sabato 8 ottobre 2022

Recensione di Donatella Pezzino a “Le voci remote” di Felice Serino

 




In ogni mondo esiste una porta di comunicazione con tutto il resto. Conoscerne l’esatta ubicazione, aprirla e attraversarla non presuppone capacità medianiche, ma solo un umile atto di fede: una fede qualsiasi, in Dio, nell’amore, nelle energie della natura, in sé stessi. Credere, semplicemente. Ecco, leggere Felice Serino è un po’ come riappropriarsi della consapevolezza che quello stargate esiste, e che possiamo attraversarlo in qualsiasi momento, spinti dalla forza degli eventi, da un desiderio di trascendenza o dalla riflessione sull’oltre che ci attende alla fine dei nostri giorni. In “Le voci remote”, l’anima del poeta ha raggiunto la sua dimensione ideale, meta di un lungo viaggio che lo ha visto percorrere a piedi nudi i vasti deserti umani alla ricerca del sé più puro, nel quale la grandezza dell’uomo sta nella sua valenza infinitesimale e il buio è solo assenza di Dio.


tu sei l’ombra


del Sé: l’alterego o se vuoi


l’angelo che


ti vive a lato nei


paradossi della vita


La lanterna di questo instancabile Diogene non si affida al lume ma al suono: un suono interiore, fatto di silenzi costantemente modulati allo scopo di rievocare i dolori, le gioie e perfino le insipidezze della vita trascorsa. E fra i suoni che questo silenzio è in grado di intercettare ci sono, appunto, le “voci remote”: appena udibili alcune, più chiare e distinte altre. Un titolo niente affatto casuale, come casuale non è, in apertura, la scelta dei versi del poeta greco Ghiorgos Seferis sulle “voci remote/ delle anime in sogno” che riassumono in un certo senso la cifra dell’intera opera. Ma cosa sono queste voci remote, e a chi appartengono?


nell’oltre


non ci son porte e chiavi


è tutto -in trasparenza-


un fondersi di sguardi


Sguardi; anime; vite. Si, perché la dimensione “altra” non è un luogo solitario; al contrario, è un humus fertile d’amore a nutrire mani, volti e profumi che dalla realtà visibile, come tutti noi, sono passati; e che ora, abbandonati i pesanti costumi teatrali della quotidianità terrena, ci guardano e ci giudicano.


eccoti un ectoplasma ovvero


un antenato


a sentenziare da un aldilà


-non sapete neppure vestirvi


-bella forza: voi con i vostri


doppiopetti


vi credevate dio in terra o guappi


noi


casual-cibernetici


della libertà siamo bandiera


grida il rosso


del nostro sangue nelle piazze


per le ginocchia aria di primavera


Ma più spesso, in queste entità ultraterrene è l’amore a vincere: una pietas che non è -come si potrebbe pensare- l’atteggiamento compassionevole di chi, già in salvo sulla riva, cerca di portare conforto ai naufraghi ancora in mare; piuttosto, il contrario. A dispetto di tutti i luoghi comuni sul paranormale, Serino ci propone l’idea di un interscambio dove le barriere tra morte e vita si annullano e dove il bisogno di contatto non è univoco:


m’invitano i miei morti


a una uscita fuori porta


amano


farmi partecipe del loro mondo


m’avvedo


dagli occhi lucenti e i sorrisi complici


ch’è molto molto gradita


indispensabile quasi la mia presenza


ché senza orfani sarebbero


e tristi forse


pur essendo estraneo al loro mondo


di luce


Ma voci remote sono anche il frutto della nostra mente: i pensieri, le riflessioni, i sogni e tutte quelle immagini che non sappiamo spiegare e che tante volte ci sconcertano per la loro potenza, ovvero


visioni aleggianti nelle


stanze del tuo sangue


che spesso restano sepolte per anni prima di riaffiorare dal nostro sottosuolo e che conoscono tutte le nostre debolezze, perché in esse abbiamo creato l’unico specchio in grado di afferrarci quando rischiamo di perderci:


vedi: se


qualcuno è a spiarti


non sei che tu


da un altrove


E poi, ci sono i sogni. In questo labirinto di immagini che si stendono come un ponte tra il visibile e l’ultraterreno, la dimensione onirica si configura come la materia che ci plasma e dalla quale, al tempo stesso, veniamo plasmati. In questo contesto, la poesia è l’unico linguaggio che rende accessibile il mistero, consentendo all’anima di ritrovare la strada:


in questo minuscolo essere


smarritosi


nella sua realtà-sogno


vedi te stesso se lasci che la vita


ti conduca lungo


i labirinti viola della mente


Il sogno è la culla, il rifugio. E’ la linea di confine che rende possibile il momentaneo distacco dell’anima dal corpo; è, in ultima analisi, quel punto di contatto tra il nostro sé terreno e “l’altro” che prefigura il passaggio da questa vita a quella che ci attende.


il sogno è proiezione? o


sei tu in veste onirica


uscito dal corpo?


sognare è un po’


essere già morti


Eccola la porta, lo stargate: il valico che, in qualsiasi momento, ci mette in comunicazione con “l’altrove” consentendo alla nostra anima di espandersi e vivere, anche solo per pochi istanti, la vita che le è congeniale.


di notte sto bene con me e l’altro


sono io l’altro che -c’hai mai


pensato?- non proietta ombra


ombra di me è il sogno


come un bambino


avvolto dal regno delle ombre


affido tutto me stesso alla notte


E su tutto, come un velo impalpabile ma sempre presente, domina il pensiero della morte, intesa non come la fine di un ciclo, ma piuttosto come l’ennesima tappa di un viaggio: un nuovo giorno che si schiude e dove il peso delle cose di questo mondo è un fardello che si abbandona volentieri. Perché la vita che abbiamo sempre voluto non è che leggerezza, e la leggerezza viene dalla libertà, e la libertà è possibile solo sciogliendo le corde che ci legano alla materia:


confidare


nelle cose che passano


è appendere la vita


al chiodo che non regge


è diminuirsi la vera ricchezza


-arrivare all’essenza


lo scheletro la trasparenza


L’essenza, lo scheletro, la trasparenza: tutto qui tende allo spoglio, al nocciolo, allo sfrondo. Perché solo togliendo le sovrastrutture con cui spesso la vita ci inganna è possibile strappare il velo che ci copre gli occhi e arrivare alla verità. Un’esigenza, questa, che emerge sempre più forte nella matura poesia di Serino e che si riflette anche nell’impianto strutturale: nei componimenti brevi, nella crudità delle riflessioni, nei versi nudi fino alla scarnificazione. “Invettive”, dedicata a Padre Pio, ne è un esempio eloquente:


una parola un fendente


minimizzi


l’orgoglio un ordigno


inesploso


carità


ti accompagnerà nella polvere


Parola che scarnifica, dunque; che si fa, come la morte, strumento di scavo, liberazione, palingenesi, dando un nuovo significato agli anni che avanzano. Vincendo, soprattutto, l’atavica paura del nulla, con un fatalismo capace, talvolta, di sconfinare nello humour nero:


ho a volte il pallino


-farneticare dell’età-


che d’improvviso qualcuno mi spari


da un’auto che rallenta e poi via


-come in una scena da gangsters


-è fantasioso ma


freddamente reale


Sorridendo: si, perché uno degli aspetti più tipici della poesia seriniana è il sorriso, declinato in tutte le sue sfumature. Dolce nel rimpianto, feroce nel dolore, sereno nel pensiero di Dio; sornione a volte, mai cinico. Il sorriso del giusto, pronto a consegnarsi nelle mani di Dio con tutta la sua miseria, le sue cicatrici, la propria inesorabile condizione di uomo.


ricorda: sei parte


dell’Indicibile – sua


infinita Essenza


pure


nato per la terra


da uno sputo nella polvere


La religiosità di Felice Serino: cristiana, ma non solo. C’è, nella sua fede, qualcosa di universale, di applicabile a qualsiasi credo: un sentimento che è soprattutto apertura, anelito. Più che limitarsi ad essere credente, l’uomo di Serino guarda oltre, desidera oltre: e nel farlo, il suo sguardo incontra Dio.


una farfalla è una farfalla ma


tutto un mondo nella sua essenza


la natura


riflesso del cielo è preghiera


ogni respiro ogni sangue


vòlto verso l’alto è lode


l’anima nel suo profondo


in segreto s’inginocchia e piange


*


Donatella Pezzino


https://poesiaurbana.altervista.org/recensione-donatella-pezzino-le-voci-remote-felice-serino/





4 commenti:

  1. Una recensione notevole, e completa, che mette in risalto il valore della tua poetica Felice. Buon fine settimana e un caro saluto,silvia

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    1. Grazie infinite del tuo gradimento nonché apprezzamento, sia per me sia per Donatella. Una serena giornata, Silvia.

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  2. Concordo che siamo noi a spiarci; da un altrove spesso molto più vicino di quanto non crediamo. Ottima rece, ma diviene facile scrivere della bellezza.. ;)

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    1. Un altrove molto vicino, sì, hai perfettamente centrato lo spirito di chi scrive. Molto gradita la tua osservazione, grazie.

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