Di Felice Serino
Personalità
dal carattere forte e volitivo, che per la sua fede nella verità fu
spesso pietra d'inciampo e che eccelse in coerenza fino al limite
dell'estremismo più radicale, Simone Weil nacque il 3 febbraio 1909
a Parigi.
A 14
anni attraversa una crisi di sconforto adolescenziale ("ho
seriamente pensato a morire a causa della mediocrità delle mie
facoltà naturali"). A 21 le si manifestano quelle cefalee che
la faranno soffrire atrocemente sino alla fine della sua vita. ("Il
mio impulso, nelle crisi di mal di testa" - confessa - "è
colpire qualcuno alla testa"). Un estremo sforzo di attenzione
le permette di lasciar soffrire la carne " per conto suo,
rannicchiata in un angolo". All'inizio degli anni '30, quando
milita nei ranghi del sindacalismo rivoluzionario, la Weil professa
un antimilitarismo radicale. "Il patriottismo (...) non tende ad
altro che a trasformare gli uomini in carne da cannone" (1).
Professoressa al liceo
di Auxerre, Simone nel dicembre '34 non disdegna di sperimentare il
lavoro manuale, prestando opera come manovale presso Alsthom (società
di costruzioni meccaniche) a Parigi ("lavoro durissimo, calore
insopportabile, fiamme che lambivano le braccia..."). L'anno
seguente la Weil lavora come fresatrice alla Renault. A settembre, in
Portogallo, nel villaggio Pavoa do Varzim, a 80 chilometri circa a
nord di Porto, ella percepisce l'affinità tra Cristo e i più
poveri, scoprendo il cristianesimo nella sua dimensione più vera e
straziante. Quella data, 15 settembre, è la festa patronale di
Nostra Signora dei 7 Dolori.
Nell'agosto
'36, Simone Weil s'impegna nella guerra civile in Spagna nelle file
degli anarco-sindacalisti. Partita per prendere parte a una
rivoluzione, ella si rende conto di non far altro che partecipare a
una guerra. L'anno seguente, Assisi è la prima delle tre tappe della
sua conversione. "Fu una volta che ero intenta a recitare la
poesia Love" [di George Herbert, n.d.a.] - scrive - "che
Cristo stesso è disceso e mi ha presa". Da allora la poesia
diventa preghiera. La sua conversione assume contorni più netti
durante il soggiorno all'abbazia di Solesmes, nella settimana santa.
Ha allora 29 anni.
Nella
primavera del '40, Simone conoscerà le Bhagavad Gìta, dalla cui
lettura riceverà, per sua ammissione, un'impronta permanente. Su
consiglio di René Daumal ella si avvierà allo studio del sanscrito,
lingua originale del testo sacro.
Dopo
aver lasciato Parigi, il 13.6.1940, giorno in cui la capitale
francese viene dichiarata "città aperta", Simone in
settembre s'installa a Marsiglia e prende contatti con gli ambienti
della Resistenza. La rete alla quale appartiene viene scoperta, e
nella primavera del '41 ella viene interrogata per quattro volte
dalla polizia. Ogni volta si aspetta di venir arrestata e prepara la
valigia con alcuni vestiti... Resterà fino al marzo '42 alla base
dell'organizzazione e della diffusione dei quaderni clandestini della
Resistenza, i Cahiers du Témoignage chétien per i sei dipartimenti
del Sud-Est. Nel giugno '41, Simone va a trovare padre Joseph-Marie
Perrin presso il convento domenicano a Marsiglia, dietro richiesta di
questi di conoscerla; lei gli chiede di voler fare l'operaia
agricola, e il frate la indirizza da Gustave Thibon a Saint Marcel
d'Ardeche. La Nostra si appassiona al Tao Te Ching e studia le
Upanishads. Impara a memoria il Pater in greco; inoltre s'interessa
molto di Platone e riconosce in lui un mistico, vero testimone di
Dio. L'incontro con Lanza Del Vasto, avvenuto lo stesso anno, a
Marsiglia, permetterà a Simone di percepire meglio il reale
significato della "non-violenza alla Gandhi". Come la Weil,
anche Del Vasto si meraviglia delle compromissioni della Chiesa col
potere e con l'impero della violenza. Egli ricorda Simone in un suo
libro, e ad un certo punto aggiunge che, ascoltandola parlare, "nel
giro di dieci minuti non si vedeva più il suo viso; si percepiva
soltanto l'anima, in cui risplende il fuoco della giustizia"
(2).
Il 6 luglio '42, Simone
Weil parte per New York. Qui conosce, fra gli altri, Jacques
Maritain. Il 14 dicembre si stabilisce a Londra, dove viene assegnata
come redattrice alla Direction de l'interieur de la France Libre
(commissariat à l'action sur la France).
IL PENSIERO, L'OPERA,
L'ESPERIENZA SPIRITUALE
Nel '34
Simone Weil scrisse Rèflexions sur les causes de l'oppression
sociale et de la liberté, considerato dal suo maestro Alain opera di
prima grandezza, e che lei non pubblicò mai soprattutto per le
critiche di un amico. La Weil si ricollega volentieri alle analisi
proposte da Marx sull'oppressione dei lavoratori da parte del sistema
produttivo della grande industria e sull'asservimento dei cittadini
da parte del sistema di governo dello stato. Ecco come si esprime in
uno dei suoi pensieri dal profondo spessore filosofico: "Il
padrone è schiavo dello schiavo nel senso che lo schiavo fabbrica il
padrone".
La Weil
sarà anche tra i primi a denunciare le deviazioni della rivoluzione
sovietica. Autrice di numerosi articoli su questioni sociali ( in L'
Effort, La Tribune, ecc.), ebbe anche varie conversazioni con Leon
Trotsky, incontrato nel '33 quando fu ospite dei suoi genitori per
qualche giorno. Con lui nutriva divergenze di idee non tanto sul
proletariato, quanto sulla difesa della "persona". Una
prossimità spirituale e politica tra la Weil e Georges Bernanos è
davvero inconcepibile. Tuttavia, Bernanos denuncia "l'impero
della forza" allo stesso modo di Simone. Egli teme che ben
presto i giovani facciano "della crudeltà una virtù virile",
sicché la "misericordia" appaia loro segno di debolezza e
stupidità. Ciò che ferisce più profondamente Bernanos è che i
crimini della crociata franchista vengano commessi in nome del
cristianesimo e con la benedizione della Chiesa.
Il poeta Joe Bousquet,
che Simone aveva conosciuto a Carcasonne nel marzo '42, riconobbe
immediatamente la poetica autentica dalle poche pagine che ella gli
aveva mostrato. "Si direbbe che il ritmo dei versi è per voi
quello della coscienza", le scriverà in una lettera (3). (Nel
1918, a 21 anni, Bousquet era un corpo che viveva solo a metà,
colpito da un proiettile alla spina dorsale). La Weil aveva scritto
una decina di poesie e le aveva sottoposte al giudizio di Paul Valèry
e dello stesso Bousquet. Ella compose anche Venise sauvée, tragedia
in tre atti, durante l'esilio a Londra, eche rimase incompiuta. "Sono
convinta", scrisse in una lettera all'amico Bousquet, "che
la sventura da una parte, e dall'altra la gioia come adesione totale
e pura alla perfetta bellezza, implicanti entrambe la perdita
dell'esistenza personale, sono le due sole chiavi per mezzo delle
quali si entra nel paese puro, il paese respirabile, il paese del
reale" (4).
"A
me fa impressione, nella vicenda di Simone Weil, la sua situazione di
apolide", scrive Giovanni Pizzutto. "In realtà Simone Weil
è ebrea ma è contro il semitismo; è marxista ma rifiuta il
totalitarismo; è europea ed innamorata della cultura greca e della
religione indù; è vicina alla Chiesa (...) però non si sente di
entrare nella Chiesa" (5). Il futuro papa Paolo VI diceva a
Thibon che era cosa molto spiacevole che Simone non avesse spinto
fino al battesimo la sua conversione al cristianesimo, perché
meritava di essere fatta santa. Simone Weil apparteneva alla
categoria dei predestinati che vivono "come se essi vedessero
l'invisibile". Per lei il vertice del cristianesimo era che
l'amore e la verità si uniscono soltanto sulla croce. Perché la
verità è terribile. Padre Perrin precisò i limiti entro cui Simone
Weil rifiutava la formula agostiniana Fuori dalla Chiesa nessuna
salvezza. Tale formulazione del mistero cristiano è diametralmente
opposta alla sua apertura universale. Simone riduceva la Chiesa,
istintivamente, al grande animale sociologico, secondo l'espressione
usata da Platone. La prova crocifiggente dell'amicizia con Joseph M.
Perrin fu proprio il rifiuto di Simone per il battesimo. Ella era
trattenuta sulla soglia della Chiesa da difficoltà insormontabili,
come lei asseriva, di ordine filosofico. Ma pare acquisito che Simone
sia stata battezzata dalle mani di un'amica, Simone Deitz,
probabilmente alla fine di giugno '43, all'epoca del soggiorno presso
l'ospedale Middlesex di Londra, dove ella era stata ricoverata il 15
aprile, perché ammalata di tubercolosi. Quale significato bisogna
dare a questo tardivo battesimo, sul quale ella preferì mantenere il
silenzio?
Riguardo
il suo ineffabile desiderio di annientarsi in Dio, ecco dai Cahiers
(17 quaderni di "pensieri" scritti dall'inizio del '41, a
Marsiglia, alla fine del '42, in America) una breve preghiera, da far
venire i brividi: "Padre, poiché tu sei il Bene e io sono il
mediocre, strappa da me questo corpo e questa anima e fanne cose tue,
e di me non lasciar sussistere, in eterno, altro che lo strappo
stesso, oppure il nulla". Desiderare d'essere nient'altro che lo
strappo: sentimento inconcepibile per un comune mortale che non sia
dotato di una "mente" superiore!
Trasferita
al sanatorio di Ashford, nella contea di Kent, il 17 agosto, Simone
Weil muore dopo una settimana, nel sonno. Viene sepolta il giorno 30
nel "New Cemetery" di Ashford.
Molte
delle opere della Weil sono state pubblicate postume. Alcune fra le
più importanti: Attente de Dieu, La Colombe, Paris 1950; La
connaissance surnaturelle, Gallimard, Paris 1950; Cahiers I, II, III,
Plon, Paris, rispettivamente negli anni '51, '53, '56.
Bibliografia e fonti
(1) Simone Weil, Oeuvres complètes. Ecrits historiques et
politiques, Gallimard, Paris 1960 ;
(2)
Lanza Del Vasto, L'arca aveva una vigna per vela, Jaka Book, Milano
1980;
(3) Joe Bousquet, Cahiers du Sud, Rivage, Marseille 1981 (rèedition)
;
(4) Simone Weil, Pensée sans ordre concernant l'amour de Dieu,
Gallimard, Paris 1962 ;
Canciani,
Fiori, Gaeta, Marchetti, Simone Weil, la passione della verità,
Morcelliana, Brescia 1984.
Felice Serino