la scrittura si traduce in genesi
di fonemi - espansi
in luce accensioni del sangue e voli
-orifiamme o altezze
pari ad afflati d' angeli-
la scrittura si traduce in genesi
di fonemi - espansi
in luce accensioni del sangue e voli
-orifiamme o altezze
pari ad afflati d' angeli-
giunto il momento cosa ti porterai
non suppellettili o libri ma l'amore
che hai saputo dare
non quel lasciarsi vivere
nell'approssimato sogno
di un pesce rosso nell'acquario
30.10.22
ogni spazio esistenziale privato all'operaio, assumendo una funzione totalizzante.
Si noti, inoltre, il clima di angoscia incessante, che domina i versi di Serino.
Le immagini degli omicidi bianchi, delle morti violente, che si susseguono in fabbrica come lampi al magnesio, esplodono nella sua mente, impedendogli una vita "normale": "brandelli / d'anima e carne" rimangono impigliati nei meccanismi della macchina e ossessionano il poeta in ogni momento del suo ciclo vitale, che ne risulta irrimediabilmente alterato.
Su tutto (sentimenti, valori) domina il plusvalore, che Taylor diceva furbescamente di voler ridurre in un cantuccio. La produzione, secondo lui, avrebbe raggiunto vette così alte che il problema della distribuzione del plusvalore sarebbe diventato marginale.
Ma nei decenni il Pil (Prodotto interno lordo) è aumentato progressivamente, senza che ciò contribuisse ad eliminare l'alienazione del lavoratore.
Come osserva giustamente Serino, l'operaio, anzi, resta impigliato in un nuovo ciclo alienante, , "produci-consuma-produci", diventa vittima sacrificale per un nuovo "dio-mammona", "pedina in massacri calcolati". Traspare dalle poesie del Serino (sin dai titoli delle raccolte: "Il dio-boomerang", e poi nelle immagini bibliche ricorrenti: l'operaio come Cristo crocifisso, le presenze diaboliche che affiorano qua e là) una religiosità violata, tradita da un ordine sociale cinico, che calpesta persino le leggi di natura, i principi evangelici.
.
Proletari
Distinzioni di classi
niente di nuovo la storia si ripete
noi pendolari voi vampiri
dell'industria che evadete il fisco
(imboscando capitali sindona insegna)
ed esponete le chiappe al solleone
sulla costa azzurra o smeralda
(lontani dal nostro morire -
in città-vortice sangue solare
innalziamo piramidi umane
per l'alba di mammona)
dopo aver fatto il bello e il cattivo tempo
(burattinai per vocazione
di questa babele tecnocratica)
averci diseredati crocifissi
con bulloni a catene di montaggio.
.
Spirale
Metti la caffettiera sul gas
il tempo di fare l'amore
la casa un'isola nella nebbia
di ieri nella testa il grido dell'officina
non ti avanza tempo per buttare su carta
quattro versi che ti frullano nel cervello
la bimba vuol passare nel lettone sorridi
per il polistirolo ritrovatosi in bocca
con la torta ieri il suo compleanno
trepiderai ancora una volta al ritorno
davanti alla cassetta delle lettere
e la moglie a dire qui facciamo i salti
mortali per quadrare il bilancio
il borbottio del caffè ti alzi
esci e penetri il muro di nebbia
nella testa il grido stridulo d'officina
a cui impigliati restano brandelli
d'anima e carne
d'un'altra settimana di passione
stasera deporrai la croce.
.
Linea di montaggio
Lo hanno visto inginocchiarsi
davanti alla centoventesima vettura: come se
volesse specchiarvisi o adorare
il dio-macchina: 16 anni: infarto - parole
di circostanza chi deve informare la
famiglia - l'attimo
di sconcerto poi li risucchia il ritmo
vorticante: come se nulla
sia accaduto - la produzione
innanzitutto.
.
Morte bianca
(Al paese le donne avvolte
in scialli si segnano ai lampi)
hanno saputo di Stefano volato
dall'impalcatura come angelo senz'ali
- non venire a mettere radici -
scriveva al fratello
minore - qui anche tu nella
città di ciminiere e acciaio: qui dove
mangio pane e rabbia: dove si vive
in mano a volontà cieche,
:
.
Uomo tecnologico
Parabole di carne convertite in
plusvalore - l'anima canta nell'acciaio - pensieri
decapitati al dileguarsi di essenze:
vuota
occhiaia del giorno dilatato:
coscienza che si lacera all'infinito.
.
L'anima tesa sul grido
L'anima tesa sul grido
dopo otto ore alla catena
neanche la voglia di parlare
davanti alla tivù-caminetto
e morfeo ti apre le braccia
(impigliati nello stridio della macchina
brandelli di coscienza)
domani ancora una pena
l'anima tesa sul grido
del giorno
in spirali di alienazione.
.
Olocausto
Immolato al moloch del consumo
deponi la croce delle otto ore lasciando
brandelli di anima lungo la catena
biascichi parole di fumo prima del sonno e sogni
strappare alla vita il sorriso ammanettato
dal giorno tieni in vita la tua morte tra vortici
dell'essere e trucioli d'acciaio rovente ti farà
fuori una overdose di nevrosi-solitudine
cuore-senza-paese immolato al moloch
dei consumi il sangue vorticante nella babele di
pacifici massacri offerta quotidiana.
.
(poesie scritte negli anni 80-90).
.
-
Felice Serino - LA SCHIZOFRENIA DELLA FABBRICA
(a cura di Antonio Catalfamo).
Da: IL CALENDARIO DEL POPOLO – Poeti operai
[numero monografico n. 730, maggio 2008]
uscita dal margine del foglio
ove ha sostato per un tempo-non-tempo
ora sorvola il mondo piagato
dove sola
immacolata piuma in luce resta
[nel percorso col bus verso Brescello]
poi di ritorno a sera
carta e penna o se vuoi tastiera
il bianco che ti fissa
e ti ci perdi
un muro
la mente un muro
provi con un verso
impreciso poi un altro
ma no non era così
che l'avevi pensata
eppure ce l'avevi tutta lì
come una cantilena tra veglia e
sonno negli occhi la confusa
striscia bianca sulla destra
ed eri in uno stato di
tortura-goduria
trattenendoli ancora quei versi
ma ora niente
un muro la mente
risucchiati da un buco nero
gli furono strappati tutti i figli
come pezzi di carne
-si è provati secondo
il grado di sopportazione
pungolati dappresso dallo
strale del maligno-
Giobbe il giusto lo fu allo stremo
privato dei suoi beni
ridotto a solo guscio grumo di dolore
fino a che non implorò
basta hai vinto è tua
l'ultima parola
Dio del cielo e degli abissi
25.10.22
il più bel giorno è quando
oltre l'esilio della carne
mi verranno incontro i miei morti
e i parenti giunti da lontano
a qualcuno scapperà una lacrima e
nell'estremo saluto c' è chi leggerà
con voce tremante alcuni versi
"ti sei staccato come foglia
adagiata su una spalliera di brezza"
(da un po' che non brucio
della sua luce:
non mi prende febbre
di quell' agitarsi del sangue)
tento qualcosa del tipo: "la vita
ti ha tarpato le ali Nina
rosavestita - ora
è il vuoto delle braccia"
questo l'incipit
ma ahi
è latitante la musa che
non mi dà il "la"
plana un
gabbiano da me non lontano
chissà non porti nel becco quel
verso che mi manca
Intervista a Felice Serino (flymoon)
24/02/2012
Felice Serino, alias flymoon, è nato a Pozzuoli nel 1941. Attualmente vive a Torino. Copiosa e interessante la sua produzione letteraria, ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti.
E’ stato tradotto in sei lingue.
Intensa e prolifera la sua attività redazionale visibile anche on-line.
Scrive su vari blog, fra cui su My Space, sul trascorso Splinder e su Wordpress al presente indirizzo
http://sestosensopoesia.wordpress.com/
Alcune opere sono state pubblicate nel blog de La Mente e Il Cuore, prima che si trasferisse nella rosa degli autori del nostro Salotto di Poesia e Letteratura La Mente e il Cuore
.
PREMI PRINCIPALI DI POESIA:
2° Premio Arno d'argento 92, Firenze, Entel Mcl
I° Premio Un Poeta per l'Europa 96, Firenze, Entel Mcl
I° Premio assoluto al Premio per la Pace 01, Cultura e Società, Torino
2° Premio al Concorso Omero-magna graecia 03, Napoli
3° Premio Santo Gringeri 03 - I luoghi del cuore, Pellegrino-Me
2° Premio al Concorso Artenuova 2004, Propata-GE
2° Premio Santo Gringeri 04 - I luoghi del cuore, Pellegrino-Me
I° Premio al Concorso Naz.le Ibiskos 2006, Empoli
2° premio a pari merito al "Premio Renato Milleri (Remil) - Poeta dell'anno" 2007, per merito acquisito nel campo artistico-letterario
2° classificato ex aequo del gruppo dei finalisti al IV Premio "Per non dimenticare Enrico Del Freo" - Centro ENTeL M.C.L. Massa - Carrara 2009
3° Premio Il Golfo 2010, Napoli
I° classificato "Il Golfo", Napoli, febbraio 2011
Tra i vari critici hanno scritto di lui:
Isabella Michela Affinito, Giorgio Bárberi Squarotti, Enrico Besso,
Nunzia Binetti, Reno Bromuro, Antonio Catalfamo, Maurizio Cucchi, Ezio
Falcomer, MarieChristine Fournier, Silvia Denti, Fabio Greco, Stefano
Jacomucci, Maria Lampa, Antonino Magri, Marco Merlin, Carlo Molinaro,
Sandro Montalto, Vincenzo Muscarella, Antonio Pugiotto, GianCarla
Raffaeli, Filippo Solìto Margani, Luciano Somma, Michela Zanarella,
Teresio Zaninetti.
.
Dopo aver letto alcune sue opere, ho desiderato conoscere meglio la sua personalità.
Gli ho scritto, invitandolo a concedermi un po’ del suo prezioso tempo, ha accettato con mia grande soddisfazione e gioia.
Fra poco sarà qui tra noi e nell’attesa rileggo qualche sua poesia.
Proletari
distinzioni di classi
niente di nuovo la storia si ripete
noi pendolari voi vampiri
dell'industria che evadete il fisco
(imboscando capitali sindona insegna)
ed esponete le chiappe al solleone
sulla costa azzurra o smeralda
(lontani dal nostro morire -
in città-vortice sangue solare
innalziamo piramidi umane
per l'alba di mammona)
dopo aver fatto il bello e il cattivo tempo
(burattinai per vocazione
di questa babele tecnocratica)
averci diseredati crocifissi
con bulloni a catene di montaggio
Da: IL CALENDARIO DEL POPOLO – Poeti operai
[numero monografico n. 730, maggio 2008]
Un’opera che, sebbene risalga al 2008, è sempre attuale per la forte denuncia e la profonda sofferenza espressa, oggi più che mai sentita dai lavoratori.
Nonostante sia rapita e assorta dalle mie riflessioni, odo suonare alla porta de La Mente e il Cuore, vado ad aprire.
- Ciao Felice, aspettavo la tua gradita visita, prego accomodati, conosci già la strada.
- Sono onorato della gentile accoglienza.
- Il camino è acceso, fuori si gela ma qui il calore ammanta il nostro salotto come le nostre anime, è davvero piacevole e confortevole quest’atmosfera, non trovi?
- Mi ci trovo veramente a mio agio. E’ un calore particolare, tra amici di penna.
- Sei una persona e uno scrittore molto conosciuto e stimato, immagino che la mia intervista non ti sorprenda…
- Sinceramente un po’ sì.
- Allora cominciamo, ti confesso che provo una certa emozione. Cosa ti ha indotto a scrivere la tua prima poesia?
- Volevo provarlo a me stesso; ma i primi tentativi sono iniziati un po’ tardi, verso i 28 anni.
- Quali sono stati i sentimenti e le emozioni che hai provato in quel momento e per chi?
- Ero mosso da una strana spinta interiore, mai provata prima. I sentimenti che sentivo di esprimere erano dettati da un momento triste della mia vita: la perdita di mio padre.
- Puoi citarla?
- Veramente non ricordo un solo verso di quella poesia (se vogliamo chiamarla poesia).
- Ho letto alcune tue opere ed ho notato che spesso il soggetto è l’amore, definisci questo sentimento e cosa rappresenta per te.
Vorrei definirlo con questi versi; amore come dono di sé, ma anche sacrificio e senso di giustizia.
come un bosco devastato
intristirono la tua infanzia
di pochi sogni
tra trame di tappeti e catene
ancora grida il tuo sangue nei piccoli
fratelli – il tuo sangue che lavò la terra
quel mattino che nascesti in cielo – dimmi –
chi fu a cogliere il tuo dolore adulto
per appenderlo ad una stella?
Questa splendida poesia, dal titolo Iqbal, dimostra una profonda attenzione verso i temi sociali, è un interessamento che ti rende onore.
Cosa potremmo fare, secondo te, perché il mondo sia migliore e non dimentichi nessuno?
- Potremmo, e non solo a parole, immedesimarci negli altri, gli abbandonati, i derelitti, i senza tetto, i senza lavoro…preoccuparci di più di essi con opere benefiche e di volontariato, anche se le soluzioni ai problemi mondiali dovrebbero partire dall’alto…
- Può la poesia rappresentare un messaggio per il nostro prossimo?
ti so dolce presenza
-tu che visitavi i giardini
del cielo-
ti so dentro di me come
un amico o un figlio
( dal brano A Carlo Acutis)
Una magnifica dedica che ci fa comprendere il tuo credo, quindi hai fede in Dio?
- Il messaggio, in qualsiasi modo lo trasmetti, e specialmente nell’arte della scrittura, si può riassumere nella parola amore, come condivisione con l’altro, come fede nella vita e nella creazione, nell’essere spirituale, in Dio.
- Hai mai incontrato un angelo su questa terra? In chi l’hai visto?
- Un angelo non l’ ho mai incontrato, ma l’ ho visto nello sguardo di un mendicante all’angolo della strada, con ali invisibili e con un cane a fargli compagnia.
- A quale personaggio femminile della storia o della letteratura scriveresti d’amore?
- A Simone Weil, che ammiro moltissimo e la cui figura mi ha ispirato più di una poesia.
- La vita è poesia, sei d’accordo?
- Certamente, meravigliosa e drammatica insieme.
- Ed è anche un insieme di momenti di luce ed ombra, qual è il tuo attimo impresso nella mente e nel cuore in modo particolare?
- Non saprei. Ma un attimo particolare impresso nel cuore resta senz’altro il momento (tardivo) in cui ho conosciuto mia moglie, e la mia vita ha avuto una svolta.
- Hai scritto una poesia a riguardo? Vuoi condividerla?
- Certo. Eccola:
MOMENTO
ad Angela
[ispirata in dormiveglia il 28.10.2007,
a 48 ore dal mio 66° genetliaco]
torpore:
velo di tenebra sugli occhi
mano che ti muore nella mano
ed è bellezza anche questa:
minimo ritaglio dell’eterno
- Attribuisci un aggettivo o una sensazione ai quattro elementi, fuoco, terra, aria, acqua.
- Mi sono interessato un po’ di astrologia, anni fa. Gli elementi, in sintesi, sono la vita, l’universo: il fuoco è ardore, la terra concretezza, l’aria dispersione, l’acqua introspezione e sensibilità.
- Quale di questi elementi paragoneresti a te stesso, al tuo poetare e perché?
- Senza dubbio all’elemento acqua (appartengo al segno dello scorpione, acqua come elemento): sensibilità e profonda introspezione sono peculiarità del mio poetare.
- Se dovessi rivolgerti ai tuoi lettori, a cuore aperto, cosa gli diresti?
- Mi sento gratificato della vostra attenzione e dei vostri elogi, che non sento di meritare.
- E ai giovani?
- La cultura è un elemento basilare nella vita; non si finisce mai di imparare, di conoscere. Leggere sempre, non disperdersi in cose futili che lasciano il tempo che trovano.
- Quanto ti ha dato la poesia?
- Tanto. Da oltre quarant’anni mi dedico alla poesia, dalle prime stroncature di giudizi ad alcune affermazioni in concorsi, che mi hanno dato lo sprone dopo periodi di delusioni. Devo dire che sono stato ripagato abbondantemente. La poesia mi ha sollevato anche da alcuni periodi di depressione, quindi sono io che devo molto a lei.
- A quale scrittore ti senti più vicino e perché?
- Mi sento vicino, con le debite distanze, al grande Jorge Luis Borges. Un poeta surreale e visionario, i cui temi riconducono all’Enigma, all’Infinito, al chi-siamo-dove-andiamo (“… presto saprò chi sono” è un suo verso che mi affascina).
- La MC ti gratifica?
- Si, mi gratifica molto perché ho incontrato persone speciali con cui confrontarmi.
- Cosa vorresti esprimere alla nostra redazione?
- Un semplice ma grande grazie insieme a molta riconoscenza a tutto lo staff!
- Felice, secondo te cosa è preferibile, amare e soffrire o non amare per non penare?
- Certamente amare anche soffrendo, altrimenti la vita non avrebbe finalità né senso.
- C’è davvero una netta differenza fra sogno e realtà?
- No, secondo il mio sentire, non esiste una netta differenza, dal momento che ritengo la realtà nient’altro che un’apparenza (“la scena del mondo”, come dicono i Vangeli), una rappresentazione, come il sogno, appunto.
- Immagina di dover partire improvvisamente, cosa porteresti con te?
- La Bibbia.
- Ed ora donaci un pensiero…
- Ecco un pensiero di “lettura/scrittura” di un po’ di tempo fa:
Capita, a volte, leggendo un brano di trovarti specchiato nella profondità di quel pensiero espresso dall'autore e di riconoscervi quanto si era agitato nella tua anima attendendo di adagiarsi sul bianco della pagina: proprio perché quel pensiero, collimando col tuo, ha reso più chiara e più forte la profondità di quella intuizione che hai colto dal tuo inconscio, esplorando gli anfratti della tua memoria sensoriale, ed affermandola nel portarla alla luce.
E' però significativo (ed è più che naturale) che ciò avviene dopo, in una verifica a posteriori, e non prima quando potresti lasciartene influenzare, col risultato di una cosa artefatta, mancante di originalità.
E' una sorta di transfert - comunicazione misteriosa e inconscia della creatività.
- Traspare chiaramente dalle tue risposte, una grande personalità, pregna d’amore, d’attenzione verso il prossimo e alle problematiche sociali, arricchita da una profonda sensibilità verso la vita, i sentimenti e i valori che associ a ogni sua singola espressione.
Riconosci l’essenza del sentimento puro negli occhi di un mendicante, di chi soffre ai confini della società, per questa ragione ami la natura nella sua variegata complessità, sapendone cogliere l’attimo e il senso.
Sei un uomo saggio, raccogli nella tua anima, come gemme preziose, le esperienze altrui e ne fai frutto intrecciandole umilmente alla tue.
Hai la capacità di alleviare il dolore attraverso la poesia, sempre guidato dalla fede che ti fa corazza.
Posso affermare, con certezza, che sei un uomo e un poeta d’Amore, ed è sicuramente per questo che sei riuscito a esprimere ciò che di più bello palpita nel tuo cuore, perfettamente compreso e ammirato da coloro che hanno inteso premiare più volte, e in diverse occasioni, le tue opere, tutte d’elevato spessore emozionale, artistico e lessicale.
Come un irradiarsi di cieli
chiedere a Dio quella protezione
che il mondo non può dare
rifugiarti a quel nido dove
Egli attende come una madre
il suo piccolo perduto
nuda allo scoperto
sei creatura nata per la terra
-ma del cielo dove
sempiterna dimora
Compassione
Ringrazio di cuore Felice Serino per avermi concesso l’onore di approfondire la conoscenza del suo sconfinato spirito di uomo e poeta, astro d’un cosmo tutto da scoprire e contemplare.
Gelsomina Shayra Smaldone
....
Eccellente intervista ed eccellente Shayra! Voglio esprimere la mia riconoscenza a MC per aver permesso di farmi conoscere un po' più a fondo.
Un grande abbraccio!
Felice
...
Intervista splendida questa tua Shayra, che mi permette di scoprire un autore a me conosciuto solo attraverso i suoi profondi quanto interessanti e bellissimi versi e che invece ora posso "vedere" anche come persona dalle mille sfumature e prospettive di poeta. Un grazie ad entrambi e complimenti!
NellAnimaMia
,
...
Molto bella questa intervista, che sembra fatta davanti ad un camino dove scoppietta allegramente la legna che arde. Più che un'intervista una vera chiacchierata confidenziale dove Felice si apre con tanta semplicità e ci da modo di conoscere la sua persona in maniera più approfondita, visto che fino ad ora era celata dietro al suo nick ed alle sue splendide poesie. L'ho letta con moltissimo piacere e grande interesse.
Complimenti ad entrambi
Patrizia
...
Cara Shayra, è una bellissima intervista quella che ti ha concesso Felice. E mi fa piacere conoscere meglio la persona che si cela dietro il suo nick flymoon, perché finora il tutto era limitato ai suoi, seppur splendidi, versi.
Complimenti ad entrambi.
Dany
.
LA MENTE E IL CUORE (BLOG)
e sì che nell'alta
vegetazione
si nasconde un cuore di paglia
-solo a vederla
svoltare l'angolo
sono le fatidiche farfalle
e l'onda del sangue che rimonta
ah i lunghi meriggi a passare
tra sciabolate di sole
nella verde età fuggitiva
il male si sa è la grande
ferita -ma c' è
tanta fede discreta:
il cui fervore equilibra
i piatti della bilancia
si dirama il sangue della passione
in direzioni inaspettate
mentre
la sacralità della vita ha ali
d' aquila
a librarsi imperiosa sulla
banalità del male
ci accorgeremo che non siamo
esistiti che nel pensiero
è la mente che crea - essa si
materializza in ciò che vuole
nel grembo del cielo fu l' immagine
del primo uomo che
Dio sognò nella prima luce
al principio
fu l'inganno - da allora i cieli
capovolti e la morte
chi ci rubò dal cuore
la bellezza originaria?
nella cattedrale del sangue
l'avversario gioca a scacchi
dall'inizio del mondo
16.10.22
Qualcosa illumina l’aria ed è un sentimento, la forma di un respiro accogliente che rigenera come un vento che è dentro la parola e si espande, perdendosi, in infiniti suoni a salire. S’io potessi cogliere la misura, la cifra di questo sentire che accarezza e pungola, farei senz’altro ammenda che la vita è mistero imperscrutabile, arte a proteggerci dai sogni tremolanti la notte, nel tempo di amore, appena plasmata la stanza nel corpo ritagliato da una luce di candela. Mi piace immaginarla così, tenuta da una piccola fiamma tra la mente e il cuore, la voce che in Felice Serino approda a questa comunione di sguardi fratelli, venuti a raccogliersi piano nel segno della luce calda e divina, nella sagoma d’un solo altissimo respiro:
prima del tempo
non c’era che amore
quello-che-muove
il-mondo
danza nel cielo
della Luce -pensiero
della notte
a scalzare le tenebre
“Frammenti di luce indivisa”: ha questo titolo davvero bello la silloge che il poeta mette in stampa affinché ci colga da subito pienezza e fragilità d’un canto da cui discendere, o salire appunto, nel medesimo barbaglio, in un solo grande abbraccio di luce a raccoglierci, a definirci:
filtra raggio verde
dalla porta
della conoscenza
vi accede l’anima
-assetata in estasi
Sanguinando amore
scintilla interminabile di occhi inconclusi eppure trattenuti nella stessa ferita, nella stessa livida vitalità. Poesia d’apici e di gemme, si direbbe, ricamata sul lembo dell’aurora appena senti che qualcosa diviene come un dolore che innalza, germinando, tutta la vocazione a esserci in perfetto amore: perché amore è già nell’occhio che sente, invoca, reclama l’urto d’ogni domanda; la misteriosa faccenda del cuore solo e multiplo, del Dio dei confini tra la vita e la morte:
la vita ha in tasca la morte
-siamo noi
divino seme:
non è che un perpetuo
tramare
“cospirazioni” del nascere
miracolo d’amore
e poi ancora:
lanciarmi anima-e-corpo
contro fastelli di luce
specchiarmi
nella sua “follia”
e tu a dirmi: Lui
l’irrivelato
nasconde il suo azzurro – è
lamento amoroso
Ecco, questa dimensione spirituale, trafitta d’implacabili singulti onirici, che accompagna tutta l’opera e la tiene in bilico sull’argine tremolante di continui interrogativi; questo cercare ininterrottamente un segno, che svirgoli e sveli di qua e di là dal sogno l’intangibile immanenza del vero, immarcescibile segreto d’esser sangue nella lingua di Dio, unica strettoia possibile, nel tentativo di comprendersi d’infiniti frammenti; questo sorprendersi fieri d’ogni possibile destino, incolpevoli eppure miseri, mendici e mentitori per ricomporsi umani quanto basta:
dammi Signore
un collante di passione
-atto di fede
che snudi il giorno per
fissare nel blucielo
brandelli d’amore
pezzetti
di me
Tutto questo è rintracciabile e altro ancora, in un’opera piena di vertigini giacché densa e altissima, profondissima, surreale, dove l’irreprimibile albero si rinnova, nominandoci:
cogliere una piccola morte
nello strappo di radice
dove altra ne nasce
dal suo grido
cogliere l’inesprimibile
di questo morire
che s’ingemma d’eterno
E’ questo rinnovarsi in uno strappo, tutto il dolore che il poeta asseconda, portandosi altrove, lievemente, arrovellandosi, dal buio staccando la parola, goccia a goccia, sterminata preghiera del cielo e del mare in un corpo che non vorrebbe peso:
non puoi spiegarlo
alla bimba dagli occhi di luna
se non l’ha mai visto prima
se non è rimasta rapita
dal ricrearsi sull’acqua
di riflessi dorati
-ed è poesia…
lei può solo sognarlo – il mare –
come una carezza di vento
salato e spazi
aperti e voli…
vederlo nel proprio cielo
alla stregua in cui s’immagina
un altrove chiamato paradiso
e ancora..
si vive
per approssimazione
si sta come
d’autunno…
di ungarettiana memoria o
dall’origine
scollàti dal cielo
a vestire la morte
… fino
al fiume di luce che
ci prenderà e saremo
un’altra cosa…
congetture
… ma lasciatemi sognare
un sogno che non pesa
Ecco: vorrei poter concepire una lettura che ne rievochi il battito; la sublimata cadenza dei versi a punteggiare un cielo nel cuore; vorrei restituire il movimento, nudo, degli occhi, a spalancare ogni possibile umore del sangue; vorrei poter dire con Serino che anch’io “da fenditure di un sogno/ spio il mondo; e forse anch’io vorrei “preesistere” all’amore, “gabbiano nel fondo degli occhi”, “veleggiato impastato di luce”, sparire come “chi in sogno segua una successione di stanze” e uccelli vede uscire dalla testa e “nel becco i versi d’una vita”. Ma poco rende il mio occhio, lo so; poco la mia parola che invoca le viscere e anche il mio sangue coltiva il fiore che non so dire. Così attendo alla capacità dei singoli d’innamorarsi d’un fiore di poesia; al sentimento di chi gli accosti l’orecchio, perdendosi quanto basti ad ascoltarne il battito perché ne ricavi unguento e bussola, donde un filo di luce tremebonda gli dia la formula che il poeta aveva tra i versi nascosta, mentre saliva sanguinando in bellezza la poesia.
Giovanni Perri
c' è sempre una donna dietro
una fiaschetta di whisky tenuta
nascosta - semmai per illudersi
di lenire
la lacerazione di quella mancanza
un cedere
all'ebbrezza e alla lunga trovarsi
più che uno straccio
sulla specchiera
profumi ninnoli a far bella
mostra di sé
mentre un cielo strappato
raccoglie il muto grido
(ispirandomi all' "Aleph" di Borges)
siamo un frammento di luce
particella dell'Altissimo
tale splendere
ha attraversato i mari dell'anima
toccato terre
inesplorate care all'odisseo
indiviso frammento
custodito nel profondo di noi
l'aleph che unifica i mondi
Botticelli - Vergine Maria e Gesù Bambino
che Egli sia nato in primavera
non al freddo e al gelo
-come alcuni studiosi ipotizzano-
nessuno può dirlo
(convenzioni degli umani: il periodo
i festeggiamenti per prima
la pancia e il sacro viene poi
banalizzato)
e che Egli
sia nato di pelle scura
è probabile
-ma perché fare distinzioni
di colore
(ti vien detto di là nell'oltre ma è
molto più vicino intimo)
farti nell'aria stretta
virgola di cielo
essere che scalzi la morte
diminuirti -
per espanderti
11.10.22
ingegnarsi per bypassare quel che si dice
tsunami interiore pari al lutto
di una persona cara
elaborarlo mettendo in campo
l'autocontrollo (yoga) e
spruzzate di benevolenza - sviando
il testacoda dei sensi
lasciarsele scivolare addosso
le cose
destarsi allora con altri
occhi
-alla fine
è dura questa coda da scorticare-
gli scriveva trepidante d' attesa
come se lui dovesse
tornare dal fronte
(era solo
in trasferta per tre settimane)
-sai:
la bambina la sento
come sorridermi in grembo -
sogno i suoi dolci occhi azzurrocielo-
In ogni mondo esiste una porta di comunicazione con tutto il resto. Conoscerne l’esatta ubicazione, aprirla e attraversarla non presuppone capacità medianiche, ma solo un umile atto di fede: una fede qualsiasi, in Dio, nell’amore, nelle energie della natura, in sé stessi. Credere, semplicemente. Ecco, leggere Felice Serino è un po’ come riappropriarsi della consapevolezza che quello stargate esiste, e che possiamo attraversarlo in qualsiasi momento, spinti dalla forza degli eventi, da un desiderio di trascendenza o dalla riflessione sull’oltre che ci attende alla fine dei nostri giorni. In “Le voci remote”, l’anima del poeta ha raggiunto la sua dimensione ideale, meta di un lungo viaggio che lo ha visto percorrere a piedi nudi i vasti deserti umani alla ricerca del sé più puro, nel quale la grandezza dell’uomo sta nella sua valenza infinitesimale e il buio è solo assenza di Dio.
tu sei l’ombra
del Sé: l’alterego o se vuoi
l’angelo che
ti vive a lato nei
paradossi della vita
La lanterna di questo instancabile Diogene non si affida al lume ma al suono: un suono interiore, fatto di silenzi costantemente modulati allo scopo di rievocare i dolori, le gioie e perfino le insipidezze della vita trascorsa. E fra i suoni che questo silenzio è in grado di intercettare ci sono, appunto, le “voci remote”: appena udibili alcune, più chiare e distinte altre. Un titolo niente affatto casuale, come casuale non è, in apertura, la scelta dei versi del poeta greco Ghiorgos Seferis sulle “voci remote/ delle anime in sogno” che riassumono in un certo senso la cifra dell’intera opera. Ma cosa sono queste voci remote, e a chi appartengono?
nell’oltre
non ci son porte e chiavi
è tutto -in trasparenza-
un fondersi di sguardi
Sguardi; anime; vite. Si, perché la dimensione “altra” non è un luogo solitario; al contrario, è un humus fertile d’amore a nutrire mani, volti e profumi che dalla realtà visibile, come tutti noi, sono passati; e che ora, abbandonati i pesanti costumi teatrali della quotidianità terrena, ci guardano e ci giudicano.
eccoti un ectoplasma ovvero
un antenato
a sentenziare da un aldilà
-non sapete neppure vestirvi
-bella forza: voi con i vostri
doppiopetti
vi credevate dio in terra o guappi
noi
casual-cibernetici
della libertà siamo bandiera
grida il rosso
del nostro sangue nelle piazze
per le ginocchia aria di primavera
Ma più spesso, in queste entità ultraterrene è l’amore a vincere: una pietas che non è -come si potrebbe pensare- l’atteggiamento compassionevole di chi, già in salvo sulla riva, cerca di portare conforto ai naufraghi ancora in mare; piuttosto, il contrario. A dispetto di tutti i luoghi comuni sul paranormale, Serino ci propone l’idea di un interscambio dove le barriere tra morte e vita si annullano e dove il bisogno di contatto non è univoco:
m’invitano i miei morti
a una uscita fuori porta
amano
farmi partecipe del loro mondo
m’avvedo
dagli occhi lucenti e i sorrisi complici
ch’è molto molto gradita
indispensabile quasi la mia presenza
ché senza orfani sarebbero
e tristi forse
pur essendo estraneo al loro mondo
di luce
Ma voci remote sono anche il frutto della nostra mente: i pensieri, le riflessioni, i sogni e tutte quelle immagini che non sappiamo spiegare e che tante volte ci sconcertano per la loro potenza, ovvero
visioni aleggianti nelle
stanze del tuo sangue
che spesso restano sepolte per anni prima di riaffiorare dal nostro sottosuolo e che conoscono tutte le nostre debolezze, perché in esse abbiamo creato l’unico specchio in grado di afferrarci quando rischiamo di perderci:
vedi: se
qualcuno è a spiarti
non sei che tu
da un altrove
E poi, ci sono i sogni. In questo labirinto di immagini che si stendono come un ponte tra il visibile e l’ultraterreno, la dimensione onirica si configura come la materia che ci plasma e dalla quale, al tempo stesso, veniamo plasmati. In questo contesto, la poesia è l’unico linguaggio che rende accessibile il mistero, consentendo all’anima di ritrovare la strada:
in questo minuscolo essere
smarritosi
nella sua realtà-sogno
vedi te stesso se lasci che la vita
ti conduca lungo
i labirinti viola della mente
Il sogno è la culla, il rifugio. E’ la linea di confine che rende possibile il momentaneo distacco dell’anima dal corpo; è, in ultima analisi, quel punto di contatto tra il nostro sé terreno e “l’altro” che prefigura il passaggio da questa vita a quella che ci attende.
il sogno è proiezione? o
sei tu in veste onirica
uscito dal corpo?
sognare è un po’
essere già morti
Eccola la porta, lo stargate: il valico che, in qualsiasi momento, ci mette in comunicazione con “l’altrove” consentendo alla nostra anima di espandersi e vivere, anche solo per pochi istanti, la vita che le è congeniale.
di notte sto bene con me e l’altro
sono io l’altro che -c’hai mai
pensato?- non proietta ombra
ombra di me è il sogno
come un bambino
avvolto dal regno delle ombre
affido tutto me stesso alla notte
E su tutto, come un velo impalpabile ma sempre presente, domina il pensiero della morte, intesa non come la fine di un ciclo, ma piuttosto come l’ennesima tappa di un viaggio: un nuovo giorno che si schiude e dove il peso delle cose di questo mondo è un fardello che si abbandona volentieri. Perché la vita che abbiamo sempre voluto non è che leggerezza, e la leggerezza viene dalla libertà, e la libertà è possibile solo sciogliendo le corde che ci legano alla materia:
confidare
nelle cose che passano
è appendere la vita
al chiodo che non regge
è diminuirsi la vera ricchezza
-arrivare all’essenza
lo scheletro la trasparenza
L’essenza, lo scheletro, la trasparenza: tutto qui tende allo spoglio, al nocciolo, allo sfrondo. Perché solo togliendo le sovrastrutture con cui spesso la vita ci inganna è possibile strappare il velo che ci copre gli occhi e arrivare alla verità. Un’esigenza, questa, che emerge sempre più forte nella matura poesia di Serino e che si riflette anche nell’impianto strutturale: nei componimenti brevi, nella crudità delle riflessioni, nei versi nudi fino alla scarnificazione. “Invettive”, dedicata a Padre Pio, ne è un esempio eloquente:
una parola un fendente
minimizzi
l’orgoglio un ordigno
inesploso
carità
ti accompagnerà nella polvere
Parola che scarnifica, dunque; che si fa, come la morte, strumento di scavo, liberazione, palingenesi, dando un nuovo significato agli anni che avanzano. Vincendo, soprattutto, l’atavica paura del nulla, con un fatalismo capace, talvolta, di sconfinare nello humour nero:
ho a volte il pallino
-farneticare dell’età-
che d’improvviso qualcuno mi spari
da un’auto che rallenta e poi via
-come in una scena da gangsters
-è fantasioso ma
freddamente reale
Sorridendo: si, perché uno degli aspetti più tipici della poesia seriniana è il sorriso, declinato in tutte le sue sfumature. Dolce nel rimpianto, feroce nel dolore, sereno nel pensiero di Dio; sornione a volte, mai cinico. Il sorriso del giusto, pronto a consegnarsi nelle mani di Dio con tutta la sua miseria, le sue cicatrici, la propria inesorabile condizione di uomo.
ricorda: sei parte
dell’Indicibile – sua
infinita Essenza
pure
nato per la terra
da uno sputo nella polvere
La religiosità di Felice Serino: cristiana, ma non solo. C’è, nella sua fede, qualcosa di universale, di applicabile a qualsiasi credo: un sentimento che è soprattutto apertura, anelito. Più che limitarsi ad essere credente, l’uomo di Serino guarda oltre, desidera oltre: e nel farlo, il suo sguardo incontra Dio.
una farfalla è una farfalla ma
tutto un mondo nella sua essenza
la natura
riflesso del cielo è preghiera
ogni respiro ogni sangue
vòlto verso l’alto è lode
l’anima nel suo profondo
in segreto s’inginocchia e piange
*
Donatella Pezzino
https://poesiaurbana.altervista.org/recensione-donatella-pezzino-le-voci-remote-felice-serino/
Foto di Giordano Genghini
il letto del fiume
è un sudario
che raccoglie le voci remote
delle anime in sogno fermatesi lì
sotto una luna menomante
"non sono poeta" -da altri già
affermato- sì che belle penne hai visto
superarti con tua ammirazione vera
graffiavi fogli
riempiendoli di zampe di gallina
tanto meno eri poeta quando
t'isolavi e all'ombra d'una quercia
t'ispiravi seguendo alti voli
ah quelle velleità custodite
nello scrigno del cuore
4.10.22
aspettando di te un'eco
-ma forse sei entrata in un buco nero
dalle vicende del mondo assai lontana o
posso immaginarti già di là
a corteggiare le stelle
l'ultima poesia
che forse non leggerai
è infarcita di alcuni paroloni
filosofeggianti
benché sappiamo sia vitale
nel rivederla
fare opportuni tagli
come fa con noi questa vita
nel modellarci
sospeso
alle attese
in dolci smarrimenti
hai dimestichezza con la morte
con la stessa naturalezza
del tuo saperti eterno
figure - paesaggi -la voce
nomina le cose
come nella prima luce
vi assegna un'anima
-gli oggetti
si fondono ai corpi - familiarizzano
coi gesti
giovane è la vita nel prodigio
dei fiori
Non c’è volta che leggendo Serino, io non resta catturato da una luce. Luce immagine essa stessa. E non c’è volta ch’io non abbia tra le mani la maglia e ne senta l’esatta materia, la sua nuda trasparenza, lo smalto, l’eleganza.
Questo il primo elemento: il verso illuminante, da cui affiorano gli altri.
Ma questa illuminazione, si badi, non è fatta per indicare qualcosa. Essa non descrive, né è tentata da alcuna cartografia per poeti raminghi; la mèta è la sua stessa radice, il suo primo significato, una sorta di matrice, non so come dire, epidermica, olfattiva. Un distico esemplificativo ci ricorda ch’essa è come l’odore della salsedine / del legno bagnato di cui non può che arrivarci, forse, un’eco sublime come quello della pelle dell’amore. Ci fa quasi tornare all’embrione della materia, al suo antichissimo battito dal quale ogni nostra azione, essendo principio, pretende la fine.
Ed è questo il secondo elemento, mi pare, importante per riconoscere la consistenza di questa poesia: il limen. Luce dunque come elemento di confine, di soglia, ma anche come dimora.
In questo appartenersi avviene il miracolo della parola, la soglia si spalanca e l’immagine urla: […] noi siamo l’alfabeto del corpo / che grida / il suo esserci / noi essenza degli elementi / appendici della terra […] e della terra quindi il lascito grave e generoso, il frutto panico che si fa […] strada nel sangue della parola […].
Procede così, lungo un itinerario aereo, ma anche corporeo, il vocabolo alla ricerca del suo fuoco primigenio, ed è sostanza sanguigna che alberga nella lingua, idioma del riconoscimento febbrile. Serino traduce questa febbre nel Volo asimmetrico, che è il terzo elemento e abbraccia in un certo senso gli altri, avvolgendoli in un magico defluire, in un tripudio di trasfigurazioni che è cifra esatta del suo sentire (o del suo andare per fotogrammi), pellicola del suo occhio interiore che cattura, imprigiona, e dopo libera.
Come un diagramma d’Amore la poesia è fragile foglia / appoggiata a una spalliera di brezza. E il poeta anela a un avvicinamento che è infine identificazione, sostegno, fuga, segreto frammento di sé nel mondo, rammento di un’origine che si ripete ancora e ancora, definitiva, eppure incompiuta.
Giovanni Perri
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Felice Serino: Asimmetrici voli. Prefazione Donatella Pezzino. E-book (2017)
Finito di realizzare nel Dicembre 2018 da www. poesieinversi.it
*Felice Serino è nato a Pozzuoli nel 1941. Autodidatta. Vive a Torino.
Copiosa la sua produzione letteraria (raccolte di poesia: da “Il dio-boomerang” del 1978 a “Lo sguardo velato” del 2018); ha ottenuto importanti riconoscimenti e di lui si sono interessati autorevoli critici.
È stato tradotto in otto lingue.
Intensa anche la sua attività redazionale.
Gestisce vari blog e siti.