Cesare Pavese
Tu sei come una terra
che nessuno ha mai detto.
Tu non attendi nulla
se non la parola
che sgorgherà dal fondo
come un frutto tra i rami.
C’è un vento che ti giunge.
Cose secche e rimorte
t’ingombrano e vanno nel vento.
Membra e parole antiche.
Tu tremi nell’estate.
ALFONSO GATTO
Fernando Pessoa
Ma,
senza saperlo,
ero di più.
Ma io, sempre estraneo,
sempre penetrando
il più intimo essere della mia vita,
vado dentro di me cercando l'ombra.
Non sono d'accordo con me stesso,
ma mi assolvo.
Benedetti siano gli istanti,
i millimetri,
e le ombre
delle piccole cose.
Lalla Romano
È donna
È donna l’erba,
che sotto la falce
s’affloscia e cade.
Donna è la vigna,
saccheggiata nel sole,
calpestata e spremuta.
Donna è il campo,
dove l’aratro affonda,
che s’imbratta di seme.
Donna è il mare,
perpetuamente vergine e infecondo:
donna è sterile luna, informe nube.
(da “Costellazione parallela. Poetesse italiane del Novecento”, a cura di Isabella Leardini, Vallecchi, 2023)
Cesare Pavese
L’amore disperato verso tutte le cose
Ascolteremo nella calma stanca
la musica remota
della nostra tremenda giovinezza
che in un giorno lontano
si curvò su se stessa
e sorrideva come inebriata
dalla troppa dolcezza e dal tremore.
Sarà come ascoltare in una strada
nella divinità della sera
quelle note che salgono slegate
lente come il crepuscolo
dal cuore di una casa solitaria.
Battiti della vita,
spunti senz’armonia,
ma che nell’ansia tesa del tuo amore
ci crearono, o anima,
le tempeste di tutte le armonie.
Ché da tutte le cose
siamo sempre fuggiti
irrequieti e insaziati
sempre portando nel cuore
l’amore disperato
verso tutte le cose.
Cesare Pavese ( Il mestiere di vivere: Diário 1935-1950)
Bruno Lugano
(da Facebook)
12/11/2004
Da fanciullo mi sentivo bene solo come re,
e ogni scena nel cuore ricopiava una reggia,
ogni alone dei nervi una cuccia tranquilla,
elevava il pensiero alla monarchia dei sensi.
Vivo sulla memoria delle ansie originali,
su castelli di nebbia rivestiti di sguardi,
visioni di dolcezze murate in educazioni incarcerate.
Nelle forme private delle visioni circolavano affetti solitari,
razionalità calde e severe di astinenze d’amore.
Ricordo le prime intimità delle impressioni con se stesse,
dolci insonnie giovanili immortalate dalla notte,
e valli volanti che costituivano il seno del cielo.
Però la gioventù eterna ha caratteri imprendibili,
e mille sogni per costruire una sola parola.
Al mio cuore innamorato regalo mille cuori distanti dal bucato.
Credo che nel cielo ci sia una persona che volteggia,
virtù spasmodiche nel rosa generale del cuore,
nelle normalità di latitudini ritardatarie.
Dio appare come aria del mondo,
più aria del cuore,
nei sedimenti invisibili delle fiducie rielaborate dalla fede.
Dal guazzabuglio delle inutili emozioni si erge una identità totale.
Le mie agonie infantili hanno trovato una patria materna,
Non serve nemmeno un alito di intenzioni ormai,
perché è in me, vasto come la beatitudine,
qualcosa di intramontabile,
per allungare il verso.
Dio può fare dei nostri profili randagi
una congrega di luci associate.
.
Poesie di Donatella Pezzino
Potresti
Potresti attutire il rumore che faccio
cadendo; con le mani invece
rabbocchi quello che non manca
e mi peschi a caso
dal sacco delle foglie. Ho voglia
di liquirizia: ma non ricordo più la strada
che porta alle tue tasche. Sotto la lampadina
a risparmio
si diventa letargici, ragionando d’uva buona
e del mare sotto i treni e delle lenti da lettura
che ti sperdi per casa. Fuori l’ autunno
ostenta certi fiori piccoli
che quando li calpesti fanno un silenzio
odoroso e impotente; ma tanto, mi dici,
verrà la pioggia a lavare via
la terra nera dal mandorlo
.
Linfa d’autunno
.
Foglia sgualcita, trasvolo lungo il fiume
dove l’acqua
ha le tue braccia, e un retrogusto
di lacrime mentre mi accoglie. E’ lo stato larvale
della farfalla che rientra nel bozzolo, e che s’appaga
d’ovattato niente, rinunciando alle ali che ha bruciato
tra il calore del grano maturato al gelo
e il profumo struggente di un giorno che non torna
.
Quando le ali cadono lasciano erba
smossa, e vuoti carichi di braccia
respirate nel punto esatto dove le mandorle
e i crisantemi si sfiorano, e si pensano uguali
tristemente
per aver dentro qualcosa
di bianco, quasi un vellutato
pianto
e non saperlo ricordare.
.
Ho amato
come si amano gli angeli: a metà. Un’ala spezzata
ha fatto da cornice. Forse avevo paura
di rimarginarmi presto – ed era terrore, il mio –
o forse temevo il logorio dei passi
su quel lungo tappeto disteso
fra la follia e l’abbandono.
.
Lentamente
Sola. Sono la piccola solitudine dei fiori
quando non trovano il vento alla giusta latitudine
da potersi dire carezza, olfatto, tintinnio di bicchieri; sono
la pioggia che guarda gli uccelli sotto la gronda
senza potersi fermare. Da questo cielo
continuano a passare
voli
mentre io continuo a cercarti a ritroso
seguendo il calco delle mie ferite.
Estate 1979
.
Quello che so
Non importa
se un fiore che appassisce fra le pagine
lascia un’ombra inodore che non scompare
se siamo tutti
strappi deliranti, nella tela antica
che un male oscuro corroderà in eterno
clandestini a tempo
in questa strana osmosi
fra l’infinito ed un pugno di terra
ti ho perduto,
è quello che so
e tu, caldo rifugio
odoroso di talco e di carezze
sei diventata il gelo di un vento che soffia
tutte le volte
che un angelo piange
2013
.
Non parlatemi
Il mio pianto è una strada che non conduce,
il mio bambino un fiore sparpagliato a terra.
Non parlatemi di angeli oggi,
né di quante volte io debba pregare.
Ho schegge sulla lingua che mozzano le parole
e odori di sangue che piantano radici nel mio orto.
Nell’aria che brucia seccano seni e fontane
ma non ho mai avuto tanto freddo come adesso.
2017
.
Samovar
Mi spezzo
proprio ora che il vento si ferma:
ed è una morte
gentile, dove trapassano
i sogni, le rose, e le cose
perdute
che vedo solo io; e dove
amore
è un modo come un altro
per chiamare la solitudine
.
Non ti ho comprato le gerbere.
“Abbiamo colori bellissimi,
oggi” diceva la signora dei fiori.
Colori. Bellissimi.
C’era un azzurro
che tremava nelle ossa: inverno
e rimpianto. Giallo il polline
che il vento portava lontano
tra gli aranceti e il mare; dove la vita
ti urla negli occhi. E sotto
l’erba,
petali ancora freschi
che nessuno ricorda: il viola
delle cose non colte.
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Donatella Pezzino, storica, scrittrice, autrice di testi poetici e recensioni. Si occupa di storia religiosa, storia e letteratura femminile, teologia cattolica, poesia, archeologia, arte cristiana, storia della Sicilia. Sue pubblicazioni e ricerche sono presenti su Academia.edu, oltre che su riviste storiche e letterarie. Collabora con il sito di attualità “Alessandria Today“. Sul blog del collettivo “Bibbia d’Asfalto“, di cui fa parte dal 2013, tiene la rubrica “Caffè letterario” sui poeti italiani dell’800 e del ‘900.
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https://donatellapezzinosicily.wordpress.com/
https://www.giardinidipoesia.it/
https://stanzadeglispecchi.wordpress.com/
Poesie di Giovanni Perri
Uno che passa ride, ed apre il cielo;
santo e demone col cuore intrecciato
a una sua tutta piovosa malinconia.
Sapergli il nome e la ferita, farlo cadere
nell'ago di aprile come un sogno.
Ecco con quale leggerezza il vento
spiega un suo lucore alla notte,
come gli riempie l'occhio la perla lunare.
Inganno adulto è questo non sapere
da quale feritoia cadrà la mezzaluce del giorno
e dove infine apriremo al dolore la voce.
.
Avevo preso tutta l'acqua del fiume.
Il bicchiere era sul comodino
insieme ai libri al termometro a una
piccola macchia di sole wengè.
Come un dio avevo esclamato
nella lingua sonnolenta dell'acqua
e ogni mio giorno era finito dentro
quel fondo dal quale bevevo
come da una delle 7 opere.
Ma dentro, soldati e cavalieri e angeli dalle ali plananti, residui e residui di luce
dentro ancora io era senza orizzonti, senza lamenti di navi greche o fenicie, pensavo un uomo in sè totale, del tutto assente, del tutto chiuso in un suo mondo ulteriore
mentre dai labbri mi cadeva un albero maestro. ~Erano l'onde
e le voragini buie
e gli abissi labirinti a risalire
da tutti i miei mari
mischiati.
E invece con che suoni
dalla finestra il giorno
pieno di geometrie
nell'azzurro ignaro
cantava.
.
Viene il pensiero di perderti talvolta
la sera è un posto girato nel sonno
stare di guardia fiutare come
dal picco di una brace la tua cena.
Ma non lo caccio, gli tocco l'osso
del gomito, gli faccio fare il giro della casa
prima che dica è tardi vai a letto
e così vado
a sedermi nelle sue occhiaie di marmo
nei suoi capelli così pieni di cavalli e canali
e penso che il tempo non passa, solo
ascolta gli spigoli e le buche
tiene girati i polsi sulla fronte.
.
Andiamo per similitudini, e sembra quasi di sentirci
in questa cosa che appena ci somiglia se ne va.
Pellicola del sogno, mia pellicana dolcezza
lasciati incorniciare da uno sguardo
di pietra viva, fatti gettare da Pirra e da Eucalione
nel mio cuore di latte e cemento e aspettami,
io sono il tuo medesimo furto di occhi e di lingua
nell’ora che agguanta e moltiplica ogni anelito andare,
lasciati nominare miscuglio di ferro e mistero
nel mio ottobre di addii smisurati
e piegami e svolgimi e ripetimi
del padre e della madre l'identica luce
che accende parola e rivela.
.
I° maggio
Attorno era la festa dei morti bruciati
un riapparire dentro le forme del fuoco
ma sempre da un angolo nuovo
e ognuno aveva addosso la sua sagoma
e c'era sempre quel numero mancante,
col pugno alzato sul fumo, a cantare.
.
Lettera ad una madre
E’ tempo di comprendere
che siamo qui a dividerci il pane:
scendo per dirti
che sono capitato per caso
e non ho ancora un nome:
qui si parla di niente
e la sera si contano i topi
ma in compenso non si vive male,
la gente passeggia e
sorride, una ragazza si sente chiamare.
Saluto te, madre
che mi hai girato le spalle
dicendomi di andare
in ogni porto
pregando
ed io per ogni porto
prego
l’insurrezione e l’amore,
ma sotto ho questo muro
impregnato di urina
e mi gira la testa:
sto con questo animale
e non parlo da giorni,
sento pian piano morire
anche il lamento del mare.
.
Senza titolo
Impressioni
volano foglie d’oro, è il giorno degli avanzi di febbre,
qualcuno posa le buste pesanti sull’asfalto, respira e riparte
portando con sé una scia di ricordi.
In alto danzano i lampioni,
sembrano corpi condannati a resistere
più che luce, lividi, persi nel tempo, sopra il primo strato del tempo.
La sera ha questa pelle spessa
un taglio che non sanguina
una scritta sul vetro appannato, forse
questa è la vita, dico,
un rumore lontano, qualcosa che sai
sta nascendo.
.
Melancholia
li morti tra li vivi s’assecondano:
si toccano le schiene stanno muti
ne li occhi rimestano paura
e paura li mangia
per fame, poco a poco:
ma i morti sono morti di luce, ché luce acceca l’occhi e sfibra
e parola s’accampa
legittima resa;
e più di tutto pesa
del cuore allegrezza
che è misura d’inganno e offesa.
.
Vorrei veder tramontare ad oriente
sul breve canale delle canne addormentarmi
sopra una scia di spari cacciatori
fuggire gli alberi a ritroso
e la notte incendiaria sentire
l'annuncio dei cani arancioni
vorrei nascondermi nel fieno di maggio
nell'ampia volta del cielo che pende
sorridere per un ricordo
invertir l'ombra mia stessa
di lividi e dimenticanze
e d'anni che non ritrovo più.
Ma d’ore numinose è fatta
l’anima mia riflessa e d’archi e frecce,
portami il cuore nella luce a planare
sopra un acquaio di malinconie
saltami allegramente sulle sponde
della mia vena d’oro e scrivimi
col vento ogni ferita
degli occhi e della lingua
io ti sono nel canto padre e figlio
e fratello dei cocci lunari
allora fammi terra
fammi profumo di terra e di stalla
oppure scovami nella campagna ramata, raggiungimi
fin dove tocca l’erba la parola
e non v’è peso
né formula dei miei destini accumulati.
.
Giovanni Perri (da Bibbia d'asfalto): https://poesiaurbana.altervista.org/author/giovanni-perri/
Il lettore deve sapere, leggendomi (leggendo questa non-biografia dalla quale estrapolo che nasco a Napoli e ci vivo col pregio d’arricchirmene fino a smarrirla) che un po’ della mia poetica (ammesso che sia tale) risponde al desiderio, non del tutto cosciente, d’allargare il mio ipotetico dolore, la mia svagata gioia di vivere, e tutte le mie infinite miserie, ai piani più alti del sogno e della bellezza. Ogni poesia è un’occasione di sogno e di bellezza. E la bellezza è un lavoro paziente di scavo. Io sogno di essere archeologo e scultore: levigo negli affanni e a volte mi trovo a scoprire che la vita è un’invenzione stramba dei poeti che tutto sanno fare fuorché vivere.
(...)
Poesia mimetica e riflessiva, umbratile, ritmica, geometrica; poesia lunatica, ingenua, scenica (mi piacerebbe fosse, se fosse veramente, poesia) la mia.
Scelta di poesie di Angela Greco AnGre
Scelta di poesie di Silvia De Angelis
COMPARSE ENIGMATICHE
Giocano utopie di fiati ammansiti
nel moto effervescente di ragione
stondato da sintonie in contrasto.
Ingombranti macigni di piombo
accumulati nella stiva del pensiero
accentuano l'elusione d’ingaggi surreali.
Si mescolano a comparse d'amore che vanno e vengono
per poi dileguarsi nel nulla.
E’ in quel nulla che si perde il palmo della mano
inclinato di volta in volta in docili carezze
complici di profondi tessuti raddolciti da sguardi emotivi
rapiti da un silenzio sovrastante le stagioni
capace oscurare il tempo del sole...
@Silvia De Angelis
.
VICINISSIMA
Quasi lacero
papavero
creatura asettica
friabilissima
d’un volo sgualcito
su argute dita di vento.
Assenza totale d’impeto
nell’enorme franchigia
dovuta alla natura.
Solitudine in spicchi di sole
nel vuoto che non è confine
ma il piegarsi
a una ragione inamovibile
disarticolata
alla pochezza inflitta…
vicinissima alla mia cattedrale
ove non rivolgo prece….
@Silvia De Angelis
.
https://quandolamentesisveste.wordpress.com/
.
BELVEDERE DEL MATTINO
Ambiguità d’un dire giornaliero
erede d’un girone dantesco
esprime ombre di confine
su un vero dissociato dall’essenza.
Scaglie ingannatrici
e sfondi surreali
dilatano a forza l’entità d’immaginoso
scivolato su un’insensata deriva.
Si fa forte un’arte provocatoria e insistente
dedita a pregiudizi e finzioni
che irrompono nella loggia più intima
scomponendone l’originaria l’identità
sul belvedere del mattino.
@Silvia De Angelis
.
PERFETTA MECCANICA
racchiusa nel perimetro
d’un estro personale
mosso da eventi inaspettati
a cui assoggettare il pensiero.
Si scivolerà
senza rumore
sulla linea del tempo
ignorandone gli oscuri echi.
Resi lucenti da un’accentuata suggestione
annulleranno briciole d’ombra di luna
sospinte dal soffio d’una presenza interiore
vacante nell’immenso infinito
@Silvia De Angelis
.
https://deangelisilvia.blogspot.com/
.
LA DESTINAZIONE
Nelle pulsazioni d’aria metallica
spulcio il tuo dire silenzioso
inteso come una sberla alla vita che accade.
Affilo gli occhi in caduta libera
sul tuo ego riciclato
da una quasi ibernazione voluta.
Gazzelle si muovono velocemente
fuori del muto dogma
senza raggiungere la traversa
che ti attraversa..
proseguono imperterrite la corsa
mutando destinazione….
@Silvia De Angelis
.
SIGNIFICANTE AFFINITA'
Insistente
si posa
nel mio segreto
il tuo affascinante vociare
racchiudendo
"inaccessibile memorandum"
Dischiuso
sfiora
magica
indissolta affinità
come seducente amante
che nel vuoto
accarezza
avita simbiosi con te...
...spezzata da un ambiguo tuffo
in un lago di cenere
@Silvia De Angelis
https://deangelissilvia.blogspot.com/
.
Biografia di Silvia De Angelis
Amante di versi dell’immaginoso nasce a Roma Silvia De Angelis, sempre invogliata dal contatto con la gente per il suo carattere estroverso e comunicativo.
E’ affascinata dallo scrivere liriche e dopo un inizio poetico rivolto a elaborati dai toni “scarniti”, cresce notevolmente, modificando lo stile e delineandone il fascino, con scritti più congrui e completati da una struttura più armoniosa.
Gioisce al contatto con la natura, in tutte le sue manifestazioni, dedicandole svariati elaborati poetici, in particolare, un volume, completamente riservato agli animali “CONOSCIAMOLI MEGLIO”.
Ne pubblica poi un secondo, intinto in variegate sensazioni dell’anima “CORALLI DI PAROLE INTAGLIATE COL FIATO” in cui si sofferma volutamente su tratti d’inconscio.
Ancora un terzo libro, stavolta in vernacolo, dedicato alla tradizione della sua città nativa, Roma, dal titolo “’N’ANTICCHIA DE’ ROMA MIA”.
Infine altri due libri di poesie variegate “INGANNI TRAVESTITI D’INCANTO” e “SCREZI NEL VENTO”.
Pubblica i suoi elaborati su siti virtuali, partecipando alla loro vita ed apprezzando notevolmente le opere di altri autori.
.
Notizie tratte da:
3 poesie inviate da Fernanda Ferraresso
aveva barbe lunghissime
la notte stanotte
e bargigli di luci insopportabili
il corpo della storia a pezzi lungo un fiume di fiamme
e la memoria come profondissime incisioni nella roccia
sulla superficie ruvida del volto degli uomini
niente aveva più un posto preciso
la lingua era un involucro vuoto
e la parola un frantoio senza macine di pietra
si era sedimentato il mondo
tutto era residuo dentro un minuscolo
guscio di voce
*
le mura mi ricordo
gli odori rinchiusi
oltre le porte le chiese sature di incenso e fiumi
fiumane di odori
per le strade di portici in corsa
erano scritture di un periplo lucente
l’oro delle mie giornate
da cui fu tolta giorno dopo giorno luce e
una guerra un poco per volta scoperta
dentro lo scorrere del tempo e lungo il filo
teso dalla Moira s’insediò dentro la pietra delle ossa
mutando la mia mente e la mia sorte.
Vinse alla fine il nome della morte
senza gloria e oscura cresceva come l’erba di ogni prato
l’orma di ogni passo.
*
chi sa
se si ferma sotto le nuvole o dentro
quei morbidi covoni di nebbia negli alti accumuli di pioggia
non ancora seminatasi in terra
si spoglia cedendo al vento ogni meraviglia
perché forse è così che poi
la parola perduta si ritrova e disegna
i prati con tutti i suoi pastelli e nel mortaio delle voci
caricando i pestelli dell’aria ingiallisce le foglie
incenerisce noi con i suoi draghi e le locuste
su tutto fa cadere la neve in tocchi di bianco ogni cosa sbranando
ogni cosa cancellando.
Chi sa se invece è come gli uccelli e si fa il nido sui rami più alti e poi
migrando in altra terra depone le sue uova sopra la testa di chi non parla la sua lingua.
Non ancora parola ma guscio di un calcare uguale all’osso
detta a ciascuno qualcosa e già dentro la bocca
lenisce del suo olio o ferisce di punta quel suo buio in chiaro
per troppa esibizione per non mancare che di rado la sua preda.
.
fernanda ferraresso
3 poesie per felice serino (e-mail)
.
Altre poesie di Fernanda Ferraresso
in ogni respiro sommerso un mondo
monologa tra le celle porpora una lingua
che scrive e un'arca azzurra impronta
tra lo squero dei polmoni e gli attracchi degli alveoli
ere di fotoni quanti di cosmologiche invasioni
residenze di polveri e spore
batterie di originali frequenze musiche
sonorità dei diari dove l'universo si compone
abitandoci
in continue manutenzioni di variabili
in scritture e palinsesti di morfologie invisibili
franando e ribaltando i suoi crinali
in inedite scritture
valichi innumerevoli di incessanti meraviglie
f.f.-SCRIVERE IL GRANDE VETRO
.
una notte di opale
liscia la parete del cielo un azzurro senza gradini
o balconate di nuvole
l’infinito una lisca grigio azzurra di confine
dove tutto precipita in mare o
in un enorme campo di schiume
e attraverso il profilo del vento scivola
su un immenso
vetro sporco di addii e assenze
non canti non segnature
nulla è tangibile e si è
immersi
una pozza intraducibile
irreversibile un brodo quantico
in cui tutto fluttua espandendosi e contraendosi
tra vita e morte come dentro una placenta inquieta
si propaga e poi si rompe come un lungo budello
da cui entrano le stelle e suoni che sono solo vibrazioni
evasioni di diapason balistici che tratteggiano il cammino
di arcipelaghi di galassie quasar onde di materia e non
materiali d'eco scandagli luminosi tra frasi di buio e monolitiche
evasioni di spore a cavallo di meteo-riti
smaltati di vuoto adamantino nuovo zecchino l'indicibile
racconto di un neutrino in cerca di una culla
tra incredibili elogi di particelle e atomiche di energia
gravi danze nel grembo dell'origine al centro del pozzo
un cristallino limpido
tuo occhio o
un cratere della luna in un mare di immenso
dove nel vacuo una notte si tuffa nell'opale delle lacrime
come da un balcone sul mare
come nel più fecondo oceano di fiabe
in un teatro di voci
nelle trasparenze delle ere.
f.f.- SCRIVERE IL GRANDE VETRO
.
Dire dire
dire bisogna sempre dire
dire tutto scoprire scoperchiare
anche l’infamia e forse più spesso la fame
che ci assale e ci divora che ci inchioda
alla paura di dire dove sta
la bestia che rimpolpa
lo sterco delle nostre ossessioni
la paura del diverso il terrore malcelato dell’estraneo
la stoltizia che raccatta la sua stessa misurata menzogna
l’isola il cerchio l’isolata furia
il volto della pietra ingoiato da medusa
e il torto e itaca e i viaggi
avanti e indietro dentro gli inferni coltivati
notte e giorno a ridosso della parola che ci crepa
la bocca e il cuore straripati in densità d’ansia
senza argini l’empietà si commisura all’assenza l’avarizia
che non vuole
condivisioni con nessuno.
Dire dire dire
come a voler testare la capacità di fare resistenza a noi stessi
a quella immune fragilità che non smette di doppiarsi
moltiplicarsi ferirsi e chiudersi
diramando l’ultimo proclama di silenzio
sancito dalla parola
la parola mai pronunciata
l’ultima esclusa.
f.f.- da L’isola e il cerchio- Terra d'ulivi Edizioni 2022
.
Fernanda Ferraresso è nata a Padova nel 1954, dove vive e insegna in un Liceo Artistico. E’ curatrice responsabile del sito web Cartesensibili. In poesia ha pubblicato le raccolte: “Migratorie non sono le vie degli uccelli” e “Ombre come cosa salda”, (ll Ponte del Sale).
Poesie di Ezio Falcomer
Chele d'amore
Sequele di aromi
umori estasiati
tutto mi porta
il vento di vita
un flutto sommerge
miei malati sapori
le chele del tempo
brezze sciupano e faville
al macero di gloria
di boria ostinata
ma non il cuore che ama
singulti di stupiti cantori
si diramano a radure
e l'amore è ormai
mio vizio e mia aria.
(Ezio Falcomer, “La vita picara”, Lanuvio RM, Narrativaepoesia, 2010)
.https://www.accademiadeisensi.it/2012/10/chele-damore-ezio-falcomer-la-vita.html
Prego le muffe
Del mattino io studio la freschezza
e l’illusione, i promontori
di parole vane, la gloria degli uomini.
Della memoria i meccanismi
sociali. Chiuso qui in convento,
prego le muffe e i fantasmi
del cuore, degli ancestrali volumi.
Farnetico di spiriti, di oscuri
sacrifici, di frutta lavata.
Ho un’anima gentile e malata,
ho i piedi nudi. Orecchie da sbarco,
cervello svaccato, sogni. Ogni.
Zucche marce
A volte divento malato
e amo i suoni
della ferraglia arrugginita,
dei cavi del tram che starnazzano,
del fetore delle zucche marce.
Amo il silenzio
della folla distratta dai pensieri,
delle vetrine
imbambolate dall'attesa.
Divento così malato
che mi schizzo via
da ogni orbita
e il mio cervello
è solo pieno di solitudine
e formaggi stagionati.
E non c'è un giorno da passare,
ho solo bisogno
di parole acide e convincenti
e dell'eterno,
come di una coperta slabbrata.
Voglio cadere fuori dal tempo
senza dare nell'occhio,
facendo finta di sputare
contro il muro.
Sei l'albore
Sei l'albore,
Il turgido granturco,
la viscera innamorata
che mi conduce
al di là del male.
In te riposo,
gioia e tristezza,
indomito abisso
io cerco,
fine
del dolore animale.
Come un fiore,
farmaco
al mio essere scisso.
Sulla prora
Amo in questo
essere sulla prora,
in questo
sottrarmi al dolore,
aggiungere amore
alle radici dei fiori.
Alzo lo sguardo sul mare.
Linguaggio crittato
d’onde e spume,
illusorio sprofondare,
dimenticando la storia.
Senza più rancore,
né pirati,
né granchi dalle chele avvelenate.
L’oblio è lettura,
la lettura è preghiera.
Dimenticare sofferenza e fatica.
Nero silenzio abbacinante.
Macerie
E verrà il giorno in cui mi arrenderò,
camminando fra le macerie,
il cappotto rubato a un cadavere,
l'orecchio a un antica musica,
deposta la fatica detta vita.
Mi arrenderò e sarà un sollievo.
Avrò fra i denti
un sangue d'ironia,
il teatro emaciato,
silenzioso senza più bestemmie
e sudore di apprensivi guitti.
Ora di punta
È un'ora di punta come un'altra,
questa, delle dieci del mattino.
Mi dico: "Ho sbagliato tutto nella vita?
Forse dovevo arrendermi prima".
Ma i cieli sono in fiore
e le fogne emettono umiltà.
Dovevo fare tante cose
prima di arrivare a questo punto.
È accaduto tutto tanto in fretta.
Le stelle sono collassate
prima che io avessi il tempo di dire "beh".
Non ero preparato a nulla.
La vita mi è venuta addosso
come un treno.
https://www.alidicarta.it/autore/ezio-falcomer/testi#sc
Mi accadi
Mi accadi di meandri di baci
esulto in braci di averti
taci
svelami il dono di concerti sontuosi
di carne e d'afrori
assaggiarti d'amore
ah i tuoi sguardi
coloniali romanzi scabrosi.
(dalla raccolta "La vita picara", Lanuvio (RM), Narrativaepoesia, 2010, p. 105)
https://www.rossovenexiano.com/blog/ezio-falcomer/mi-accadi
Ezio Falcomer è nato a Concordia Sagittaria (VE) nel 1962 e vive a Torino. Lavora come insegnante bibliotecario e archivista nella Scuola Superiore. Ha un’esperienza di attore di prosa in teatro e in Rai, negli anni Ottanta. Dottore di Ricerca in Italianistica (1997), ha pubblicato Carlo Vidua. Un giovane letterato subalpino in età napoleonica (Alessandria, Dall’Orso, 1991) e altri lavori di critica letteraria su Camillo Sbarbaro, Eugenio Montale, Giacomo Leopardi, Carlo Goldoni, Voltaire, Piero Gobetti, Ippolito Pindemonte. Nell’aprile del 2010, Nerosubianco ha pubblicato il suo Vorrei vincere il nobel per la Fisica come Frank Einstein. Post comici, demenziali, ludicomaniacali. Nello stesso anno è uscita la raccolta poetica La vita picara (NarrativaePoesia, Lanuvio, RM) e nel 2012 Rottami d'oro (Ilmiolibro.it).
https://www.puntoacapo-editrice.com/product-page/luna-comica-ezio-falcomer
POESIE DI ALESSIA D'ERRIGO
Per l'amore che ho donato, mi donasti il mio destino
per le bacche che ho colto, una spina
per l'orgoglio che le mura impongono, un disgelo di beltade
un'ora di armistizio, di prelibata salvezza
per tutto quello che non sapevo e che non so
mi ci sono costruita piccole croci da abbattere
per quello che mi hanno fatto credere, io non sono più
se non acqua implacabile e sogni, piccoli cordogli
imbastiti a mano, sfibrati appena, a rimembrare la carne.
Ma io non sono, se non l'essere giunto alla deriva del Creato
partorito due volte, dalla madre e da sé stesso, e il terzo è
spirito santo che chiamano figlio, a lui spetterà il passaggio
di questo niente che s'affaccia dal davanzale, Egli, saprà.
Per amore che ho donato, per le bacche che ho colto,
per l'orgoglio che le mura impongono, un disgelo di beltade.
*
Come una rovina m'hai colta
con le parole che sedimentano nell'aria
dalla bocca, volando tra i rami, fosti
mangime per uccelli, conferendo il ristoro alle ali
solo con la tua bocca che si solidifica
pronunciando l'era infinita di ogni solitudine
massificata per sbaglio dal dolore. Come
dirti ch'è amore se preme schiacciando
il costato, se ingabbia ciò ch'è nato per volare.
Ma tu, no, tu parlami ancora dell'acqua, che al seguito tuo
la mia gabbia arrugginisce e nessuna chiava l'aprirà
più, nessuno, se non la pressione lacerante, del suono
che imponi.
*
Ero stata aperta al tremore delle ombre, le avevo
imbevute assieme al muro del pianto, forzando le
nari al respiro, m'ero tesa disperata e disponibile
alle tue mani, alla violenza del sesso, all'estremo
Iddio, alla sfrontata mia volontà d'averti, ho giocato
tutto, intera e spersa, sul letto, svuotata nelle membra
nascituro dei miei sogni, iperbole del creato, per
averti la mia ferita, il sangue ho stilato, sacrificio
santo per la tua bocca, indomita e indomabile,
arresa sul fianco destro, sul guanciale di pizzo
tra il profumo del tuo pozzo, ed io, pazza.
*
è uguale a me la mia metà, uguale, a risanarne i confini
simile ad un clavicembalo, la mia metà che conta tre
quella dissodata dalla vita che tuba con la chiave dei sogni
quella che si regge a stento sui fianchi, smodata, con le traveggole
la mia metà che si mette a tacere assieme ad una rondine
che salta da ramo a ramo e scimmiotta dio, che s'infoia
nel sentire assieme l'incanto e lascia cadere le rose dal grembo
la mia metà che piange e ride, e l'altra che tace.
*
Domani passerò sotto un arco di luppoli, andrò scalza, dissennata come al solito
raccolta nelle mie stravaganze e dissensi, bacerò il greve passo della terra,
l'interiora et parsimonia sua aspra astuta veritate. Il mio tunnel di ritorno che
domani sarà ancora domani e ci ripasserà la storia e gli avi, in processione
di lucciole, sotto il mio arco di luppolo fiore, ci passeranno in tre
patris et fili et spiritus sancti, a forgiarci bene nei corpi, saldi e stretti
in reliquia e riposo. Amen.
.
Alessia D’Errigo (via e-mail)
PABLO NERUDA
Ode al lamento
Oh bambina tra le rose, oh pressione di colombe,
oh presidio di pesci e rosai,
la tua anima è una bottiglia piena di sale assetato
e una campana piena di uve è la tua pelle.
Sfortunatamente non ho da darti che unghie
o ciglia, o pianoforti liquefatti,
o sogni che escono dal mio cuore a fiotti,
sogni polverosi che corrono come cavalieri neri,
sogni pieni di velocità e sventure.
Posso solo amarti con baci e papaveri,
con ghirlande bagnate dalla pioggia,
guardando cavalli cinerini e cani gialli.
Posso solo amarti con onde dietro la schiena,
tra vaghi colpi di zolfo e acque assorte,
nuotando contro i cimiteri che scorrono
in certi fiumi
con l'erba bagnata che cresce sulle tristi tombe di gesso,
nuotando attraverso cuori sommersi
e pallide ciabattine di bimbi insepolti.
C'è molta morte, molti avvenimenti funebri
nelle mie passioni indifese e baci desolati,
c'è l'acqua che mi cade sulla testa,
mentre mi crescono i capelli,
un'acqua come il tempo, un'acqua nera scatenata,
con una voce notturna, con un grido
d'uccello nella pioggia, con una interminabile
ombra d'ala bagnata che protegge le mie ossa:
mentre mi vesto, mentre
instancabilmente mi guardo negli specchi e nei vetri,
sento che qualcuno continua a chiamarmi tra i singhiozzi
con una voce triste imputridita dal tempo.
Tu sei in piedi sulla terra, piena
di denti e fulmini.
Tu spargi i baci e uccidi le formiche.
Tu piangi di salute, di cipolla, di ape,
di abbecedario in fiamme.
Tu sei come una spada azzurra e verde
e onduli quando ti toccano, come un fiume.
Vieni alla mia anima vestita di bianco, con un ramo
di rose insanguinate e calici di cenere,
vieni con una mela e un cavallo,
PIERO BIGONGIARI
Le parole dell’amore non hanno superficie
Il vento non si bagna in cima al mare
il vento azzurro non vuol diventare
verde, ingrommarsi, tergersi diverso
di verso in verso.
Ma le statue di sale che si voltarono
ora guardano il cosmo che non torna
caos ai loro occhi, se le fiamme
della bella città erano amore.
Mare asciutto… Ah staccarsi dal proprio essere
dove esso è più sottile, laminato
tra due bandiere: recto e verso, notti
e albe: le ere si congiungono
per disgiungersi, le ingiunzioni sono
le parole ora stesse dell’amore
da non gettare in aria, non potrebbero
tornare, il mare e il vento non si fondono,
o vuote, sopra il palmo alto del cuore,
moneta non impressa, non spendibile,
impronta cancellata dal suo fuoco.
Piero Bigongiari (1914 – 1997)
OCTAVIO PAZ
USTICA
Il susseguirsi dei soli d'estate,
la successione del sole e le sue estati,
tutti i soli,
il solo, il sole di soli,
divenuto ormai osso caparbio e lionato,
nubi tempestose di materia raffreddata.
Pugno di pietra,
pigna di lava,
ossario,
non terra,
nemmeno isola,
rupe dirupata,
pesca petrosa,
goccia di sole pietrificata.
Di notte s'ode
il respiro delle cisterne,
l'ansito dell'acqua dolce
turbata dal mare.
L'ora è tarda e rigata di verde.
Il corpo scuro del vino
assopito nelle giare
è un sole più nero e più fresco.
Qui la rosa delle profondità
è un candelabro di vene rosee
acceso in fondo al mare.
A terra, il sole si spegne,
pallida trina calcarea
come il desiderio inciso dalla morte.
Rocce color zolfo,
alte pietre aduste.
Sei al mio fianco.
I tuoi pensieri sono dorati e neri.
Se allungassi la mano
spiccherei un grappolo di verità intatte.
Giù, tra rose scintillanti,
va e viene il mare pieno di braccia.
Vertigini. La luce s'inabissa.
Guardai il tuo viso,
mi affacciai sull'abisso:
mortalità è trasparenza.
Ossario, paradiso:
le nostre radici annodate
nel sesso, nella bocca sfatta
della Madre sepolta.
Giardino di alberi incestuosi
sulla terra dei morti.
Biagio Marin
testo in lingua
Nulla è passato
e tutto vive ed è presente;
un cielo solo levante e ponente,
un sole solo mi ha illuminato.
I primi occhi che mi hanno innamorato
sono quelli che ora ridono,
e infinite onde
baciano giorno e notte il lido di Grado.
Ogni ieri è oggi
anzi è adesso,
ogni vento è il messo
di Dio, nel cielo di velo.
Niente mai muore
nel mondo:
uno solo, ma fondo
è il corso delle ore.
La mutazione origina il canto;
non aver paura di sparire;
dura un attimo il dí
ma è eterno l'incanto. (idem. il mutamento)
Anna Achmatova
Lascia che la luna tracci un arco nelle nubi serrate.
Lascia che il sole sorga domani con la bocca giallo
ocra stupefatta al rilascio di mio figlio. Fa che le sue
mani fredde e gli stivali distrutti avvertano il calore
della neve siberiana che si scioglie. Che questo applauso
si levi tra gli zatterieri adoratori dello stato,
i loro Dei dalla facciata di stucco dorato. Fa che Stalin
nel suo quartier generale ascolti chi sussurra
e fa che avverta l’eco di quest’applauso solcargli
la cassa toracica. E fai sapere a lui, e agli agenti
che metteranno cimici nella mia casa di Fountain Street
che il salice argenteo della mia infanzia
si leverà di nuovo dalla sorgente della terra
e aspirerà queste acque di plauso. E in un giorno
che Dio manderà, con il vento lieve che varca gli Urali
verso Tashkent, non nenierà più, né più sarà imprigionato,
bensì ardente applaudirà con la foglia emettendo
spore che faranno levare dalla mia amata madre terra
gli scrittori con la libertà di esprimere il suo rigoglio,
o quella stagione incolore, senza la paura dei silenziosi
uomini silenziosi, con il 𝑏𝑢𝑟𝑟 di quelle loro seghe circolari,
a intaccare i tuoi rami che vivono, respirano, accrescono la vita.
.
MARIANNA SCAPINI
PER ALLORA
Notti di fine estate pregne di acqua:
fui due occhi splendenti e infantili
accesi di buio e di pioggia.
Fui una morbida testa
in cerca di scatti maschili
e di battiti profondi
felpati, come la notte,
in una stretta calda, gelata al di fuori,
come la morte,
e bagnata, di nuvole dense
di foglie e di stelle nascoste.
Mai più, proiettata nella celeste
atmosfera di pensiero,
in cerebrali congiunzioni di segni,
nel mio solitario faro, e terso,
come l'inverno,
avrei dimenticato...
l'umbratile scossa animale
di sensi ansiosa cecità
viscerale, deliziosa
narcotica fitta di male,
dal profumo di terra.
Marianna Scapini
[da: Alla bottega, maggio-agosto 2009]
.
SALVATORE QUASIMODO
Già da più notti s'ode ancora il mare,
lieve, su e giù, lungo le sabbie lisce.
Eco d'una voce chiusa nella mente
che risale dal tempo; ed anche questo
lamento assiduo di gabbiani: forse
d'uccelli delle torri, che l'aprile
sospinge verso la pianura. Già
m'eri vicina tu con quella voce;
ed io vorrei che pure a te venisse,
ora, di me un'eco di memoria,
come quel buio murmure di mare.
*
GIOIELLI RUBATI
(mie poesie scelte
per il Domenicale di amArgine di Flavio Almerighi)
https://almerighi.wordpress.com/
GEOGRAFIA DI GRAFFI
dirò di quella volta
che l’ondata mi strappò
come una gigantesca mano
dallo scoglio
pensavo fosse finita
mentr’ero sballottato
come una cosa
poi mi guardai
la geografia di graffi
e mi toccai
inebetito
Gioielli rubati 3
LUNGOPO'
noi due mi dici
siamo della stessa pasta
-quanto a me non so dire i difetti
la trave nel mio occhio
le anatre abboccano
le nostre briciole
tra dorati riflessi e giochi d’acqua
tu
ti mantieni bella e gli anni non sciupano
questa luminosità del viso
mi chiedo quanti inverni
ancora nelle ossa
che gemono nelle giunture
Gioielli rubati 5
ANGELO
angelo icona della volta
che mi vedevi da lassù
la testa all’ indietro
a contemplare i lineamenti perfetti
nei tuoi occhi vedevo palpitare
il cuore della Bellezza e
m’ incantavo
poi per paura
del male del mondo
la sera mi rifugiavo nel sogno
di te e toccavo il cielo
quando
dopo la mia accorata preghiera
venivi a visitarmi
Gioielli rubati 8
LA ROSA DI SANGUE
in sogno spio se
riesce a passare "qualcuno"
per la cruna
Dio non è stanco
mai dell'uomo
gl' insulti gli sputi
gli scivolano addosso
Lui perdona sempre perché "non sanno"
sempre viva è la rosa di sangue
e splende di bellezza
Gioielli rubati 18
SAPREMO
sapremo - io di te tu di me dei nostri
scheletri nell'armadio
di ciò che non ci siamo detti
delle ammutolite coscienze nell'ora
alta delle scelte
dove si curva l'orizzonte dei pensieri
sapremo - non per speculum
in aenigmate: trasparenti saremo
Gioielli rubati 23
E OGGI CHE MI RITROVI UOMO FATTO
padre che sei rimasto di me più giovane
consumato anzitempo
una vita sul mare e le brevi
soste col mal di terra
avevi la salsedine nel sangue
così presenti
mi restano le rare passeggiate
mattutine e mai che mi avessi preso
per la strada in discesa
a cavalcioni sulle spalle
di carezze non eri capace
e oggi che mi ritrovi
uomo fatto
sai: mi fa male quel distacco
Gioielli rubati 24
Elegia
ora m’incolpi del mio silenzio?
e Tu dov’eri mi chiedi
quando a migliaia
venivano spinti sotto le docce a gas
Io ero ognuno di quei poveracci
in verità
ti dico
Io sono la Vittima l’agnello la preda
del carnefice quando fa scempio
di un bambino innocente
Io sono quel bambino ricorda
anch’io in sorte ho avuto una croce
la Croce
la più abietta la benedetta
ho urlato a un cielo distante Padre perché
perché solo mi lasci in quest’ora di cenere e pianto
Gioielli rubati 27
Anche per voi
salgo sulla croce anche per voi disse con gli occhi
rivolto a quelli che lo inchioderanno
anche per voi che ancora nei secoli
mi schiaffeggiate sputate
negando la vita buttandola tra i rifiuti
aizzando popolo contro popolo
sotto tutte le latitudini
salgo sulla croce anche per voi
che mi sprecate nelle icone
per voi nuovi erodi/eredi della svastica
che insanguinate la luce delle stelle
oscurando la Notte della mia nascita
anche per voi potenti della terra
razza di serpenti
che non sopportate di sentirmi nominare
dal mio costato squarciato fiumi di sangue
tracciano il cammino della storia
la mia Passione è un solo grande urlo muto
di milioni di bocche imploranti
dinanzi al vostro immenso Spreco
con cui avete eretto babeli
di lussuria come cultura di morte
Gioielli rubati 31
Qui ci sta bene uno spazio
ecco vedi
la poesia deve respirare
nascendo dal bianco
innalzarsi come
cresta d'onda per poi
immergersi fino allo spasimo
in profondità d'echi e ancora su
con lo slancio felice d'un
enjambement
vedi
la poesia è una tipa
selettiva
sfoglia scandaglia spoglia
immagini le riveste a sua
somiglianza
porta
sogni e nuvole al guinzaglio
Gioielli rubati 88
La casa delle nuvole
cieli d'acqua e cavalli
d'aria
lì custodisco ore
sfilacciate e segrete pene
-oh giovinezza di deliri e
notti illuni
lì dove il turbinio
degli anni
è rappreso in un palpito
che nell'aria trema
Gioielli rubati 92
Luna park
ride la piccola Margot
alle smorfie del papà che si rade
"suvvia ti porto alle giostre" e
lei s'illumina di gioia e
poi a cavalcioni sulle larghe spalle
nella fantasmagoria delle luci
un po' ci si attarda
nell'aria ancora calda di fine settembre
riverbera una miriade di
stelle negli occhi innocenti
mentre le nasconde
il resto del viso una montagna
di zucchero filato
Gioielli rubati 93
Spleen (2)
lo scoglio
e tu
come un tutt'uno
quasi sul ciglio
del mondo avvolto
in una strana luce
labbra di cielo
questo
contatto di sole
vedi nell'aria
marina
un gabbiano planare
su una solitudine
che ti lacera
all'infinito
Gioielli rubati 106
Le vele del sogno
me ne andrei quasi di soppiatto
alle prime luci
mentre si fredda la tazzina
mai portata alle labbra
entrerebbe il vasto orizzonte
nei miei occhi azzurrocielo
il mare aperto
nell’abbraccio
delle vele del sogno
Gioielli rubati 123
L'ombra 2
meridiana a perpendicolo
poi eccola s’allunga
l’ombra oscuro specchio
che mi ripete
si spezza allorché riflessa
tra pigre nuvole nel lago
Gioielli rubati 124
L'albero di Giuda
tagliando per la pianura
non trovavi più il cuore
sulle punte delle stelle ti volevi
trafitto
e il sangue quasi ricamasse
una scritta ingloriosa
ma il tuo albero
ecco venirti incontro
e già il cappio
vederlo
-sinistro
Gioielli rubati 131
Cavalli di nuvole
i primi smarrimenti: quando ti sembrava
dovesse cascare il mondo
-disegnavi angosce o voli
pindarici nell’aria
da una feritoia ti guardava
un pezzo di cielo
-tu ragazzino -ricordi-
rifugiato in una baracca
a smaltire l’ “onta” di una derisione
non sapendola costellata di prove
la tua stella
intanto
cavalli di nuvole
a sequenza
dicevano la vita leggera
Gioielli rubati 140
Fedele alla vita
mia vita
senza rete t’appigli
alla Bellezza intaccabile
a quella del cuore e alle
armoniose figure della danza
o del cavallo nel bianco salto
finché ti chiedi dov’è
lei l’ irraggiungibile
non tutto è perduto
voltato sei sul giusto
versante lucente ancora
una volta – vita
fedele alla vita
Gioielli rubati 160
Avevo in mente una poesia
stamattina avevo in mente una poesia
stasera
non ricordo più nemmeno un verso
ho lasciato il foglio bianco
con flebili echi d'un mezzo secolo e
ora rammento solo una pioggia di luce
di stelle sopra il letto
e il caldo abbraccio di lei
sullo schermo della mente
un vissuto che sembra ieri
Gioielli rubati 167
Ai piedi della notte
un nodo d'inquietudine sospesa
si scioglie ai piedi della notte
sotto una luna ammiccante
l'amore è come l'ansimare del mare
s'abbevera del sangue delle stelle
aduna in sé il sentimento del tempo
vòlto dove è dolce la luce
Gioielli rubati 178
Emarginato
quest’uomo: tristezza
d’albero nudo
avanzo di vita aperta
ferita
-occhi scavati
che perdono pezzi
di cielo
quest’uomo
puntato a dito
quest’uomo fatto
torcia
per gioco
Gioielli rubati 184
La luna dei poeti
ho la luna dei poeti
-pesci sull’ imum coeli–
scivola
la barca della passione
verso terre di mistero
pesco sogni di ragno
nell’ intreccio di parole
nate sulla bocca dell’ alba
mentre
uno sbuffo di vento
porta afflati d’ amore
Gioielli rubati 190
Dei miei detrattori
(Diocleziano, uno dei più odiati della storia)
lasciai alla terra il corpo-zavorra
da cui forse con sollievo mi trassi
se sia ala d'angelo a coprirmi
il disonore -si dirà- ora che
s'una misera tomba s'accanisce
dei miei detrattori il ghigno
feroce e lo sputo
Gioielli rubati 195
Il mare era una favola
"non vorrei più uscire da questa
dimensione eppure basterebbe
come altre volte
stringere forte gli occhi e..."
ma voglia non ne avevo - poi giocoforza
mi ritrovai quasi deluso nel mio letto
avevo lasciato un mare che era
una favola
un'immensa tavola
imbandita per i gabbiani a frotte
Gioielli rubati 204
Spleen 4
brusio di voci
galleggiare di volti
su indefiniti fiati
si sta come
staccati
da sé
golfi di mestizia
mappe segnate
dietro gli occhi
vi si piega
il cuore
nella sanguigna luce
Gioielli rubati 210
La colpa
sono io quel ragazzo che
scappò da casa con poche lire in tasca
e un quaderno d'improbabili versi?
lo sono sì ma dopo sei decenni
non mi riconosco in lui se non nel sogno
ricorrente che al mattino mi lascia
il cuore stretto dall'angoscia
sarà un residuo di "colpa da espiare"
per aver procurato un veleno sottile
a chi bene mi voleva
Gioielli rubati 215
Creatura
sembra che il solo sguardo
la mantenga in vita
la sua creatura
ché Lui la pensò
ancor prima di sognarla
in forma ed essenza
poi del sogno
il suo farsi
carne e respiro
Gioielli rubati 222
Non sei dei loro
nel chiuso della stanza o
di pomeriggio nel sole
da un po’ ti sorprendono
a parlare coi morti – questi
non tornano e tu non sei
dei loro -ancora-
sono spirito (ma di essi
poco si sa) -ubiqui
ti leggono il pensiero e a volte
giocano con le nuvole – quando
nelle tue pareidolie
ti pare ravvisarli
Gioielli rubati 228
Dammi cuore (preghiera)
dammi ancora tempo
tempo per sognare
altre vite
tempo per
arcobaleni e luce e voli
e che io fedele sia
alla verità
alla fine
dei giorni che non debba
vergognarmi di me
dammi altro tempo - dammi
dolore
per gli ultimi
dammi cuore per gli ultimi
Gioielli rubati 236
Di noi
.
di noi
mostriamo esigua vita
più l’esteriore che
quella che ferve nel sangue
i viaggi mentali i sogni
mistero ch’è appannaggio
di proprietà esclusiva
-la testa reclina
il nostro fido ci guarda attento
come cogliesse pensieri
.Gioielli rubati 247
Fogli-aquiloni
impregnati dell’humus dell’estro
del vasto respiro di cielo
svolazzano s’impennano appena
liberati dall’artefice dei versi
-suoi non più suoi-
a volerli divulgare per il mondo
Gioielli rubati 254
*
Apro questa nuova pagina con una sezione della mia voluminosa raccolta in fase di pubblicazione: "La vita immaginata".
maggio 2023
.
Versi per Nina
sento la vita quasi fosse
apparenza in vaghezza di sogno
l'anima è spersa dove fitta
trama d'ambiguo s'incaglia
ah le uve dei tuoi occhi: uno spasmo
di luce una spina nel sangue
e quel sorriso – oggi
che mi sorprendo a inseguire ombre
in cerca del tuo profilo –
mi si trasfigura in un graffio
difficile da decifrare
*
la mano disegna nell'aria
il tuo profilo indugia
su bocca naso e occhi
la mano della mente ben conosce? ?
quei dettagli come una madre – Nina
stella del cielo che mi cammini nei sogni
ora sono aghi
che trafiggono
nell' accendersi nel sangue
la mai sopita passione
mentre la mente disegna
dove fermenta il cuore
*
silenzio allagato di luna – una
silhouette nella mente ondeggia
e gli arzigogoli
a dirmi vano
il ricordo sgualcito dal tempo
dalla foto color seppia
mi guardano
i tuoi occhi velati di mestizia
-ah l'assedio degli anni
e il cuore
a dare smalto a un sogno sbiadito
*
donna dei boschi: occhi
di cerbiatta – la tua
anima di foglia
di sé m'innamora
*
entro ed esco dalla tua anima
dove dimorano pezzi di me
un odore di pini ci avvolge
– certo lo senti anche tu –
i nostri passi sul viale accecato di sole
un grido di gabbiani e l'ascolto
del mare in una conchiglia:
questi i momenti
d' incantamento
fermati dal nostro amore imperituro
*
rosa il tuo fiato
fragranza di bosco la tua pelle ambrata
apparivi sirena
distesa s'uno scoglio
allucinazione forse
mi facevi un cenno
mentre il cielo s'apriva in una luce
aurorale
come il tuo sorriso
*
sparire nel nulla
è l'urlo della rosa strappata
da mano indelicata
consola a tratti un palpito
di luce selenica
che abbraccia il ricordo
ravviva empatie
gentile il velo spiegato
dell'angelo
su un lato del cielo
*
forse solo nell' oltre saprò
si scioglierà l' enigma – e intanto
i tuoi modi garbati che ritornano
nella camera viola della mente
mi sorreggono per il tempo a me concesso
mentre perso sono
nel perimetrare il vuoto che lasci:
un' ombra feroce
mi strappa all'abbraccio del sangue
il buconero risucchia
presenze umori respiri
non il tuo garbo che in me
non si cancella
*
non ti vedrò più Nina
se non in vaghezza di sogno –
oggi mi nutro come un passero
dei tuoi scritti di luce che aprono
su universi solo a te noti
e che forse ospitano la tua
essenza mentre mi appare
delinearsi il tuo volto
in una nuvola vagante
in questo cielo bianco di silenzi
*
e tu a lumeggiare le mie sere
anima di candore e di sogno
si fa conca il cuore
ad accogliere
dei versi dettati da un altrove
*
l'anima tendeva alle stelle
quando tu Nina apparivi
rosavestita
stagliata contro un lembo di cielo
ti fermavi nella piazzetta e
ti facevano festa i colombi
planando sul mangime che spargevi
allora
il tuo sorriso era una pasqua
mentre il tempo aveva una sosta
*
dimmi Nina: che vedi
tu che hai casa nelle nuvole
tu che sai il linguaggio dei voli?
forse
la giovinezza spezzata
che ora in lampi di déjà vu ritorna?
o
rivivi nel cuore
verde dell'acqua
che ti vide sirena emula del canto
di odisseo
rapimento
dei sensi
che in sogno ancora mi seduce
*
ahi i ponti sgretolati
o pure considera quelli
detti collanti di carne e di sangue
e il desiderio che
si fa arco d'amore
filo teso d'acrobata
all'altro capo sei Nina
e mi vedi adesso
varcare fra nuvole in sogno lo spazio
di un volo fino alle tue braccia
*
il tuo volteggiare Nina
nelle stanze viola della memoria
– dicevi il reale non è fatuo
apparire o entrare nello specchio
dell'essenza evocando
palpiti di luce
di un tempo senza tempo
noi dal celeste palpito
dicevi – qui siamo
affratellati nel sangue
con la terra e la morte
© Felice Serino
.
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