotta nel vento



e se al mattino tì sporgi dietro i vetri 

è per vedere solo ombre o fantasmi

come in un sogno ininterrotto

martedì 6 dicembre 2022

Immortalare



immortalare il momento - la 

foto è sfocata


immagine 

scivolata nel gorgo del tempo


così di te: appesa 

all'attimo 

dietro l'occhio un'ombra stampata


5.12.22

lunedì 5 dicembre 2022

Come entrare nel dipinto





cavalcare onde irrazionali

di nonsense onirici

come entrare nel dipinto e

vedere da una nuova

angolazione ri-creata dall' occhio

il confondersi del sangue coi colori

domenica 4 dicembre 2022

Ispirazione





cos' è l' ispirazione se non 

un qualcosa che urge nel sangue

prima di vedere la luce



una folata di vento

e sei il vento

una vampata di fuoco e sei il fuoco

-con spasimi d' anima vivi le cose



parole come lacrime

cadono dagli occhi della mente

solo qualcuna 

preziosa si posa

ai piedi dell' angelo



sul bianco immacolato del foglio


sabato 3 dicembre 2022

Il poeta-eroe contemporaneo in “Un dove di trasparenze” di Felice Serino

 




(a cura di Sabrina Santamaria)


La ricerca spasmodica della luce è una costante di Felice Serino; il panteismo è un afflato

che lo rende originale come se la seconda variabile (panteismo) fosse direttamente

proporzionale alla variabile indipendente (la luce). L’effabile “volo di Ulisse” tra gli amabili

versi di Serino solleticano il desiderio di evasione di ogni comune mortale che percepisce

dentro di sé un macigno piuttosto del cuore, infatti affrontando le problematiche quotidiane

un uomo o una donna si trasforma in un eroe/eroina della contemporaneità. Il nostro poeta

si esprime in modo chiaro, non si avvale di uno stile ricercato, questa credo sia una sua

caratteristica poetica infatti questa è una delle motivazioni del titolo di questa raccolta

poetica. Un aggeggio trasparente ci dà la possibilità di guardare il mondo esistente al di là

della trasparenza, ma ciò costituisce un punto di forza o debolezza? Forse un orpello

trasparente non è appunto inutile? Oppure ciò che traspare suggerisce anche una certa

idea di limpidezza che un medium troppo artefatto non può fornire in quanto illusorio? I

testi poetici del nostro autore mettono insieme l’utopia della chiarezza; i sentimenti e le

emozioni pullulano fra le sue riflessioni, a volte tristi, a volte malinconiche o ironiche. Le

espressioni racchiuse in “Un dove di trasparenze” si accordano con tonalità pacate che

donano ai lettori sensazioni serafiche di estasi mistiche, l’attaccamento di Serino alla vita è

a dir poco profondo giacché l’amore per la luce si estrinseca nell’imprescindibile culto

divino in nome delle istanze vitali che il nostro autore venera al canto delle sue Muse

ispiratrici: “La morte ti cerca? /Uscito dal guscio tu sarai altro”, << mi “nascondo” nel corpo/

da me emergono alfabeti afflati/ enunciate sillabe>> questi versi costituiscono un lodevole

canto alla speranza di una rinascita, badi bene il lettore che sperare un’alba non equivale a

illudersi come un prigioniero che agogna la sua libertà, in guisa della tempra coraggiosa

del nostro autore possiamo sostenere che egli è un Ulisse dei nostri tempi perché sa,

nonostante tutto, ben sperare quindi la sua armatura è composta da una spada, uno scudo

e un elmo ossia metaforicamente: la speranza, il coraggio e la poesia. Gioviali canti sono

accostati a inni malinconici però Felice Serino non si abbandona mai a sproloqui laconici

ovviamente chi si appresta a leggere le sue poetiche riflessioni potrà schiettamente

valutare che egli non è un letterato spartano dai toni rudi o aspri altresì il suo stile poetico

non può definirsi del tutto classico o classicista; i suoi versi hanno un patrimonio lessicale

colto, ma, allo stesso tempo, il nostro autore serba nell’animo la lodevole premura di farsi

comprendere da un target di lettori ampio e questo impegno che il poeta manifesta

dovrebbe essere inteso come un potenziale intrinseco che nel corso delle sue

pubblicazioni l’autore ha certamente concretizzato con grandi risultati e apportando un

profitto umano e di notevole spessore culturale. Felice Serino è un eroe del nostro periodo

storico perché si protende verso sentieri che altri intellettuali, per pigrizia o per inerzia, non

attraversano più, forse per timore di essere incompresi dalla massa uniformante che dirige

l’uomo verso un’unica dimensione (vedi “L’uomo a una dimensione” di Marcuse) tanto è

vero che l’umanità contemporanea è plasmata in un’amorfa intelligenza emotiva che la

disorienta fossilizzandola in un’esistenza sempre più reietta; “Un dove di trasparenze” è il

topos in versi in cui le insufficienze umane divengono palesi suggerendo l’idea di una

libertà di espressione ancora oggi carente cioè la possibilità di poter raccontare i drammi, i

dubbi, le angosce e le perplessità che pesano come carichi insormontabili nella mente

umana soprattutto se non impariamo a saper comunicare e a saper dialogare

condividendo con l’altro le nostre paure e anche in questa nuova chiave interpretativa

l’eroe-poeta(in questo caso il nostro Felice Serino) assume connotati di una persona che

tenta di elevarsi con l’ausilio della forza del grafema-fonema che rende liberi. L’eroe

contemporaneo non rimane scevro dalle problematiche quotidiane, ma è colui che le vive

metabolizzandole e affrontando le paure di ogni giorno quindi attraverso la presa di

coscienza delle proprie debolezze ogni uomo può fortificarsi rigettando l’idea pietistica che

causerebbe il nichilismo dell’Io purtroppo già reso vulnerabile da alcuni contemporanei

fattori etico-sociali. L’Ulisse dell’Odissea di “Un dove di trasparenze” vuole tornare a

un’Itaca interiore, senza confini, ecco la ragion per cui il “dove” del nostro poeta è utopia e

allo stesso tempo ucronia perché il naufrago interiore cerca la regione o il porto

(definizione di Kurt Lewin) sicuro nelle sfere più recondite di un Io che troppo spesso si

smarrisce e brancola nell’oscurità; per venir fuori da questo tunnel la poetica di Felice

Serino verseggia fra i fotoni di una luce ontologica e teleologica che ha un grande impatto

in ogni lettore assetato di una via che possa donare le coordinate per un’isola ancora da

scoprire, individuare i significati nascosti in “Un dove di trasparenze” ci farà valutare la sua

fatica letteraria come un’ opera molto attuale e giammai obsoleta.


Sabrina Santamaria

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https://versospazioletterarioindipendente.wordpress.com/2020/02/12/il-poeta-eroe-contemporaneo-in-un-dove-di-trasparenze-di-felice-serino-a-cura-di-sabrina-santamaria/

venerdì 2 dicembre 2022

Mare aperto

 



ho un posto dove andare -che 

mi aspetta-

a cui fanno eco non sirene ma aneliti

dove 

nella morte apparente

spasima la composizione della luce



ho un luogo che 

mi aspetta: come andare in mare aperto

con la bussola del cuore

giovedì 1 dicembre 2022

Candido


ti senti


come una barca nel bosco

un marinaio col mal di terra


non sei di quelli che 

saltano la cavallina

ti levi al canto del gallo

un brodino a sera

per scaldarti le ossa


una frase tagliente

ti scivola addosso

non sanguini


1.12.22