(a cura di Sabrina Santamaria)
La ricerca spasmodica della luce è una costante di Felice Serino; il panteismo è un afflato
che lo rende originale come se la seconda variabile (panteismo) fosse direttamente
proporzionale alla variabile indipendente (la luce). L’effabile “volo di Ulisse” tra gli amabili
versi di Serino solleticano il desiderio di evasione di ogni comune mortale che percepisce
dentro di sé un macigno piuttosto del cuore, infatti affrontando le problematiche quotidiane
un uomo o una donna si trasforma in un eroe/eroina della contemporaneità. Il nostro poeta
si esprime in modo chiaro, non si avvale di uno stile ricercato, questa credo sia una sua
caratteristica poetica infatti questa è una delle motivazioni del titolo di questa raccolta
poetica. Un aggeggio trasparente ci dà la possibilità di guardare il mondo esistente al di là
della trasparenza, ma ciò costituisce un punto di forza o debolezza? Forse un orpello
trasparente non è appunto inutile? Oppure ciò che traspare suggerisce anche una certa
idea di limpidezza che un medium troppo artefatto non può fornire in quanto illusorio? I
testi poetici del nostro autore mettono insieme l’utopia della chiarezza; i sentimenti e le
emozioni pullulano fra le sue riflessioni, a volte tristi, a volte malinconiche o ironiche. Le
espressioni racchiuse in “Un dove di trasparenze” si accordano con tonalità pacate che
donano ai lettori sensazioni serafiche di estasi mistiche, l’attaccamento di Serino alla vita è
a dir poco profondo giacché l’amore per la luce si estrinseca nell’imprescindibile culto
divino in nome delle istanze vitali che il nostro autore venera al canto delle sue Muse
ispiratrici: “La morte ti cerca? /Uscito dal guscio tu sarai altro”, << mi “nascondo” nel corpo/
da me emergono alfabeti afflati/ enunciate sillabe>> questi versi costituiscono un lodevole
canto alla speranza di una rinascita, badi bene il lettore che sperare un’alba non equivale a
illudersi come un prigioniero che agogna la sua libertà, in guisa della tempra coraggiosa
del nostro autore possiamo sostenere che egli è un Ulisse dei nostri tempi perché sa,
nonostante tutto, ben sperare quindi la sua armatura è composta da una spada, uno scudo
e un elmo ossia metaforicamente: la speranza, il coraggio e la poesia. Gioviali canti sono
accostati a inni malinconici però Felice Serino non si abbandona mai a sproloqui laconici
ovviamente chi si appresta a leggere le sue poetiche riflessioni potrà schiettamente
valutare che egli non è un letterato spartano dai toni rudi o aspri altresì il suo stile poetico
non può definirsi del tutto classico o classicista; i suoi versi hanno un patrimonio lessicale
colto, ma, allo stesso tempo, il nostro autore serba nell’animo la lodevole premura di farsi
comprendere da un target di lettori ampio e questo impegno che il poeta manifesta
dovrebbe essere inteso come un potenziale intrinseco che nel corso delle sue
pubblicazioni l’autore ha certamente concretizzato con grandi risultati e apportando un
profitto umano e di notevole spessore culturale. Felice Serino è un eroe del nostro periodo
storico perché si protende verso sentieri che altri intellettuali, per pigrizia o per inerzia, non
attraversano più, forse per timore di essere incompresi dalla massa uniformante che dirige
l’uomo verso un’unica dimensione (vedi “L’uomo a una dimensione” di Marcuse) tanto è
vero che l’umanità contemporanea è plasmata in un’amorfa intelligenza emotiva che la
disorienta fossilizzandola in un’esistenza sempre più reietta; “Un dove di trasparenze” è il
topos in versi in cui le insufficienze umane divengono palesi suggerendo l’idea di una
libertà di espressione ancora oggi carente cioè la possibilità di poter raccontare i drammi, i
dubbi, le angosce e le perplessità che pesano come carichi insormontabili nella mente
umana soprattutto se non impariamo a saper comunicare e a saper dialogare
condividendo con l’altro le nostre paure e anche in questa nuova chiave interpretativa
l’eroe-poeta(in questo caso il nostro Felice Serino) assume connotati di una persona che
tenta di elevarsi con l’ausilio della forza del grafema-fonema che rende liberi. L’eroe
contemporaneo non rimane scevro dalle problematiche quotidiane, ma è colui che le vive
metabolizzandole e affrontando le paure di ogni giorno quindi attraverso la presa di
coscienza delle proprie debolezze ogni uomo può fortificarsi rigettando l’idea pietistica che
causerebbe il nichilismo dell’Io purtroppo già reso vulnerabile da alcuni contemporanei
fattori etico-sociali. L’Ulisse dell’Odissea di “Un dove di trasparenze” vuole tornare a
un’Itaca interiore, senza confini, ecco la ragion per cui il “dove” del nostro poeta è utopia e
allo stesso tempo ucronia perché il naufrago interiore cerca la regione o il porto
(definizione di Kurt Lewin) sicuro nelle sfere più recondite di un Io che troppo spesso si
smarrisce e brancola nell’oscurità; per venir fuori da questo tunnel la poetica di Felice
Serino verseggia fra i fotoni di una luce ontologica e teleologica che ha un grande impatto
in ogni lettore assetato di una via che possa donare le coordinate per un’isola ancora da
scoprire, individuare i significati nascosti in “Un dove di trasparenze” ci farà valutare la sua
fatica letteraria come un’ opera molto attuale e giammai obsoleta.
Sabrina Santamaria
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Una splendida, e interessante recensione, che coglie a pieno le tue caratteristiche poetiche. Buon sabato Felice
RispondiEliminaTi ringrazio di cuore, Silvia, per l'apprezzamento. Serena giornata.
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