Ass. Salotto Culturale Rosso Venexiano, 2014
Pagine:124
Costo:12€
Recensione di Lorenzo Spurio
Ha memoria il mare
Scatole nere sepolte nel cuore
Dove la storia
Ha sangue e una voce. (37)
D’un trasognato dove – 100 poesie scelte è la nuova densa raccolta poetica di Felice Serino, poeta
nato a Pozzuoli nel1941 che da molti anni vive a Torino.
L’autore mostra di aver compiuto una meticolosa operazione di cernita in questo “canzoniere
dell’esistenza”, tante sono le liriche che ne fanno parte e tante le tematiche che Serino
trasmette al cauto lettore. Il fatto che esse siano state raggruppate in filoni concettuali
intermedi da una parte facilita al lettore la corretta comprensione delle stesse e dall’altra
consente all’opera una struttura ulteriormente compatta e costruita organicamente. È così
che questi microcosmi-contenitori delle liriche di Serino si concentrano attorno a questioni
che hanno a cuore il rapporto con l’aldilà, il tema celeste, il senso dell’esistere, la potenzialità
del sogno, l’inesprimibile pregnanza del tessuto semantico, l’impossibilità di dire
(l’impermanenza) e si chiude con un nutrito apparato finale di poesie dedicate a personaggi
più o meno famosi della nostra scena contemporanea dal quale partirò.
In questo apparato di dediche si concentra il fascino nutrito da Serino verso una serie di
immagini simbolo quali quello della luce e del sogno (nella lirica dedicata Elio Pecora),
il tema della Bellezza (nella lirica a Papa Giovanni Paolo II), il risorgere(nella lirica
dedicata a David Maria Turoldo) e lo specchio come proiezione e frantumazione dell’io
(nella lirica dedicata a J. Luis Borges). Sono queste solo alcune delle liriche che
compongono questo apparato finale poiché ve ne sono varie di chiaro interesse civile
che affrontano disagi e tragedie dell’oggi quali i disastri per mare dei tanti immigrati
che sperano di giungere in Italia, le precarie condizioni degli incarcerati o gravi casi di
violenza in cui alcuni giovani hanno riportato la morte come Iqbal Masih, tessitore di
tappeti portavoce dei diritti dei bambini lavoratori che venne ucciso nel 1995all’età di
12 anni e del quale Serino apre la lirica in questo modo: “come un bosco devastato/
intristirono la tua infanzia/ di pochi sogni” (107).
Nell’intera opera di Serino si nota una pedissequa attenzione nei confronti di isotopie,
immagini costruite nelle loro archetipiche forme, che ricorrono, si susseguono, si
presentano spesso perché necessarie; esse non sono solamente immagini che identificano
o denotano qualcosa, ma simboli, metafore, mondi interpretativi altri: il sogno, la luce,
il cielo, il Sole, tanto che permettono di considerare la poetica di Serino come celestiale
proprio per il suo continuo rovello sull’aldilà, onirica perché fondata sull’elemento del
sogno del quale si alimenta tanto da non poter dire spesso con certezza quale sia la linea di
demarcazione tra realtà e finzione. Si penserebbe a questo punto che il tema del tempo
possa essere altrettanto centrale in questa silloge di poesie dove, pure, si ravvisa un
profondo animo cristiano, ma in realtà il concetto di tempo è ristrutturato da Serino in
maniera meno pratica, in chiave esistenziale, come costruzione della mente umana che
però risulta avere poca rilevanza nelle elucubrazioni di una mente particolarmente attiva.
Il sogno, l’onirismo e il surrealismo (citato anche nel momento in cui viene nominato il
pittore catalano Dalì) sono il nerbo fondamentale della silloge dove il trasognare ne
identifica l’intero percorso di formazione e conoscenza. Non è un caso che in copertina
si stagli un albero frondoso e, dietro di esso, uno scenario meravigliosamente pacificante
di un cielo verde-azzurro tipico di una aurora boreale che fa sognare.
Dal punto di vista stilistico Serino predilige un’asciuttezza di fondo per le sue liriche (molte
di esse sono molto stringate se teniamo presente il numero dei versi), dove il poeta evita
l’adozione delle maiuscole anche quando queste dovrebbero essere impiegate ed ogni
forma di punteggiatura, quasi a voler rendere in forma minimale il pensiero della mente proprio
come gli è scaturito.
Contemporaneamente il lessico impiegato è fortemente pregno di significati, spesso anche
molteplice nelle definizioni, ed esso ha la caratteristica di mostrarsi evocativo, più che invocativo
(anche se alcune liriche di invocazione sono presenti) o connotativo.
Sprazzi di ricordi salgono a galla (“in sogno sovente ritornano/ amari i momenti del vissuto”, 39)
ma questi non hanno mai la forza di demoralizzare l’uomo o di affaticarne la sua esistenza poiché
c’è sempre quella “comunione col sole” (47) che dà forza, garanzia e calore all’uomo che sempre
ricerca risposte su sé, Dio e il mondo.
Lorenzo Spurio
Jesi, 28-10-2014
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Una bellissima , e meritata recensione a una valida opera comprendente le tue notevoli liriche. Buona serata Felice,silvia
RispondiEliminaGrazie tantissimo, Silvia. Un caro saluto.
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