giovedì 30 marzo 2023

Spleen

 


irrazionale la vita a tradire

in modo inatteso

l'impulso del sangue


macera come foglie kronos

giorni anodini

a ridosso di ombre stampate


squarcerà una nube il sogno

fatto carne? ― forse

qualcosa può ancora accadere


30.3.23

martedì 28 marzo 2023

Ricucire le ali

 


espandere la parte

divina quella detta

anima

bistrattata non di rado quaggiù



ricucire le ali 

per contagiarsi di bellezza


(2021)

lunedì 27 marzo 2023

Poesia è negli occhi


poesia è

negli occhi profondi di una donna

è la leggerezza della piccola danza 

del passero sul davanzale

è la fogliolina che spunta dalla terra

poesia è 

il neonato attaccato al seno o l'attesa

della mamma sull'uscio

è l'interrogativo nello sguardo 

di meraviglia del bambino

poesia è chiedere scusa

è l'abbraccio sospeso nell'immobile luce 


26.3.23

domenica 26 marzo 2023

Su mari aperti

 


l'anima

una finestra sull'immaginario

in espansione dei sensi


azzurrità di cieli

a invadere gli occhi


è senza tempo

il viaggio

su mari aperti


(2021)

sabato 25 marzo 2023

Rimbaud, il mito

 



Di Felice Serino



Angelo o demone? Di Arthur Rimbaud si è detto tutto e il contrario di tutto. La sua vita nasconde misteri che il tempo moltiplica.

Anima randagia, da poeta "maudit" muore quasi del tutto sconosciuto - prima che la sua fama si convertisse in mito attingendo alla immortalità.

Un'infanzia la sua, triste e infelice - caratteristica che distingue molte grandi anime passate alla storia. La violenza dei gesti, gli oggetti branditi accompagnati da urla sono le immagini che Arthur conserva dell'unione tra i genitori.

Lui, Frédéric Rimbaud, capitano del 47° reggimento di fanteria, per il ragazzo rimasto come genitore un'ombra inafferrabile; lei, Marie Catherine, figlia di agrari, legata al figlio da complice pietà.

Nel 1864 il padre abbandona definitivamente la famiglia. Arthur ha 10 anni. Frequenta la scuola presso il collegio di Charleville, suo luogo natale (egli vi nasce il 20 ottobre 1854), si dimostra un allievo modello, è il più delle volte premiato, e la sua precocità si rivela anche nei risultati poetici. Ma il ragazzo è anche ruvido, maleducato, insofferente soprattutto nei confronti dell'ambiente familiare e della madre, con la sua rigidità cattolica e l'inflessibilità degli atteggiamenti. La tendenza a scandalizzare è la sua maniera di comunicare; accompagna con "merde, merde" la lettura pubblica di versi. E' anticonformista ed eccentrico ed ha un magnetismo ambiguo, un fascino particolare,oscuro. Tra i 16 e i 18 anni ha una relazione burrascosa con Paul Verlaine; i due vivono insieme, da bohémiens. La relazione, che si vocifera abbia un indirizzo omosessuale, balza agli onori della cronaca quando Paul un giorno,e precisamente il 10 luglio 1873,al colmo di una violentissima lite ferisce l'amico al polso con una pistola.

Nello stesso anno, a Bruxelles, Rimbaud ritira le prime copie di Une saison en enfer.Nel 1884, ad Harar, in Abissinia, organizza spedizioni commerciali nell'Ogaden, ma lascia presto questa attività per dedicarsi in proprio al traffico di armi per conto di Menelik.

Mentre Rimbaud si trova in Cairo compaiono dolori lancinanti alla coscia e al ginocchio, primi sintomi del male che lo porterà alla tomba.

Nel 1890 viene rintracciato in Abissinia da un gruppo di letterati parigini; in una lettera gli viene annunciato il suo nascente mito poetico. L'anno seguente il male si aggrava ed egli s'imbarca per Marsiglia, dove subisce l'amputazione della gamba; operazione alla quale la madre presta una fredda e frettolosa assistenza.

Il cancro presto gli divorerà le altre parti del corpo, paralizzandolo. Tra allucinazioni e grandi sofferenze, la morte lo coglie il 10 novembre 1891 a Marsiglia.

La vera vita è altrove"; "Io è un altro": enigmatiche e memorabili queste sue "sentenze".

Suo compito è distruggere ogni tipo di convenzione sociale cercando la rivelazione dell'ignoto e dell'inconscio e adeguando i propri mezzi espressivi al carattere innovatore di tale operazione.

Scrisse Verlaine nel 1872: "E noi l'abbiamo nel ricordo e lui viaggia. Sappiamo, sotto le maree e al sommo dei deserti di neve, seguire il suo sguardo, il suo alito, il suo corpo, la sua luce".

"Me ne andavo" - dicono alcuni versi di Rimbaud - "coi pugni nelle tasche sfondate, / anche il mio paltò diventava ideale: / andavo sotto il cielo, Musa, ed ero il tuo fedele; / perbacco! Quanti amori splendidi ho sognato". Solo e trasognato, con un amore ideale a invadergli lo spirito, si sentirà felice andando "loin, bien loin, comme un bohémien par la nature".

"Non può essere che la fine del mondo, più in là": è il divorante desiderio di conoscenza, di infinito; esplorare l'inconnu. E' l'Ideale del suo spirito a cui fanno da cornice l'immensità e il silenzio del deserto, il vento, il sole rutilante, un tempo senza tempo... Il deserto: "luogo ideale dell'esilio ma anche del regno, poiché l'esilio interiore permette di riconquistare il regno di sé" (1).

Innumerevoli quanto inverosimili risultano gli amori attribuitigli. Si dice che durante il soggiorno in Africa, ad Harar, una notte di passione nel tentativo di possedere una fanciulla abissina infibulata, egli abbia usato un coltello... (il sangue, le urla, i parenti accorsi per vendicare l'oltraggio subito).

Ebbe amori in vari altri paesi, Inghilterra, Italia (Milano, Napoli).

"E' il nostro sole nero", scrive Renato Minore, "con disagio si entra in sintonia con l'intransigenza netta, ombrosa, irripetibile di quell'età. Quel prendere di petto il mondo per una sfida senza superstiti. E oggi siamo tutti superstiti: della rabbia come della pietà. Siamo ossessionati dalla leggenda di Rimbaud, dal suo fantasma e dalle sue scorribande di confine".



Nota

(1) Majid El Houssi, dall'introduzione a Moha il folle Moha il saggio, di Tahar Ben Jelloun, Edizioni Lavoro 1988.


Bibliografia

Renato Minore, Rimbaud, Mondatori Editore 1991

Arthur Rimbaud, Poesie, Garzanti 1977.


© Felice Serino













venerdì 24 marzo 2023

Il verso


sai

per ore mi sono arrovellato chiedendomi

se dovevo lasciare o eliminare un

articolo in un verso


ridicolo? mania di

perfezione? no - ti dico -

il verso perché tenga

deve dire armonia

respirare lungo come il mare

scorrere come sangue vivo

nelle vene del cielo


inebriarsi

morire rinascere

in una smemorante dolcezza 


(2021)

martedì 21 marzo 2023

Occhi puliti

Picasso - Bambino con colomba


questo stupido mondo da cui ti fai condizionare -

non ti sentirai del mondo se levando

lo sguardo in sù vedrai l'immenso

specchiato nei tuoi occhi l'azzurro penetrarti

quell'azzurro che è nel tuo nome



in te 

stupito d'essere 

come quel bimbo occhi-puliti

che vuol toccare la luna


(2021) 

lunedì 20 marzo 2023

Nella stagione che ti spoglia



braccia frondose hai piene d'uccelli

levate al cielo come inno alla vita


il forte abbraccio è il mio grazie di esistere


nella stagione che ti spoglia

il fuggire dei canti mi fa triste il cuore


20.3.23

domenica 19 marzo 2023

Maya


la sera viola inghiotte

tra le anime e le pietre

apparenze di te di me



si leverà un grido dalla cenere che siamo

a chiedere dov'è la vita quella vera


(2021)

sabato 18 marzo 2023

Anche tu a precedermi - su Arteinsieme

 https://www.arteinsieme.net/renzo/index.php?m=45&c=20&det=24513

La "stella" Kahlil Gibran

 



Di Felice Serino



Si può a buon diritto ritenere che Kahlil Gibran sia stato uno dei fondatori della New Age. Era nato a Bisharri (Libano) il 6 gennaio 1883.

Diceva all'amico Nu'ayma che egli era un "falso allarme"; perché chiunque ignora la propria vera natura è destinato a restare un falso allarme.

Gibran sentiva di non avere il diritto di impersonare il ruolo che si era scelto. Questo perché si rendeva conto di non mettere in pratica ciò che andava predicando. Era il 1921 quando stava lavorando alla stesura di The Prophet, e in seguito a letture pubbliche cominciava a essere identificato con quel ruolo.

Nel 1895 la famiglia emigra a Boston, nel periodo in cui vi è un'emigrazione di massa di siriani in America. Gibran frequenta un gruppo di giovani poeti e artisti decadenti il cui leader è Fred Holland Day, fotografo ritrattista. Lo stesso Day favorisce la trasformazione di Kahlil in una sorta di rivoluzionario.

Gibran ebbe rapporti di amicizia con famosi e influenti personaggi di Boston e New York, eppure si sentì sempre fratello dei poveri del mondo.

Ai versetti della Bibbia e ai versi di Walt Whitman si ispirò per trasmettere il suo messaggio alle future generazioni - per le quali resta un punto di riferimento quale stella che rifulge per sempre.

Dal giornale Al-Muhàgar su cui egli scriveva regolarmente, vogliamo citare un breve estratto, riguardante una sua monografia sulla musica:"Oh tu, vino del cuore, che sollevi colui che beve alle vette del mondo dell'immaginazione; onde eteree che sostenete i fantasmi dell'anima; mare di sensibilità e tenerezza; alle tue onde prestiamo le nostre anime e alle tue insondabili profondità affidiamo i nostri cuori. Conduci quei cuori oltre il mondo della natura e mostraci ciò che si cela negli abissi del regno dell'ignoto".

Gibran scrisse opere di poesia e narrativa (Le ali spezzate, Le ninfee della valle, Spirito ribelle). Fra i suoi autori preferiti si possono citare Whitman e Blake, Tolstoi e D'Annunzio, Ibsen, Strindberg, Nietzsche. Già a 19 anni i suoi scritti erano stati paragonati a quelli di D'Annunzio, ma egli stesso si rendeva conto che il paragone era esagerato.

Per completare la sua istruzione, nel 1898 i suoi lo mandarono a Beirut. Da una dichiarazione rilasciata a Mary Haskell, sua corrispondente, si viene a conoscenza che "il ragazzo senza alcun motivo apparente rinuncia all'imbarco prenotato e cambia il biglietto con un altro sul piroscafo successivo. Quello sul quale sarebbe dovuto partire affonda con tutte le 800 persone circa che sono a bordo, poche ore dopo aver lasciato New York".

Gibran aveva carisma. Intorno alla sua straordinaria figura ruotano molti episodi, esposti dai suoi biografi, per la maggior parte da ritenersi fantasiosi o leggendari perché privi di verifiche. Ebbe una fitta corrispondenza epistolare con Josephine Peabody, affermata poetessa. La relazione si approfondì a partire dal compimento del 20° anno di età di Kahlil. Lei aveva otto anni più di lui e il suo sentimento si può tradurre in un desiderio di dare protezione. Lo riteneva un "genio", un "angelo" e un "profeta". (Egli lascia una vasta produzione di disegni e dipinti; le immagini sono imperniate su una dimensione soprannaturale e di regni trascendentali, chiaramente ispirati a William Blake). Alla lunga, la sua relazione con Josephine finì per incrinarsi; a seguito di un litigio lei strappò tutte le lettere. Kahlil la riteneva la "donna fatale", e forse questa fu la sua vera colpa.

Nell'estate del 1904, a una mostra di suoi lavori, egli conobbe Mary Haskell, che avrebbe avuto una duratura influenza nella sua vita. Aveva 30 anni ed era attivista nel movimento operaio femminile.

(Varie altre presenze femminili giocarono un ruolo importante nella vita di Gibran, alcune esclusivamente di natura erotica. Esse spesso posavano per i suoi ritratti).

Nel 1908, dopo un breve periodo trascorso a Parigi, egli riprese la relazione con Mary, anche se lei gli fece chiaramente capire che non l'amava ma che voleva restarle amico. Aggiunse che l'accettare la richiesta di lui di sposarlo si sarebbe rivelato un grossolano errore.

Nel 1911 Gibran, sempre più convinto che il suo futuro era New York, vi si trasferì. Infatti se non fosse stato così, egli non sarebbe mai arrivato all'attenzione del grande pubblico. Fu un periodo felice; la vita a New York gli faceva bene. Le sue lettere a Mary traboccavano di entusiasmo: "osservo con mille occhi e ascolto con mille orecchie per tutto il giorno". Iniziò a tenere delle conferenze. Il suo mondo ora si stava rapidamente allargando e la sua stella cominciava a rifulgere.

Può sembrare assurdo che un giovane di 28 anni faccia testamento, eppure Kahlil ne redasse uno a favore di Mary, lasciandole tutti i suoi quadri e le sue sostanze in denaro, poiché sentiva che sarebbe vissuto - profezia che doveva rivelarsi esatta - ancora per altri 15 o 20 anni.

Negli anni successivi il rapporto di Kahlil con Mary si consolidava sempre di più. Lei nelle lettere aveva per lui espressioni di idolatria e venerazione. Lo andava a trovare spesso a New York. Non si rendeva ancora conto di venir usata. L'adorazione che nutriva per lui le impediva di vedere i difetti del suo carattere. Oltretutto, lei era per lui anche un grosso aiuto economico.

Da parte sua Kahlil, affetto da narcisismo, sentiva di avere le stimmate del messia e viveva momenti di autentica esaltazione. Sosteneva di avere una "capacità di introspezione superiore a quella di Buddha e di aver fuso la sua consapevolezza con quella del pianeta e dell'universo".

Nonostante lo desiderasse ardentemente, la coppia rinunciò ai rapporti sessuali ritenendo di avere già un'unione perfetta, una specie di sesso spirituale; o forse la ragione stava anche nel fatto che i due "amanti" erano consapevoli che il sesso "spicciolo", temporaneo, avrebbe finito per abbreviare la loro relazione, sopravvenendo la sazietà della ripetitività. Kahlil - si legge nei quaderni di Mary - afferma di aver lottato per questo obiettivo e di esserci riuscito, per conservare "altri centri di energia superiore".

Nei 10 anni che seguirono essi si scrissero regolarmente ma i loro contatti andavano man mano diradandosi.

Nell'aprile del 1920 fu costituita l'Associazione della Penna. Gibran fu eletto presidente e Nu'ayma segretario. L'associazione ebbe vita fino al 1931, anno della morte di Gibran. Ormai Kahlil non scriveva più in arabo ma in inglese. In un poemetto intitolato Il poeta (dall'antologia The Vision), egli scriveva:

Un anello tra questo mondo e l'aldilà; una fonte di limpida acqua per gli assetati; un albero cresciuto sulle rive del fiume della bellezza, carico di frutti maturi per i cuori affamati... Un angelo mandato dagli dèi per insegnare agli uomini le vie degli dèi. Una lampada risplendente che il buio non vince poiché non sta sotto il moggio.

Ad aggiornare l'immagine che avevamo di Gibran, ecco venirci presentata l'altra faccia, quella che non s'immaginava: la diagnosi (siamo nel 1929) parlava di ingrossamento del fegato, causa della sua dipendenza dall'alcool risalente presumibilmente ad almeno tre anni addietro. Nel novembre 1930 iniziava il processo degenerativo che doveva portarlo alla morte. Forse - è un'ipotesi - la difficoltà d'identificarsi col suo ruolo può essere stata la molla scatenante...

Il suo capolavoro Il Profeta fu pubblicato da Knopf nel settembre del 1923 (ma era rimasto in gestazione per almeno 4 o 5 anni per essere perfezionato, sebbene l'idea del suo libro risalisse già al 1912, quando alcuni frammenti cominciavano ad apparire sui suoi quaderni o diari). Negli anni della depressione se ne vendevano in media 13 mila copie all'anno. Nel 1957 era stato superato il milione di copie. Attualmente solo nel Nord America le copie vendute raggiungono la strabiliante cifra di 9 milioni. Oggi The Prophet è anche disponibile su Internet.

Da molti critici il libro venne sottovalutato perché ritenuto monotono; al contrario, l'Evening Post di Chicago lo ritiene tuttora una "piccola Bibbia". "E' il mio primo vero libro" - dice Gibran della sua creatura - "il mio frutto maturo". Negli anni 60 correva voce che ogni hippy avesse nello zaino una copia del Profeta.

Andando a sbirciare nei quaderni di Mary, si possono trovare molte descrizioni di sogni fatti da Gibran su Cristo - più che sogni vere apparizioni, rivelatrici del fascino che la figura di Gesù esercitava su di lui. "Visse come un capo" - si legge in Il Crocifisso - "morì con un eroismo che spaventò i suoi assassini e i suoi torturatori [...] ". Il suo libro 'Gesù, figlio dell'uomo' può essere letto quasi come un nuovo Vangelo apocrifo. Riguardo il successo di vendita, esso è secondo dopo Il Profeta. Gli dèi della terra, l'ultima sua opera, fu pubblicato appena dopo la sua morte.

Gibran non seppe mai chi fosse veramente. Diviso tra oriente e occidente, simile a un crocifisso le cui braccia sono distese tra queste due polarità; - immagine che richiama un fatto avvenuto quando egli aveva dieci anni: si dice che a causa di una spalla fratturata in una caduta, fosse rimasto per 40 giorni legato ad una croce.

Kahlil Gibran morì di cirrosi epatica, dopo uno stato comatoso, il venerdì 10 aprile 1931, alle ore 22.55.

Boston lo ricorda con una statua in marmo rosa, all'ingresso della Public Library. La targa con l'incisione: " Kahlil Gibran 1883 - 1931, poeta, pittore", è opera di Kahlil Gibran il Giovane, scultore di Boston.


Chiudiamo questo breve lavoro con alcuni suoi versi, tratti da La processione:

E sulla terra la morte, per il figlio della terra,

è finale, ma per colui che è

etereo, è solo l'inizio

del trionfo che egli sente già suo.



Fonte

Robin Waterfield, Profeta - vita di Kahlil Gibran, Guanda 2000.


© Felice Serino





venerdì 17 marzo 2023

L'inaspettato


mi sveglio e

vengo da un altro mondo mi dico

un posto a lato o non-luogo dove 

non c'è cosa voluta ma tutto 

è possibile

come librarsi contro il soffitto

o guidare l'auto nell'aria con

un cielo dai colori mai visti

specchiato su placide acque

tutto possibile se ti conduce

per mano l'inaspettato

oh ecco mi sorprende ora

venirmi incontro una grande

farfalla dal corpo di donna


16.3.23

giovedì 16 marzo 2023

Insostanziale la Luce

 


Il possesso


-guarda: tutto questo sarà tuo



-ah padre padre

che non ci hai saputo amare



mi trapassano gli strali della tua freddezza



le cose? non danno sicurezza

schiavo ti fanno



non hai considerato

la grande apertura alare che dà

la libertà di amare


martedì 14 marzo 2023

Certo è l'età

 


se oggi ti senti in buona parte

appagato è il caso di chiederti dove 

sarà finita quella spericolata

baldanza esibita per i soli suoi occhi

-lei distesa sull'amaca 

lo sguardo intinto nell'azzurra luce



certo è l'età che avanza e

forse nei sogni t'incontrerà quell'io

dal tempo ormai divorato 

lunedì 13 marzo 2023

Come angelo


è un soffio la vita e già ti vedi nella

dimensione nuova dove tra le "beatitudini" non c'è

moneta cui non puoi

fare a meno e neppure

ha effetto la farina del diavolo

non esiste l'amplesso come lo si pratica

essendo tu come quell'

asessuato angelo che pare

strizzarti l'occhio dalla volta


domenica 12 marzo 2023

I libri


le tue creature

hanno un respiro una voce

mai che si annoino

sebbene in ombra

vivono nel cuore della luce

i loro sguardi attraversano muri

i dorsi nelle vetrine hanno occhi

sempre vigili

ristà il sangue delle sillabe in una 

malcelata calma

sabato 11 marzo 2023

Maeterlinck, custode dei sogni

 



Di Felice Serino



Poeta e drammaturgo dal talento molto versatile, nacque a Gand, nella Fiandra, il 29 agosto 1862. Nel 1911 gli fu conferito il Premio Nobel per la Letteratura. Già fin dal 1903 come candidato al Nobel il nome di Maeterlinck era stato fatto da Anatole France, al terzo posto dopo Tolstoi e Brandes.

Secondo Maurice Maeterlinck, la scienza non ci insegna nulla, per il momento, sull'origine e sul fine della vita, e non è in fondo che "una espressione rassicurante e conciliante della nostra ignoranza". Tuttavia, l'inconoscibile ci avvolge, e si manifesta a noi con presentimenti, sogni.

"Lascerò senza rimpianto questo mondo assurdo del quale non ho capito nulla", egli scriverà pochi giorni prima della morte, avvenuta il 7 maggio 1949.

Maeterlinck è sempre vissuto vicino alla morte allo stesso modo in cui si piegava sui misteri della vita, senza separare l'una dall'altra: "Sarebbe mostruoso e inesplicabile che fossimo soltanto ciò che sembriamo essere", affermava.

Tra le sue opere memorabili molti drammi, tra cui si ricordano: La Princesse Maleine,1890; Pelléas et Mélisande, 1892; Aglavaine et Sélysette, 1896; Monna Vanna, 1902. Nella fiaba teatrale L'Oisseau Bleu (1909), ciò che rappresenta l'Uccello Azzurro è il segreto delle cose e della felicità. Vi si legge: "l'Uccellino Azzurro, il vero, il solo che possa vivere alla luce del giorno, si nasconde qua, fra gli uccelli azzurri del sogno che si nutrono di raggi di luna e muoiono appena sorge il sole...". In essa sono rappresentati sotto forma di creature di sogno vari elementi o simboli archetipici quali La Notte, Le Stelle, La Luce, Il Fuoco, L'Acqua, Il Pane, Lo Zucchero, Il Latte, Il Cane, La Gatta, gli Alberi e gli Animali della foresta, L'Amor Materno, I Bambini Azzurri (che aspettano l'ora della nascita), Il Tempo. La fiaba è intessuta di immagini sognanti, di rara poesia: "I bambini fuggono dai giardini, le mani piene di uccelli che si dibattono, attraverso la sala tra svolìo di ali azzurrine...". La morale che si legge tra le righe è lampante: quelli che hanno il cuore puro non cercheranno mai invano l'uccello azzurro anche se non esiste che al di là dei limiti del mondo.

In Aglavaine et Sélysette, puro gioiello della letteratura, egli fa dire ad Aglavaine parole molto significative : "Se qualcuno deve soffrire, questi dobbiamo essere noi. Ci sono mille doveri, ma io credo che ci si sbagli raramente quando si cerca prima di tutto di togliere una sofferenza al più debole per addossarsela".

Per Maurice Maeterlinck ogni realtà porta sempre un velo di mistero e di sogno. Sotto questo velo, come bene asserisce in chiusura del discorso in occasione del conferimento del Premio Nobel C. D. Af Wirsen, "si nasconde la verità profonda dell'esistenza e, quando un giorno il velo sarà sollevato, si scoprirà l'essenza delle cose".


Fonte: Francois Albert Buisson, La vita e l'opera di Maurice Maeterlinck, 1965, Milano


© Felice Serino





venerdì 10 marzo 2023

Afa



vene esplose di questo giorno d'afa



me ne sto seduto s'una pietra

ancora calda di sole

rimuginando pensieri



come nuvole vaganti



-nell'immaginario

ora capre ora angeli-


giovedì 9 marzo 2023

Van Gogh

Van Gogh, Campo di grano con volo di corvi, 1890


certo

si può dire di lui che fu uno

toccato dalla grazia 

se il senso del tempo spalmava

la follia sulla tela

col giallo a invadere visioni

allucinate

martedì 7 marzo 2023

Stato di grazia


non lui che scrive

non volute le parole emergono

dai recessi di un dove

viscerale

e in quel mentre si ritrae la morte -

è lo stato di grazia

per chi viene detto poeta

o costruttore di sogni 

lunedì 6 marzo 2023

Silenzi d'acque




silenzi d'acque ―

langue 

la luce ―


e smemora


un grande lenzuolo avvolge

gli alberi le case


5.3.23

domenica 5 marzo 2023

Naufrago di sogni


cosa incresciosa  

quel periodo no

dell'aridità d' ispirazione

-capita a tutti- e ti vedi

impoverito

annientato come

disteso bocconi sull'arenile

naufrago di sogni

sabato 4 marzo 2023

DALI' GENIO E SREGOLATEZZA

 



Di Felice Serino



Eccessivo, eccentrico, paradossale, contraddittorio. Non ci sono appellativi che non siano stati usati per esprimere le caratteristiche di questo personaggio eclettico e dissacrante, nato per eccellere e stupire agli inizi del XX secolo.

Salvador Dalì è nato due volte. La prima, a Figueras, il 21 ottobre 1901, ma il bimbo morì a 21 mesi di vita. Il Nostro nascerà nove mesi e dieci giorni dopo la sua morte, l'11 maggio 1904. Egli si trascinerà dietro tutta la vita il peso di dover reincarnare il fratello maggiore di cui porta il nome: "una sorta di complesso di colpa del sosia, trasformato in fissazione paranoica, estetica" (Marco Vallora). "Tutte le mie eccentricità, tutte le mie esibizioni incoerenti sono la tragica costante della mia vita", si legge in Conversazione con Dalì (1969), di Alain Bosquet. "Devo provare a me stesso che non sono il fratello morto ma quello vivo. Come nel mito di Castore e Polluce, uccidendo mio fratello ho conquistato l'immortalità per me stesso". Come dire che la morte del primo Salvador è la molla, l'arco teso che lo lancerà molto lontano...nel firmamento della pittura.

"Lo si voglia o no, sono stato chiamato a realizzare prodigi", ha dichiarato. Nella sua biografia si legge che ha una relazione ambigua col poeta Garcia Lorca, ma si dice che Dalì abbia sempre rifiutato le ripetute avances di Federico.

"Canto le tue ansie d'eterno illimitato", scriverà il poeta in una sua ode dedicata all'amico.Dalì è stato uno dei maggiori esponenti del Surrealismo (nuovo spirito dell'arte battezzato da Apollinaire col nome di Superrealismo, al debutto del balletto Parade di Cocteau, 1917); costituito fra gli altri dai poeti Paul Eluard e Andrè Breton, dal cineasta Bunuel, dagli artisti figurativi Manritte, Ernst, Mirò, Man Ray; e ancora, Edward James, Hans Arp, Arpo Marx (solo per citare quelli che diverranno famosi).

Sposò dopo una convivenza di molti anni, Gala Diakonoff di dieci anni più grande, moglie del poeta Eluard (da cui poi divorziò), ed ex compagna di De Chirico; una donna-manager avida di potere, la quale impostò da subito la relazione col ruolo di "protettrice", o meglio di impresario, relegando a Dalì quello di "dipendenza", e desiderosa di organizzargli la vita. In amore prediligeva il triangolo; ma grandi furono le sue sfuriate di gelosia quando nel periodo precedente la seconda guerra mondiale Dalì divenne amante di Edward James.Egli non era per lei che una semplice "macchina per far soldi".

"I Dalì sono due, uno appartenente al suo mondo di vivida, geniale e avvincente paranoia, in cui vive più della metà della sua vita; l'altro è l'accorto affarista, creato dalla moglie Gala" (Edward James a Dalì, marzo 1941).

(Fu Andrè Breton a coniare l'anagramma Avida Dollars dal nome Salvador Dalì - cosa che divertì molto l'interessato).

Il miele è più dolce del sangue (1927) fu il suo primo dipinto surrealista. Famosa la serie dei suoi orologi molli. Molti i disegni e i dipinti raffiguranti la moglie Gala. Soggetti della sua arte, anche i ritratti di Eluard, Lenin, Freud.

Dal 1927 al 1929 fu il periodo per lui più prolifico e rappresentativo. Famoso resta il suo ritratto a una vedette del cinema, Mae West.

La sua potenza espressiva, l'intensità cromatica delle forme nello spazio e nella luce, davano voce e sangue alla tela. Alcuni dei suoi quadri, unici e dalla stesura raffinata, restano l'espressione dell'inconscio collettivo del XX secolo. Egli, il genio, ne è l'archetipo.

Vogliamo qui aprire una parentesi per dire che nell'immaginazione popolare il genio è sempre dotato di poteri magici; è sempre considerato come agente di una forza esterna. Questo potere può risultare misterioso anche al genio stesso. Egli obbedisce a una sorta di desiderio istintivo, a una necessità interiore.

L'arte visionaria di Dalì passa alla storia anche per i titoli bizzarri e improponibili quali, per citarne qualcuno: "Burocrate medio atmosferocefalico nell'atto di mungere un'arpa cranica", "Teschio atmosferico che sodomizza un pianoforte a coda", "Autoritratto molle con pancetta fritta", "Lo svezzamento del nutrimento dei mobili", "Acido Galacidalacide sossiribonucleico (Omaggio a Crick e Watson)".

Nella storia dell'arte, in modo specifico egli è il Surrealismo, in una rappresentazione personalissima, spesso dal contenuto delirante, definita "metodo paranoico-critico".La sua opera apre le porte verso universi paralleli, in una visione allucinatoria; ma Dalì è ben consapevole del confine che separa il mondo reale dall'immaginario.

Nel 1944 Alfred Hitchcock lo volle per la realizzazione delle sequenze oniriche per il film Io ti salverò, con Gregory Peck e Ingrid Bergman. Si trattava di illustrare i sogni del protagonista in preda ad amnesia.

Egli era originale ad ogni costo e viveva di un protagonismo insaziabile. Sempre in equilibrio sulla corda tesa delle sue assurde trovate, ad una conferenza alla Sorbona del 1955, si presentò in una Rolls-Royce bianca, stipata di cavolfiori. Nelle sue performances, ogni cosa che toccava si trasformava in oro. Scrive nel suo Diario di un genio: "in uno stato di permanente erezione intellettuale ogni mio desiderio è esaudito".

Un sempre crescente numero di psichiatri vedevano in lui un caso allettante dal punto di vista di uno studio ravvicinato. Egli è noto agli studiosi della psiche come un "perverso polimorfo".

Nell'opera daliniana gli istinti sessuali appaiono cerebralizzati e sublimati dall'arte.

Dalì era sempre eccessivo e le sue manie grandiose e strampalate spesso infastidivano. Fu molto criticato dalla stampa e dall'opinione pubblica, e anche minacciato, per aver dichiarato di simpatizzare per il generale Franco.

Fino alla fine, ebbe il culto paradossale della propria immagine. Negli ultimi tempi, fra gli alti e bassi della malattia che lo aveva colpito (morbo di Parkinson), si lamentava dicendo com'era difficile morire. (Gli era già mancata Gala da alcuni anni).

Fantasma di se stesso, morì a 87 anni, il 23 gennaio 1989, nella clinica dove era stato ricoverato per collasso cardiaco.


Fonte

Meredith Etherington-Smith, Dalì, Garzanti 1994.


© Felice Serino


Leda atomica









venerdì 3 marzo 2023

Questo avvicendarsi degli anni




le volte che ti coglie sonnolenza

frammisti brevi tratti allucinati

la testa reclina sulle braccia



lento meriggiare assolato 

il ronzio 

d' una mosca e voci indistinte dal cortile



e questo avvicendarsi degli anni

come una marea che ti porta


 

ma ancora t' accora -inno 

alla vita-

un non raro cinguettio sul davanzale

giovedì 2 marzo 2023

Eterno presente


ho sognato una piazza la sua 

circolarità senza confini

forse dava nell'altra dimensione



chiamava il mio sangue l'aleph 

di borges il suo eterno 

presente - dove sei tutto e il Tutto

è te - dove il Figlio 

rinnova le sue lucenti piaghe

cogliendo i perduti