sabato 17 dicembre 2022

D’un trasognato dove – 100 poesie di Felice Serino

 




Ass. Salotto Culturale Rosso Venexiano, 2014

Pagine:124

Costo:12€

Recensione di Lorenzo Spurio


Ha memoria il mare

Scatole nere sepolte nel cuore

Dove la storia

Ha sangue e una voce. (37)


D’un trasognato dove – 100 poesie scelte è la nuova densa raccolta poetica di Felice Serino, poeta

nato a Pozzuoli nel1941 che da molti anni vive a Torino.

L’autore mostra di aver compiuto una meticolosa operazione di cernita in questo “canzoniere

dell’esistenza”, tante sono le liriche che ne fanno parte e tante le tematiche che Serino 

trasmette al cauto lettore. Il fatto che esse siano state raggruppate in filoni concettuali 

intermedi da una parte facilita al lettore la corretta comprensione delle stesse e dall’altra 

consente all’opera una struttura ulteriormente compatta e costruita organicamente. È così 

che questi microcosmi-contenitori delle liriche di Serino si concentrano attorno a questioni 

che hanno a cuore il rapporto con l’aldilà, il tema celeste, il senso dell’esistere, la potenzialità 

del sogno, l’inesprimibile pregnanza del tessuto semantico, l’impossibilità di dire 

(l’impermanenza) e si chiude con un nutrito apparato finale di poesie dedicate a personaggi 

più o meno famosi della nostra scena contemporanea dal quale partirò.

In questo apparato di dediche si concentra il fascino nutrito da Serino verso una serie di 

immagini simbolo quali quello della luce e del sogno (nella lirica dedicata Elio Pecora), 

il tema della Bellezza (nella lirica a Papa Giovanni Paolo II), il risorgere(nella lirica 

dedicata a David Maria  Turoldo) e lo specchio come proiezione e frantumazione dell’io 

(nella lirica dedicata a J. Luis Borges). Sono queste solo alcune delle liriche che 

compongono questo apparato finale poiché ve ne sono varie di chiaro interesse civile 

che affrontano disagi e tragedie dell’oggi quali i disastri per mare dei tanti immigrati 

che sperano di giungere in Italia, le precarie condizioni degli incarcerati o gravi casi di 

violenza in cui alcuni giovani hanno  riportato la morte come Iqbal Masih, tessitore di 

tappeti portavoce dei diritti dei bambini lavoratori che venne ucciso nel 1995all’età di 

12 anni e del quale Serino apre la lirica in questo modo: “come un bosco devastato/ 

intristirono la tua infanzia/ di pochi sogni” (107).

Nell’intera opera di Serino si nota una pedissequa attenzione nei confronti di isotopie, 

immagini costruite nelle loro archetipiche forme, che ricorrono, si susseguono, si 

presentano spesso perché necessarie; esse non sono solamente immagini che identificano 

o denotano qualcosa, ma simboli, metafore, mondi interpretativi altri: il sogno, la luce, 

il cielo, il Sole, tanto che permettono di considerare la poetica di Serino come celestiale 

proprio per il suo continuo rovello sull’aldilà, onirica perché fondata sull’elemento del 

sogno del quale si alimenta tanto da non poter dire spesso con certezza quale sia la linea di 

demarcazione tra realtà e finzione. Si penserebbe a questo punto che il tema del tempo 

possa essere altrettanto centrale in questa silloge di poesie dove, pure, si ravvisa un 

profondo animo cristiano, ma in realtà il concetto di tempo è ristrutturato da Serino in

maniera meno pratica, in chiave esistenziale, come costruzione della mente umana che 

però risulta avere poca rilevanza nelle elucubrazioni di una mente particolarmente attiva.

Il sogno, l’onirismo e il surrealismo (citato anche nel momento in cui viene nominato il 

pittore catalano Dalì) sono il nerbo fondamentale della silloge dove il trasognare ne 

identifica l’intero percorso di formazione e conoscenza. Non è un caso che in copertina 

si stagli un albero frondoso e, dietro di esso, uno scenario meravigliosamente pacificante 

di un cielo verde-azzurro tipico di una aurora boreale che fa sognare.

Dal punto di vista stilistico Serino predilige un’asciuttezza di fondo per le sue liriche (molte 

di esse sono molto stringate se teniamo presente il numero dei versi), dove il poeta evita 

l’adozione delle maiuscole anche quando queste dovrebbero essere impiegate ed ogni 

forma di punteggiatura, quasi a voler rendere in forma minimale il pensiero della mente proprio 

come gli è scaturito.

Contemporaneamente il lessico impiegato è fortemente pregno di significati, spesso anche

molteplice nelle definizioni, ed esso ha la caratteristica di mostrarsi evocativo, più che invocativo

(anche se alcune liriche di invocazione sono presenti) o connotativo.

Sprazzi di ricordi salgono a galla (“in sogno sovente ritornano/ amari i momenti del vissuto”, 39)

ma questi non hanno mai la forza di demoralizzare l’uomo o di affaticarne la sua esistenza poiché

c’è sempre quella “comunione col sole” (47) che dà forza, garanzia e calore all’uomo che sempre

ricerca risposte su sé, Dio e il mondo.


Lorenzo Spurio

Jesi, 28-10-2014


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2 commenti:

  1. Una bellissima , e meritata recensione a una valida opera comprendente le tue notevoli liriche. Buona serata Felice,silvia

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