martedì 28 febbraio 2023

Ceneri e kronos

 


ti parrebbe certo fuori luogo

durante un lauto pranzo se 

ascoltassi di morte e di ceneri



-io le custodisco in un' urna

-no guarda preferisco

le disperdano in mare o nell'aria



pensa: siamo niente - a divorarci

kronos -occhi 

di vento e pulviscolo nell'aria



tra un boccone e l'altro 

guardando oltre questa 

morte che ci attraversa


lunedì 27 febbraio 2023

Ritornare

 



ri-tornare?

per ancora sanguinare?



a sfiorarci una felicità

effimera

a trapassarci gli strali

del destino



quando la gioia piena?



giunta l' ora risparmiaci 

la "ruota" se fosse nei Tuoi piani - e

che la morte sia una



accoglici per sempre

nell'alveo Tuo d' amore



(la ruota si riferisce al samsara)

domenica 26 febbraio 2023

Fedeltà alla vita


(ad Aleksandr Solženicyn)


fatti per la meraviglia

la tenerezza

l'amore


alla gerarchia e all'odio

opponiamo

il tuo j'accuse in virgole di fuoco


una vita

fedele alla vita

-allodola trafitta-


26.2.23


sabato 25 febbraio 2023

LA POESIA DI NIL




 

Di Felice Serino



Nedda Falzolgher, detta Nil, nasce il 26 febbraio 1906 a Trento, quando quella parte del territorio è ancora sotto il dominio austriaco. Il padre era un bancario e la madre di ricca famiglia. Primogenita, sensibile, intelligente, vive nei primi anni una vita serena e gioiosa. La bimba cresce bene fino all'età di cinque anni, quando inattesa la disgrazia viene a stravolgere il suo destino: è colpita da paralisi infantile, o più comunemente detta, poliomielite.

Ella si sente attratta per vocazione naturale verso la scrittura e la poesia; vocazione che rappresenta per il suo spirito sofferto una specie di resurrezione.

"Nil non poteva andare verso le cose, ma le cose venivano a lei a cimentare la sua forza e la sua gioia, e tutto la investiva e subito l'abbandonava, lasciando segni di grazia sulla sua anima con il moto dell'onda marina che scrive parole di vita su tutta la riva" (da Il libro di Nil).

I genitori cercano di renderle la vita meno disagevole possibile. La mamma la incoraggia in quella sua insaziabile sete di cultura che la indirizza verso la scrittura alimentando il suo mondo interiore. Nedda apprenderà ad uscire da quel mondo circoscritto dalle pareti di casa per conoscere il mondo esterno, perseguendo il raggiungimento di un ideale superiore.

Dall'età di 27 anni, ella riceve in casa amici poeti e artisti, e la sua dimora diviene presto un punto d'incontro culturale. Fra i giovani frequentatori c'è un ragazzo, Franco Bertoldi, che resterà per lei un amore impossibile.


"Non ti darò contro il petto dolore

più che il rigoglio delle fronde sciolte.

Dammi tu spazio allora per questa morte:

io non ho solco per vivere

e non ho paradiso per morire;

e sento in me stormire

quest'agonia d'amore,

bionda, contro la zolla che la ignora...".


Nella sua opera Il libro di Nil, pubblicato postumo dal padre, c'è una sezione di poesie intitolata Ritmi dell'infinito, dove si leggono versi scritti durante la guerra.


"Stasera io sono stanca

delle tue mani lontane;

stanca di grandi stelle disumane,

com'è sazia l'agnella di erbe amare...".


Il 2 settembre 1943 Trento fu bombardata e Nedda fu salvata dalle macerie, insieme ai genitori. In seguito, la ragazza inizierà una corrispondenza con Domenico, suo salvatore e amico, facente parte di un servizio di volontariato. Lo spirito altruistico e la bontà di Domenico fanno sì che Nedda si avvicini ad una dimensione spirituale personale intensa.


"Ma una luce è posata sulle cose,

come la carità senza parola;

e ogni vita attende sola

che la raccolga con gesto d'amore".


La guerra termina e la ragazza può tornare a casa. Intanto la madre da tempo malata, viene a mancare nel settembre del '50.


"T'amo, Signore, per la muta passione delle rose.

T'amo per le cose della vita leggere,

le cose che sognano i morti la sera

dentro la terra calda,

sotto il limpido brivido degli astri.

Ma più t'amo, Signore per la misericordia

delle tue grandi campane

che portano nel vento

verso l'anima della sera

la nostra povera preghiera".


Nedda ha sempre continuato a scrivere nel trascorrere degli anni. Ora, sente la vita sfuggirle e soffre per quel che non ha vissuto.


"Ora tu vedi queste mie canzoni

simili tanto alle foglie che sperdi,

amaro Iddio del silenzio.

E sai che non hanno feste di sole

perché di tutto il sole tu inondi

la Terra dove cammina l'amore".

"Ascolta ancora, Dio,

le sorgenti, e perdona,

e nella mano portaci, col seme

delle stagioni innocenti".


Nil rende lo spirito il 2 marzo '56, a 50 anni.



Chiudiamo questo breve excursus con dei versi stupendi, nati da quest'anima candida:


"...Che ansia, allodola pura,

questo palpito d'angelo sommerso

che ha smarrito la vena dei venti;

sul respiro del mondo senti

ancora tutte le stelle

mutar la tua voce in chiarore...".



[Notizie liberamente tratte da: Nedda Falzolgher - la poesia, la vita, Isa Zanni, Linguaggio Astrale n. 136/04]


Bibliografia

Nedda Falzolgher: poesia e spiritualità, edizione Comune di Trento 1990

Nedda Falzolgher: il cuore, la poesia, edizione Comune di Trento 1990


© Felice Serino








venerdì 24 febbraio 2023

Le parole ti fanno volare


quell' immaginoso

come in un sogno ad occhi aperti

è un ondivagare di due versi nella

mente domani forse se ne

aggiungerà qualche altro

le parole ti fanno volare

ma la concisione vuole

sia detto "tanto con poco"



empito che sale

come una piccola marea

da attentamente vegliare

giovedì 23 febbraio 2023

Il fiore del sempre


(ispirandomi a una conferenza di Rudolf Steiner)



vivessi pure cent' anni

non saprei mai chi sono

laddove l'umano m' inibisce

la memoria dell'origine



pure urge in me un essere

superiore - il fiore-del-sempre - che

mi sarà rivelato

quando

si aprirà all' eterno

il trasfigurato corpo

martedì 21 febbraio 2023

Un giorno senza tempo


quando stavo per andarmene

sentii tirarmi per i piedi



io nel sogno io sogno 

criptato



un giorno senza tempo

nella meridiana di sole



ero

tra gli angeli e i morti

lunedì 20 febbraio 2023

Relativo

 



dall'apparire dello strisciante

inganno convenzioni lussuria

i pilastri del mondo



relativo il tempo 

come il soma come la morte

(il morire: una scrematura)



non del mondo l'Assoluto -che 

è vita nascosta

sabato 18 febbraio 2023

SIMONE WEIL, IL FUOCO DELLA VERITA'

 



Di Felice Serino



Personalità dal carattere forte e volitivo, che per la sua fede nella verità fu spesso pietra d'inciampo e che eccelse in coerenza fino al limite dell'estremismo più radicale, Simone Weil nacque il 3 febbraio 1909 a Parigi.

A 14 anni attraversa una crisi di sconforto adolescenziale ("ho seriamente pensato a morire a causa della mediocrità delle mie facoltà naturali"). A 21 le si manifestano quelle cefalee che la faranno soffrire atrocemente sino alla fine della sua vita. ("Il mio impulso, nelle crisi di mal di testa" - confessa - "è colpire qualcuno alla testa"). Un estremo sforzo di attenzione le permette di lasciar soffrire la carne " per conto suo, rannicchiata in un angolo". All'inizio degli anni '30, quando milita nei ranghi del sindacalismo rivoluzionario, la Weil professa un antimilitarismo radicale. "Il patriottismo (...) non tende ad altro che a trasformare gli uomini in carne da cannone" (1).

Professoressa al liceo di Auxerre, Simone nel dicembre '34 non disdegna di sperimentare il lavoro manuale, prestando opera come manovale presso Alsthom (società di costruzioni meccaniche) a Parigi ("lavoro durissimo, calore insopportabile, fiamme che lambivano le braccia..."). L'anno seguente la Weil lavora come fresatrice alla Renault. A settembre, in Portogallo, nel villaggio Pavoa do Varzim, a 80 chilometri circa a nord di Porto, ella percepisce l'affinità tra Cristo e i più poveri, scoprendo il cristianesimo nella sua dimensione più vera e straziante. Quella data, 15 settembre, è la festa patronale di Nostra Signora dei 7 Dolori.

Nell'agosto '36, Simone Weil s'impegna nella guerra civile in Spagna nelle file degli anarco-sindacalisti. Partita per prendere parte a una rivoluzione, ella si rende conto di non far altro che partecipare a una guerra. L'anno seguente, Assisi è la prima delle tre tappe della sua conversione. "Fu una volta che ero intenta a recitare la poesia Love" [di George Herbert, n.d.a.] - scrive - "che Cristo stesso è disceso e mi ha presa". Da allora la poesia diventa preghiera. La sua conversione assume contorni più netti durante il soggiorno all'abbazia di Solesmes, nella settimana santa. Ha allora 29 anni.

Nella primavera del '40, Simone conoscerà le Bhagavad Gìta, dalla cui lettura riceverà, per sua ammissione, un'impronta permanente. Su consiglio di René Daumal ella si avvierà allo studio del sanscrito, lingua originale del testo sacro.

Dopo aver lasciato Parigi, il 13.6.1940, giorno in cui la capitale francese viene dichiarata "città aperta", Simone in settembre s'installa a Marsiglia e prende contatti con gli ambienti della Resistenza. La rete alla quale appartiene viene scoperta, e nella primavera del '41 ella viene interrogata per quattro volte dalla polizia. Ogni volta si aspetta di venir arrestata e prepara la valigia con alcuni vestiti... Resterà fino al marzo '42 alla base dell'organizzazione e della diffusione dei quaderni clandestini della Resistenza, i Cahiers du Témoignage chétien per i sei dipartimenti del Sud-Est. Nel giugno '41, Simone va a trovare padre Joseph-Marie Perrin presso il convento domenicano a Marsiglia, dietro richiesta di questi di conoscerla; lei gli chiede di voler fare l'operaia agricola, e il frate la indirizza da Gustave Thibon a Saint Marcel d'Ardeche. La Nostra si appassiona al Tao Te Ching e studia le Upanishads. Impara a memoria il Pater in greco; inoltre s'interessa molto di Platone e riconosce in lui un mistico, vero testimone di Dio. L'incontro con Lanza Del Vasto, avvenuto lo stesso anno, a Marsiglia, permetterà a Simone di percepire meglio il reale significato della "non-violenza alla Gandhi". Come la Weil, anche Del Vasto si meraviglia delle compromissioni della Chiesa col potere e con l'impero della violenza. Egli ricorda Simone in un suo libro, e ad un certo punto aggiunge che, ascoltandola parlare, "nel giro di dieci minuti non si vedeva più il suo viso; si percepiva soltanto l'anima, in cui risplende il fuoco della giustizia" (2).

Il 6 luglio '42, Simone Weil parte per New York. Qui conosce, fra gli altri, Jacques Maritain. Il 14 dicembre si stabilisce a Londra, dove viene assegnata come redattrice alla Direction de l'interieur de la France Libre (commissariat à l'action sur la France).



IL PENSIERO, L'OPERA, L'ESPERIENZA SPIRITUALE


Nel '34 Simone Weil scrisse Rèflexions sur les causes de l'oppression sociale et de la liberté, considerato dal suo maestro Alain opera di prima grandezza, e che lei non pubblicò mai soprattutto per le critiche di un amico. La Weil si ricollega volentieri alle analisi proposte da Marx sull'oppressione dei lavoratori da parte del sistema produttivo della grande industria e sull'asservimento dei cittadini da parte del sistema di governo dello stato. Ecco come si esprime in uno dei suoi pensieri dal profondo spessore filosofico: "Il padrone è schiavo dello schiavo nel senso che lo schiavo fabbrica il padrone".

La Weil sarà anche tra i primi a denunciare le deviazioni della rivoluzione sovietica. Autrice di numerosi articoli su questioni sociali ( in L' Effort, La Tribune, ecc.), ebbe anche varie conversazioni con Leon Trotsky, incontrato nel '33 quando fu ospite dei suoi genitori per qualche giorno. Con lui nutriva divergenze di idee non tanto sul proletariato, quanto sulla difesa della "persona". Una prossimità spirituale e politica tra la Weil e Georges Bernanos è davvero inconcepibile. Tuttavia, Bernanos denuncia "l'impero della forza" allo stesso modo di Simone. Egli teme che ben presto i giovani facciano "della crudeltà una virtù virile", sicché la "misericordia" appaia loro segno di debolezza e stupidità. Ciò che ferisce più profondamente Bernanos è che i crimini della crociata franchista vengano commessi in nome del cristianesimo e con la benedizione della Chiesa.

Il poeta Joe Bousquet, che Simone aveva conosciuto a Carcasonne nel marzo '42, riconobbe immediatamente la poetica autentica dalle poche pagine che ella gli aveva mostrato. "Si direbbe che il ritmo dei versi è per voi quello della coscienza", le scriverà in una lettera (3). (Nel 1918, a 21 anni, Bousquet era un corpo che viveva solo a metà, colpito da un proiettile alla spina dorsale). La Weil aveva scritto una decina di poesie e le aveva sottoposte al giudizio di Paul Valèry e dello stesso Bousquet. Ella compose anche Venise sauvée, tragedia in tre atti, durante l'esilio a Londra, eche rimase incompiuta. "Sono convinta", scrisse in una lettera all'amico Bousquet, "che la sventura da una parte, e dall'altra la gioia come adesione totale e pura alla perfetta bellezza, implicanti entrambe la perdita dell'esistenza personale, sono le due sole chiavi per mezzo delle quali si entra nel paese puro, il paese respirabile, il paese del reale" (4).

"A me fa impressione, nella vicenda di Simone Weil, la sua situazione di apolide", scrive Giovanni Pizzutto. "In realtà Simone Weil è ebrea ma è contro il semitismo; è marxista ma rifiuta il totalitarismo; è europea ed innamorata della cultura greca e della religione indù; è vicina alla Chiesa (...) però non si sente di entrare nella Chiesa" (5). Il futuro papa Paolo VI diceva a Thibon che era cosa molto spiacevole che Simone non avesse spinto fino al battesimo la sua conversione al cristianesimo, perché meritava di essere fatta santa. Simone Weil apparteneva alla categoria dei predestinati che vivono "come se essi vedessero l'invisibile". Per lei il vertice del cristianesimo era che l'amore e la verità si uniscono soltanto sulla croce. Perché la verità è terribile. Padre Perrin precisò i limiti entro cui Simone Weil rifiutava la formula agostiniana Fuori dalla Chiesa nessuna salvezza. Tale formulazione del mistero cristiano è diametralmente opposta alla sua apertura universale. Simone riduceva la Chiesa, istintivamente, al grande animale sociologico, secondo l'espressione usata da Platone. La prova crocifiggente dell'amicizia con Joseph M. Perrin fu proprio il rifiuto di Simone per il battesimo. Ella era trattenuta sulla soglia della Chiesa da difficoltà insormontabili, come lei asseriva, di ordine filosofico. Ma pare acquisito che Simone sia stata battezzata dalle mani di un'amica, Simone Deitz, probabilmente alla fine di giugno '43, all'epoca del soggiorno presso l'ospedale Middlesex di Londra, dove ella era stata ricoverata il 15 aprile, perché ammalata di tubercolosi. Quale significato bisogna dare a questo tardivo battesimo, sul quale ella preferì mantenere il silenzio?

Riguardo il suo ineffabile desiderio di annientarsi in Dio, ecco dai Cahiers (17 quaderni di "pensieri" scritti dall'inizio del '41, a Marsiglia, alla fine del '42, in America) una breve preghiera, da far venire i brividi: "Padre, poiché tu sei il Bene e io sono il mediocre, strappa da me questo corpo e questa anima e fanne cose tue, e di me non lasciar sussistere, in eterno, altro che lo strappo stesso, oppure il nulla". Desiderare d'essere nient'altro che lo strappo: sentimento inconcepibile per un comune mortale che non sia dotato di una "mente" superiore!

Trasferita al sanatorio di Ashford, nella contea di Kent, il 17 agosto, Simone Weil muore dopo una settimana, nel sonno. Viene sepolta il giorno 30 nel "New Cemetery" di Ashford.

Molte delle opere della Weil sono state pubblicate postume. Alcune fra le più importanti: Attente de Dieu, La Colombe, Paris 1950; La connaissance surnaturelle, Gallimard, Paris 1950; Cahiers I, II, III, Plon, Paris, rispettivamente negli anni '51, '53, '56.



Bibliografia e fonti


(1) Simone Weil, Oeuvres complètes. Ecrits historiques et politiques, Gallimard, Paris 1960 ;

(2) Lanza Del Vasto, L'arca aveva una vigna per vela, Jaka Book, Milano 1980;

(3) Joe Bousquet, Cahiers du Sud, Rivage, Marseille 1981 (rèedition) ;

(4) Simone Weil, Pensée sans ordre concernant l'amour de Dieu, Gallimard, Paris 1962 ;

Canciani, Fiori, Gaeta, Marchetti, Simone Weil, la passione della verità, Morcelliana, Brescia 1984.


Felice Serino




venerdì 17 febbraio 2023

Visione




siamo mare aperto

espandersi dei sensi

in onde di luce



la nostra stella

custodisce 

i vergini sogni

giovedì 16 febbraio 2023

Domani credi giungerà


come canta vasco

a questa vita non sai dare un senso

domani credi giungerà

un come un quando


all'alba

le finestre avranno occhi

nuovi per la meraviglia

espansa nella misterica luce 


13-16.2.23

mercoledì 15 febbraio 2023

Che si alzi e continui

 

A Morning in March, c.1920  dipinto di Nikolai Astrup


Che si alzi e continui, nonostante tutto!

Eccolo per quello, per esaurirsi, fino alla fine. Solo l'anima conta, e deve dominare tutto il resto. Breve o lunga che sia, la vita vale qualcosa solo se al momento di rinunciarci non dobbiamo arrossirne. Quando la dolcezza della vita ci invita alla felicità di amare, la bellezza di un volto o di un cielo limpido, dà un segnale che, da lontano, ci chiama, quando siamo pronti a cedere alle labbra o alla luce e ai colori e nel resto delle lunghe ore, allora è quando terremo nel cuore tutti i sogni aureolati dell'oro dei momenti di suprema evasione.

La vera fuga è rinunciare alle vesti amate, e rinunciarvi proprio nel momento in cui il loro profumo ci ha fatto svenire. In questo momento in cui dobbiamo rifiutare e affondare la parte più tenera del nostro essere ed elevare l'amore al di sopra del cuore, e, quindi, quando tutto è dolore crudele, allora è quando anche il sacrificio comincia ad essere completo e puro.

Abbiamo superato i nostri limiti; finalmente possiamo dare qualcosa Prima, ancora, cercavamo noi stessi e quei fili d'orgoglio e di gloria che corrompono tanti generosi germogli dell'anima. Non diamo niente per dare, senza calcolarlo prima, perché tutto è su una bilancia, più di quando, prima, abbiamo ucciso l'amore per noi stessi.

Questo non è facile, no, perché la bestia umana è riluttante a capire cosa vuole insegnarci l'amarezza.

Com'è dolce sognare l'ideale e costruirlo col pensiero! Ma è, in realtà, molto poco. L'ideale deve essere costruito all'interno della nostra vita. Iniziando pietra su pietra, per costruirla alle nostre comodità, alle nostre gioie, al nostro riposo, al nostro stesso cuore.

Quando, nonostante tutto, l'edificio dopo gli anni è già rialzato, e quando, nonostante ciò, uno non si ferma al lavoro, ma continua e continua, sebbene la pietra non si lasci più levigare, allora è solo quando l'ideale inizia a volare.

L'ideale vivrà nella misura in cui ci arrendiamo ad esso fino alla morte.

Che dramma, davvero, quello della vita retta!


Testo: Leon Degrelle.


Un dio minore


 

martedì 14 febbraio 2023

Siesta


(barlume di ispirazione)



quel che resta nella mente

dopo il dormiveglia non è

che balenìo o nulla



tale presentire ha 

l' accortezza

di non immediato svelarsi: resta

nel limbo



sgusciante si cela

tra pieghe del divano

la voce della 

tivù rimasta accesa

lo disorienta



lunedì 13 febbraio 2023

Nell'incerta luce



nel sangue degli echi

i tuoi franti aneliti

le cicatrici di luna e il rosso

grido delle estati che non 

vogliono morire



le pieghe dei ricordi

a vestire sorrisi di sole



ora galleggi

in questo brusio di vita

mentre una vecchia pietra ti accoglie

ancora calda di quel sole

che lento annega



e ti attardi 

nell' incerta luce

sabato 11 febbraio 2023

VINCENZO CARDARELLI, IL POETA DELLA SOLITUDINE

 


Di Felice Serino



Il I° maggio 1887, a Carneto Tarquinia, zona maremmana, in provincia di Viterbo, nasceva Vincenzo Cardarelli, all'anagrafe registrato col cognome materno, Caldarelli (poi modificato) e col nome di Nazzareno. Il padre, che non appare nell'atto di nascita, teneva in casa Giovanna Caldarelli, la quale si guadagnava da vivere con la raccolta e la vendita di frutta e ortaggi. Dopo la nascita del piccolo, la donna fu messa alla porta e il figlio non venne riconosciuto. Un marchio che segnò a fuoco la vita di Vincenzo: "Io nacqui forestiero in maremma...e crebbi come un esiliato. Non ricordo la mia famiglia né la casa dove sono nato". Più tardi il padre si risposò e il ragazzo conservò negli anni un buon ricordo della matrigna. Tuttavia la sua fu un'infanzia triste e inquieta: "Io avevo un vasto tesoro di sensazioni e di sentimenti; la mia infanzia. Fu come se una libecciata furiosa l'avesse dispersa. Io vissi in arida solitudine...Nascita, indole, educazione, tutto contribuì a fare di me un uomo amato da pochi, ingiuriato dai più, e compreso veramente da nessuno". (Solitario in Arcadia, 1947). Il giovane cresce plasmando un carattere guardingo e permaloso, cinico e avvelenato. E' tuttavia dotato di una sensibilità e un'intelligenza vivissime. Si sente subito perduto quando, concluse le elementari, il padre non gli consente più di continuare gli studi. A 17 anni scappa da casa, giunge a Roma con 7 lire in tasca. "Cercai la scuola nella vita, nel mondo". Si adatta, per vivere, alle più umili occupazioni. In tali condizioni di vita, dove non v'è posto per studi regolari, la sua cultura è il frutto di un accanito impegno di autodidatta. La sua natura poetica emerge sicura. Nel frattempo conduce una vita precaria ed errabonda, di isolamento e solitudine. Nel 1908 entra, grazie ad aiuti, nella redazione dell'Avanti! come articolista. E' un periodo di fertilità ed entusiasmo; scrive anche due articoli al giorno. E' instancabile. "Le mie giornate sono / frantumi di vari universi / che non riescono a combaciare. / La mia fatica è mortale". Rimarrà in redazione fino all'ottobre 1911 allorché la sede viene trasferita a Milano. Fra gli anni 1910-1911 collabora a riviste e quotidiani quali Il Marzocco, La Voce, Il resto del Carlino, e frequenta il caffè Paszkowski insieme ad artisti e letterati emergenti. Ma il suo fisico è minato ed è necessario il ricovero al Policlinico. Soffre di turbe gastriche, dolori renali, e spesso è preda di crisi depressive con irascibilità o prostrazione. Si tuffa nelle letture di Nietzsche, Leopardi, Pascal, formandosi culturalmente nel periodo di tempo necessario per rimettersi in salute.

Se si vuole cercare una presenza femminile, l' "amore" - l'unico - nella vita solitaria di Cardarelli, questa è Sibilla Aleramo. Egli se ne innamora subito, subendone tutto il fascino. Segue un periodo di convivenza con lei, a Firenze.

Questa tormentosa passione amorosa che lo lascia quasi stravolto, non è altro che una fiammata: presto i due amanti si rivelano l'uno l'antitesi dell'altra: lei tutto istinto e passione, lui dalla naturale introversione che finisce per trincerarlo in difese e razionalizzazioni nevrotiche. Egli considera la "donna" come mistero adorabile, inafferrabile. "Io non crederò mai nella donna. Questa è la mia dannazione". Il problema donna per Cardarelli diviene sinonimo di nevrosi, ed egli si lascia afferrare dalla misantropia, risucchiare dal vuoto esistenziale: "queste ombre troppo lunghe / del nostro breve corpo, / questo strascico di morte / che noi lasciamo vivendo/.../; mi sono sempre alzato da una disfatta...il segreto delle mie conoscenze è l'insoddisfazione". Ha inizio un lungo vagabondare di luogo in luogo. Egli vive in camere d'affitto o ospite di amici. Dalla sua sensibilità e il suo spirito nomade, nasce una poesia autobiografica ed elegiaca: Profughi, Viaggi nel tempo, dove è rappresentato il bisogno di interrogarsi sul perché dell'esistenza. Frequente è la dedica ai suoi luoghi natali: "Qui rise l'Etrusco, un giorno, coricato, con gli occhi a fior di terra, guardando la marina. E accoglieva nelle sue pupille, il multiforme e silenzioso splendore della terra fiorente e giovane di cui aveva succhiato il mistero gaiamente, senza ribrezzo e senza paura, affondandoci le mani e il viso. Ma rimase seppellito, il solitario orgiasta, nella propria favola luminosa. Benché la gran madre ne custodisca un ricordo così soave che, dove l'Etruria dorme, la terra non fiorisce più che asfodeli".

Collabora a La Voce e a Lirica; infine torna a Roma, dove fonda la rivista La Ronda che vede la luce nell'aprile 1919 (e vivrà fino a novembre 1922). La sua vena lirica, altissima, rievoca l'infanzia, l'amore per la campagna, le figure femminili, le stagioni nel loro mutare, il senso del tempo; il suo pessimismo di matrice leopardiana si nutre del tema della morte: "lasciatemi rivedere la mia terra, lasciatemi andare una notte a dormire con i morti". Nascono le prose di Il sole a picco, premio Bagutta (1929), Il cielo sulle città, I Viaggi. Un altro tema caro alla sua sensibilità di poeta è quello del viaggio (reale o metaforico). Egli è "esule ovunque". Ha scritto giustamente Luzi: "Noi sapremmo interpretare il nomadismo e le fughe del Cardarelli se non destinate dalla qualità della sua stessa sintassi spirituale (...) la sua vita psicologica assume una rapidità ed una gravità drammatiche: ogni incontro diviene un avvenimento fatale, ogni separazione un addio per l'eternità".

"Sento la poesia come sostanza, idee, concetti, situazioni poetiche, piuttosto che come puro linguaggio", scrive il Nostro in Giorni in piena (1934). "A quella sua idea di poesia", leggiamo da Alberto Frattini, "Cardarelli rimarrà sempre fedele: dalle sue più famose liriche - come Adolescente o Estiva, Liguria o Alla morte - ove nel linguaggio vigile e teso il tono pacatamente familiare trascolora e s'impenna su punte di misurata aulicità e la musica si sostiene a filo di un'acre intelligenza, di una macerata inquietudine, alle poesie d'amore - tra le più belle del nostro Novecento - ove il tessuto autobiografico è decantato e redento in rara levità di movenze, ariose e malinconiche, sino alle poesie del '47, nel cui tono medio, "pianissimo e intenso" il De Robertis indicava la vera scoperta dell'ultimo Cardarelli".

Nel 1949 gli viene affidata La Fiera Letteraria, che dirige fino al 1955 (ma specialmente negli ultimi anni, solo nominalmente): una strana malattia ai centri nervosi condizionanti lo stato termico del corpo, non gli consente quasi più di lavorare. Lo si vede in piena estate, seduto al caffè Strega, in via Veneto, ancora col cappotto e cappello. E' il poeta che ha già affermato: "Ora la mia giornata non è più / che uno sterile avvicendarsi / di rovinose abitudini / e vorrei evadere dal nero cerchio.../ E sogno partenze assurde, / liberazioni impossibili.../ Io annego nel tempo". E' il 1959 e la salute gli ha voltato le spalle: isolato in una pensione romana, quasi non può più fare movimenti fisici. Il 15 giugno, dopo la degenza di un mese, assistito dalla sorella, muore al Policlinico di Roma. A testimonianza del suo animo perennemente inquieto e sradicato, ci lascia questi versi memorabili: "Non so dove i gabbiani abbiano il nido / ove trovino pace. / Io son come loro / in perpetuo volo. / La vita la sfioro / com'essi l'acqua ad acciuffare il cibo. / E come forse anch'essi amo la quiete, / la gran quiete marina, / ma il mio destino è vivere / balenando in burrasca"


Felice Serino










venerdì 10 febbraio 2023

Nell'armadio

 



l'altro giorno nell'armadio

non trovai uno scheletro ma

in una giacca appesa da anni

un foglietto con alcuni versi

scritti in grafia minuta



li avevo

nelle stanze della mente

dapprima cullati poi

un po' persi un po' ripresi



vi vedevo le vele del sogno

andare su mari aperti

ulissidi cotti dal sole

legati a canti di sirene

mogli a tessere tele all' infinito



e

molto altro: visioni 

dissolte nel nulla



chissà quei versi

avessero preso forma

ne sarebbe uscita una piccola perla



no - diciamo

una cosa decente

ad essere onesti

giovedì 9 febbraio 2023

Al museo




mi trovavo in una città sconosciuta

chiesi l'indicazione per il museo

mi accorsi che mi fissavano due occhi 

di cerbiatta - se riesci a 

farla franca mi disse il padre

-ero entrato senza biglietto-

io da portoghese annuii

lo sguardo di lei si faceva penetrante

ebbi una mezza idea di scambiarci il numero

come fossi stato ancora giovane

poi ci perdemmo tra la folla - nell'anima 

stampati quegli occhi di cerbiatta

ove lumeggiavano barlumi di crepuscolo


avevo fatto un bel sogno per cui restai

per tutto il giorno in stato di grazia


8.2.23

martedì 7 febbraio 2023

Divagando


senza pentimento

strappai le poesie giovanili -sarà

capitato a tanti- altre poi

ripudiate



pezzetti di versi

continuano a svolazzare farfalle nell' aria

nuove poesie germogliano

come alberi o fiori


lunedì 6 febbraio 2023

Dammi cuore (preghiera)


dammi ancora tempo

tempo per sognare

altre vite 

tempo per 

arcobaleni e luce e voli



e che io fedele sia

alla verità



alla fine 

dei giorni che non debba 

vergognarmi di me



dammi altro tempo - dammi 

dolore

per gli ultimi

dammi cuore per gli ultimi


domenica 5 febbraio 2023

Proiezioni


proiezioni del Suo pensiero siamo

vaganti tra realtà e sogno - in cerca

d'un'isola felice - viaggio

nell'infinito di noi


isole noi stessi - pure

ognuno anello d'una 

catena senza inizio e fine


4.2.23

sabato 4 febbraio 2023

DYLAN THOMAS: VIAGGIO ALLA FINE DELLA PROPRIA FERITA

 


di Felice Serino

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Venere giace nella sua ferita, colpita

da un astro e le rovine sensuali creano

stagioni sopra il liquido universo.

Il bianco spunta nelle tenebre.



Il suo vero nome era Dylan Marlais. Dylan starebbe a significare: "Figlio marino dell'onda".

Il Nostro nasce a Swansea (Galles) il 27 ottobre 1914. La sola educazione formale che Dylan riceve è alla Swansea Grammar School che frequenta tra il 1925 e il 1931. Il padre, poeta egli stesso, è insegnante presso questa scuola. Il ragazzo non s'iscriverà all'università.Durante un breve periodo lavora come cronista presso un giornale locale, il "South Wales Daily Post", e in questo stesso periodo pubblica le prime poesie. Presto si reca a Londra, ove entra a far parte di un circolo letterario che si raduna nella Charlotte Street a Bloomsbury. Tra le poesie pubblicate, e premiate, dal periodico "Sunday Referee" - a cui egli collabora - vi sono quelle della poetessa e narratrice Pamela Hamsford Johnson, con cui a partire dal 1933 Dylan inizia una fitta corrispondenza che sembra sfociare, dopo il primo incontro nel febbraio dell'anno seguente, in un legame sentimentale.

Conosce in quello stesso anno il poeta gallese Vernon Watkins, che resterà uno dei più sinceri e disinteressati amici della sua vita.

Già prima dei vent'anni Dylan comincia a bere smodatamente, asciandosi dominare letteralmente dall'alcool.A Penzance, in Cornovaglia, nel luglio 1937, egli sposa l'irlandese Caitlin Macnamara, modella del pittore August John, che l'ha presentata al poeta alcuni mesi prima. Dylan racconterà poi che appena dieci minuti dopo le presentazioni, sono già a letto insieme.

Nell'agosto 1938, Thomas si stabilisce con la moglie a Laugharne, nel Carmarthenshire, in una casa di campagna vicino al mare, luogo denominato "Sea View" in cui sarà ambientato il "Dramma per voci" (Under Milk Wood, 1954).

Dal 1941, egli lavora saltuariamente presso l'industria cinematografica e successivamente per la BBC con una serie di letture radiofoniche. Le sue opere poetiche Eighteen Poems 1934, Twenty-Five Poems 1936, e alcune poesie di The Map of Love 1939, contribuiscono a dar vita al movimento denominato "The New Apocalypse". Tali poesie, molte delle quali surrealisticamente oscure, visionarie, presentano un indubbio talento nel trattamento del ritmo e nel sapiente uso delle metafore. Dove maggiore è la capacità di controllare l'impeto creativo, è tuttavia da rilevare in Deaths and Entrances, del 1946.

"Nell'inevitabile contrasto di immagini", dichiara Thomas, "io cerco di ricreare quella pace che dura un attimo e che è una poesia". Detto per inciso, la pubblicazione, ultima, dei Collected Poems 1934-1952 ( del 1952), raggiungerà la tiratura di 10 mila copie.

Egli nasce predestinato a un successo duraturo, soprattutto post-mortem.

Nella primavera del 1947, Dylan Thomas si ferma per qualche settimana in Italia, a Villa Beccaro, Scandicci (Firenze), dove tuttavia non si trova a proprio agio. Qui sostituisce l'enorme quantità di birra a cui è abituato, al vino italiano, con una conseguente ebbrezza che lo coglie molto prima, e la cui causa è un immaginabile squilibrio psichico.Conosce poeti di fama come Mario Luzi, Ottone Rosai, Piero Bigongiari, Eugenio Montale.

Giovanni Papini definisce la poesia di Thomas come "l'opera di un ubriaco irresponsabile".

Nel marzo 1949, il Nostro torna a Laugharne, dove si trova a dover affrontare il problema di enormi rretrati di tasse da pagare.

Nell'autunno 1953 riceve il premio Etna-Taormina.

In ottobre si reca per l'ultima volta in America (vi era già stato per brevi periodi negli anni 1937 e 1952), dove lo coglie la morte per delirium tremens, a New York, nel Saint Vincent Hospital, il 9 novembre. La diagnosi è: intossicazione alcolica delle cellule cerebrali. Il 24 novembre le spoglie di Dylan Thomas vengono sepolte nel cimitero di St. Martin a Laugharne.

Da rilevare, che nell'anno 1982 è stata collocata una lapide in suo onore nell' Angolo dei poeti dell'Abazia di Westminster, a Londra.


* * *


L'opera thomasiana è definita caotica e ineguale.

A volte la poesia sbocca nelle forme della preghiera o dell'inno; si vedano i "canti d'innocenza" o quelli del gruppo comprendente 12 frammenti di "Visione e preghiera ", che inizia con questi versi: "Chi / Sei tu / Che nasci / Nella stanza accanto / Alla mia con tanto clamore / Che io posso udire l'aprirsi / Del ventre e il buio trascorrere / Sopra lo spirito e il tonfo del figlio / Dietro il muro sottile come un osso di scricciolo? / Nella stanza sanguinante della nascita / Ignoto al bruciare e al girare del tempo / E all'impronta del cuore dell'uomo / Nessun battesimo si curva, / Ma il buio solamente / A benedire / Il barbaro / Bimbo". (L'intero poemetto è diviso in due parti; i primi sei frammenti sono a forma di losanga, i secondi a calice).

Sovente nella sua opera poetica pare che l'autore giochi sul caos e sul filo dell'ambiguo "per invogliare la critica ad arrendersi o a una condanna o a una accettazione incondizionata" (Gabriele Baldini nell'introduzione a "Poesie", 1974). Ma di tutto si può accusare questo "alchimista" della parola, tranne che di faciloneria e di improvvisazione. Il tema di fondo è quello della recherche di un tempo infantile, d'innocenza, e l'ossessione è quella dello scavare in profondità nell'alveo primordiale della nascita, come viaggio doloroso verso l'altra "nascita" che è implicita nella morte. ("Dopo la prima morte non ce ne sono altre": è l'ultimo verso di "A Refusal"). Si contano vari traduttori della sua opera poetica e in prosa che si sono cimentati nel difficile compito di interpretarla. Fra questi vogliamo citare, nel chiudere questo breve excursus, Eugenio Montale: "La forza che urgendo nel verde calamo guida il fiore, / Guida la mia verde età; quell'impeto che squassa la radice degli alberi // E' per me distruzione. / E muto non so dire alla rosa avvizzita / Che questa febbre invernale piega anche la mia giovinezza. // La forza che guida l'acqua fra le rocce, / Guida il mio rosso sangue; quella stessa che asciuga le sorgenti che gridano, // Le mie raggruma / (...).

La lirica [di Thomas] non ha un linguaggio da comunicare", scrive Alfredo Giuliani, "è essa stessa il più alto e comprensivo messaggio possibile, informazione magica faticosamente raccolta dall'autore (...) la poesia sta ferma, romba dentro se stessa come una pietra cava, tutte le lacerazioni si rimarginano nel tessuto sonoro, sono soltanto figure del disegno elegiaco e celebrativo".


Nota

Per la vasta bibliografia si veda "Dylan Thomas - Poesie", Oscar Mondadori 1974, o anche "Letteratura mondiale del 900", Edizioni Paoline 1980.


Felice Serino








venerdì 3 febbraio 2023

L'albero



l'abbraccio è scala al cielo

l'albero che si sente abbracciato

ti è grato con la sua ombra

nel rinvigorire

nell'incipiente primavera



è casa degli uccelli 

che sentono

anch'essi il fraterno "contatto"

-sei nella 

natura tutta che freme 

di vita

giovedì 2 febbraio 2023

Allumare


il non detto esplicito tocca

più del dire - dal profondo

un allumare


(il sasso gettato dal capriccio

della musa

apre cerchi nel lago dello spirito)


2.2.23