giovedì 25 maggio 2023

Poesie di Giovanni Perri

 



Uno che passa ride, ed apre il cielo;

santo e demone col cuore intrecciato  

a una sua tutta piovosa malinconia.

Sapergli il nome e la ferita, farlo cadere

nell'ago di aprile come un sogno.

Ecco con quale leggerezza il vento 

spiega un suo lucore alla notte, 

come gli riempie l'occhio la perla lunare.

Inganno adulto è questo non sapere

da quale feritoia cadrà la mezzaluce del giorno 

e dove infine apriremo al dolore la voce.


.




Avevo preso tutta l'acqua del fiume.

Il bicchiere era sul comodino 

insieme ai libri al termometro a una 

piccola macchia di sole wengè.

Come un dio avevo esclamato 

nella lingua sonnolenta dell'acqua 

e ogni mio giorno era finito dentro 

quel fondo dal quale bevevo

come da una delle 7 opere.

Ma dentro, soldati e cavalieri e angeli dalle ali plananti, residui e residui di luce

dentro ancora io era senza orizzonti, senza lamenti di navi greche o fenicie, pensavo un uomo in sè totale, del tutto assente, del tutto chiuso in un suo mondo ulteriore  

mentre dai labbri mi cadeva un albero maestro. ~Erano l'onde  

e le voragini buie 

e gli abissi labirinti a risalire

da tutti i miei mari 

mischiati.

               E invece con che suoni 

                dalla finestra il giorno

                  pieno di geometrie 

                  nell'azzurro ignaro

                          cantava.


.


Viene il pensiero di perderti talvolta

la sera è un posto girato nel sonno 

stare di guardia fiutare come 

dal picco di una brace la tua cena. 

Ma non lo caccio, gli tocco l'osso

del gomito, gli faccio fare il giro della casa

prima che dica è tardi vai a letto

e così vado 

a sedermi nelle sue occhiaie di marmo

nei suoi capelli così pieni di cavalli e canali

e penso che il tempo non passa, solo

ascolta gli spigoli e le buche

tiene girati i polsi sulla fronte.


.


Andiamo per similitudini, e sembra quasi di sentirci

in questa cosa che appena ci somiglia se ne va.

Pellicola del sogno, mia pellicana dolcezza

lasciati incorniciare da uno sguardo

di pietra viva, fatti gettare da Pirra e da Eucalione

nel mio cuore di latte e cemento e aspettami,

io sono il tuo medesimo furto di occhi e di lingua

nell’ora che agguanta e moltiplica ogni anelito andare,

lasciati nominare miscuglio di ferro e mistero

nel mio ottobre di addii smisurati

e piegami e svolgimi e ripetimi

del padre e della madre l'identica luce

che accende parola e rivela.


.


I° maggio


Attorno era la festa dei morti bruciati 

un riapparire dentro le forme del fuoco

ma sempre da un angolo nuovo

e ognuno aveva addosso la sua sagoma

e c'era sempre quel numero mancante, 

col pugno alzato sul fumo, a cantare.


.



Lettera ad una madre


E’ tempo di comprendere

che siamo qui a dividerci il pane:

scendo per dirti

che sono capitato per caso

e non ho ancora un nome:

qui si parla di niente

e la sera si contano i topi

ma in compenso non si vive male,

la gente passeggia e

sorride, una ragazza si sente chiamare.

Saluto te, madre

che mi hai girato le spalle

dicendomi di andare 

in ogni porto 

pregando

ed io per ogni porto 

prego

l’insurrezione e l’amore, 

ma sotto ho questo muro

impregnato di urina 

e mi gira la testa:

sto con questo animale 

e non parlo da giorni,

sento pian piano morire 

anche il lamento del mare.


.


Senza titolo


Impressioni

volano foglie d’oro, è il giorno degli avanzi di febbre, 

qualcuno posa le buste pesanti sull’asfalto, respira e riparte

portando con sé una scia di ricordi.

In alto danzano i lampioni,

sembrano corpi condannati a resistere

più che luce, lividi, persi nel tempo, sopra il primo strato del tempo.

La sera ha questa pelle spessa

un taglio che non sanguina 

una scritta sul vetro appannato, forse

questa è la vita, dico, 

un rumore lontano, qualcosa che sai 

sta nascendo.


.


Melancholia


li morti tra li vivi s’assecondano: 

si toccano le schiene stanno muti 

ne li occhi rimestano paura 

e paura li mangia

per fame, poco a poco: 

ma i morti sono morti di luce, ché luce acceca l’occhi e sfibra

e parola s’accampa 

legittima resa;

e più di tutto pesa 

del cuore allegrezza 

che è misura d’inganno e offesa.


.



Vorrei veder tramontare ad oriente

sul breve canale delle canne addormentarmi

sopra una scia di spari cacciatori

fuggire gli alberi a ritroso 

e la notte incendiaria sentire 

l'annuncio dei cani arancioni

vorrei nascondermi nel fieno di maggio 

nell'ampia volta del cielo che pende

sorridere per un ricordo 

invertir l'ombra mia stessa 

di lividi e dimenticanze 

e d'anni che non ritrovo più.

Ma d’ore numinose è fatta 

l’anima mia riflessa e d’archi e frecce, 

portami il cuore nella luce a planare 

sopra un acquaio di malinconie 

saltami allegramente sulle sponde 

della mia vena d’oro e scrivimi 

col vento ogni ferita 

degli occhi e della lingua 

io ti sono nel canto padre e figlio

e fratello dei cocci lunari

allora fammi terra

fammi profumo di terra e di stalla 

oppure scovami nella campagna ramata, raggiungimi

fin dove tocca l’erba la parola 

e non v’è peso

né formula dei miei destini accumulati.


.



Giovanni Perri (da Bibbia d'asfalto): https://poesiaurbana.altervista.org/author/giovanni-perri/


Il lettore deve sapere, leggendomi (leggendo questa non-biografia dalla quale estrapolo che nasco a Napoli e ci vivo col pregio d’arricchirmene fino a smarrirla) che un po’ della mia poetica (ammesso che sia tale) risponde al desiderio, non del tutto cosciente, d’allargare il mio ipotetico dolore,  la mia svagata gioia di vivere, e tutte le mie infinite miserie, ai piani più alti del sogno e della bellezza. Ogni poesia è un’occasione di sogno e di  bellezza. E la bellezza è un lavoro paziente di scavo. Io sogno di essere  archeologo e  scultore: levigo negli affanni e a volte mi trovo a scoprire che la vita  è un’invenzione  stramba dei poeti  che tutto sanno fare fuorché  vivere.

(...)

Poesia mimetica e riflessiva, umbratile, ritmica, geometrica; poesia lunatica, ingenua, scenica (mi piacerebbe fosse, se fosse veramente,  poesia) la mia.

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